Continua lo scontro tra la Lega e Forza Italia, che teme le regionali. Voci sulla presenza del patron di Tesla al congresso leghista. Il vicepresidente americano prepara un viaggio in Italia
Lega e Forza Italia continueranno a dar spettacolo. O almeno, questo è quanto filtra dai due partiti, sempre meno inclini a cercare un terreno comune. Anche perché, a dominare l’agenda del mese in corso sarà ancora la politica estera. Un argomento – fanno capire – che ha ben poche ricadute tangibili sulla vita parlamentare.
«Tra noi alla Camera e al Senato fila tutto liscissimo» dice qualcuno. «In Europa siamo in gruppi diversi, ciascuno fa la sua partita», replica qualcun altro. Tradotto: le dispute sulla difesa europea non incrinano un rapporto che, quando conta, regge. E la prossima volta che conterà non è certo dietro l’angolo, visto che riguarda le prossime elezioni regionali.
Per il momento, la settimana è già rivolta tutta all’appuntamento del congresso leghista del fine settimana, che ha avuto un effetto miracoloso sull’affiatamento dei leghisti. «Si alza la testa solo quando c’è qualcosa a cui si può ambire» spiega un senatore di lungo corso. Nell’aria, insomma, non c’è nessuna occasione su cui i leghisti potrebbero capitalizzare. E quindi, nei fatti, Salvini alza la voce senza sperare davvero in un bottino immediato, oltre a una rielezione piuttosto telefonata alla guida del suo partito.
Il colpaccio sarebbe quello di riuscire a piazzare in scaletta Elon Musk, come anticipato nel pomeriggio di lunedì: l’ultimo partito ad averlo fatto è stata l’estrema destra tedesca di AfD, che l’aveva invitato a un evento di campagna elettorale in collegamento. Se la trattativa organizzata da Andrea Stroppa andasse in porto, sarebbe una risposta all’altezza all’annuncio arrivato lunedì dell’imminente viaggio in Italia di J.D. Vance che, intorno a Pasqua, dovrebbe venire a Roma per incontrare la presidente del Consiglio. E, soprattutto, un ulteriore rilancio leghista rispetto alla campagna di questi giorni a favore di Marine Le Pen, estromessa dalla corsa all’Eliseo. Una gara di propaganda contro i giudici in cui la premier parte perdente, azzoppata dal suo ruolo istituzionale, nonostante l’attacco alla magistratura sia una disciplina molto praticata anche in Fratelli d’Italia. Meloni si è dovuta limitare a un sobrio virgolettato per esprimere vicinanza alla leader del Rassemblement national. «Nessuno che abbia a cuore la democrazia gioisce», ha detto al Messaggero.
In compenso la premier può giocare la sua partita schierando Recep Tayyip Erdogan, in visita in Italia il 16 aprile. Il presidente turco ha un problema interno, ma già in passato ha rassicurato Meloni sul suo impegno contro i migranti: rafforzare quella collaborazione può offrire alla presidente nuovo capitale comunicativo sul tema.
La partita delle regionali
L’obiettivo di Salvini in termini di consenso, invece, resta quello di conquistare gli elettori azzurri più ambigui nei confronti della Russia con il suo impegno turbopacifista. Parallelamente, sopravvive l’ambizione di non alienarsi del tutto gli imprenditori irritati dalla posizione del vicepremier sui dazi americani, che i suoi continuano a considerare un’opportunità, «a patto che ci sia qualcuno in grado di trattare su un tavolo bilaterale», spiegano. Convincere il tessuto imprenditoriale del nord che la Lega continui a rappresentare i suoi interessi è essenziale, considerato che a farsi portavoce dei crucci di quelle figure è stato nientemeno che Luca Zaia. «Ma nessuno pensa che i dazi siano “colpa” della Lega», rassicurano nel partito.
Per il presidente del Veneto Salvini punta ancora a un nuovo mandato – concesso con la luce verde dei giudici – ma la partita delle prossime elezioni sul territorio preoccupa i partiti della maggioranza. Molto più, anche, della relazione che sarà discussa mercoledì in commissione Affari esteri all’Europarlamento, in cui diverse fonti segnalano punti che riguardano l’aumento delle spese in difesa, assolutamente incompatibili con le priorità della Lega. «Aria fritta» replicano dal Carroccio, «non la votiamo». Un’altra presa di posizione che diverge da quello di FdI e Forza Italia.
Il confronto sulle regionali, invece, non è in calendario prima di maggio, quando sarà definita la data in cui le regioni contese andranno al voto. Il timore che aleggia nella coalizione è di portare a casa una serie negativa già nelle elezioni locali di fine maggio inizi giugno. «Sono amministrative difficili – raccontano – Di Ravenna neanche parliamo, Genova è difficile da tenere. Le Marche sono un punto di luce, ma è una partita di FdI. Sulla Campania va ancora trovata la quadra, la Puglia la diamo già per persa». Un quadro difficilissimo. «Noi di Forza Italia avremmo le persone giuste per la Sardegna, se la vicenda Todde dovesse riportare la regione al voto» commenta un parlamentare azzurro. Al nord, invece, la partita sembra ormai limitata al confronto tra FdI e Lega, visto che Forza Italia controlla il Piemonte. Qualcuno ipotizza che il Carroccio possa mollare la Lombardia per assicurarsi la continuazione del dominio in Veneto, «ma a Milano c’è Romeo che ha appena vinto il congresso assicurando ai suoi che la questione settentrionale tornerà centrale. Come fanno a cedere la regione?»
E poi, nel mezzo, potrebbe assumere contorni più definiti la cosiddetta “manovrina”, un provvedimento omnibus che potrebbe contenere varie questioni per soddisfare richieste di tutti i partiti di maggioranza. E magari, è il ragionamento, portare un po’ di calma nella coalizione.
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