La Lega è sempre più nera a Verona, la città del vicesegretario Lorenzo Fontana. Lo scorso 16 aprile è stato nominato l’estremista di destra Andrea Bacciga, fede neofascista, presidente della commissione sicurezza del consiglio comunale. Bacciga è passato alla Lega di Salvini nel marzo scorso, mentre già era in corso il processo che lo vede imputato per violazione della legge Scelba per aver fatto il saluto romano nell’aula consiliare.

Era stato eletto con la lista Battiti del sindaco Federico Sboarina (ex An). Per due volte la Procura di Verona ha chiesto che affrontasse il processo per quel gesto commesso nel luglio 2018 nei confronti delle femministe di Non una di meno che protestavano per le delibere all’ordine del giorno contro l’aborto, anche se il giudice in un primo momento aveva respinto la richiesta di giudizio immediato.

“Manifestazioni fasciste”

Il fascicolo è in mano alla procuratrice capo di Verona, Angela Barbaglio, che sostiene personalmente l’accusa. E nel corso dell’udienza preliminare ha spiegato che la gravità del saluto fascista deriva soprattutto dal ruolo istituzionale ricoperto da Bacciga e dal luogo in cui è stato commesso, l’aula del consiglio, avendo assunto i contorni di un’intimidazione nei confronti di chi esprimeva il dissenso. Ecco perché la sua nuova nomina, proposta dalla capogruppo leghista Anna Grassi (unici contrari il capogruppo Pd Federico Benini e il consigliere di sinistra Michele Bertucco) suona come un segnale: Bacciga è uno di noi, anche se è imputato per manifestazioni fasciste lo abbiamo accolto nel nostro gruppo, lo eleggiamo presidente di commissione perché può rappresentare le istituzioni come e più di prima, anzi lo incarichiamo pure di occuparsi di sicurezza.

Con la facoltà quindi di invitare le autorità pubbliche a discutere e relazionare: come il prefetto di Verona, Donato Cafagna, chiamato a partecipare alla prima seduta presieduta dal neoleghista. Il tema all’ordine del giorno le baby gang, affrontato da Bacciga con domande particolari, condivise peraltro con la consigliera Anna Maria Adami di Fratelli d’Italia: «C’è una matrice etnica, un’etnia particolare collegabile a un problema di integrazione?».

La deposizione

I riferimenti politici e culturali del consigliere Bacciga sono stati ricostruiti lo scorso 8 aprile nella prima udienza del processo per il saluto romano, in cui è stata chiamata a testimoniare la dirigente della Digos di Verona, Tea Mercoli. Rispondendo alle domande della procuratrice Barbaglio, la funzionaria ha ricordato gli episodi più rilevanti della militanza politica del consigliere leghista: la simpatia per Forza nuova, l’avvicinamento a Fortezza Europa nel 2016, dopo la fuoriuscita di alcuni forzanuovisti in contrasto con il presidente Roberto Fiore, il ruolo di moderatore che Bacciga ha avuto in due convegni nel 2017, uno sulla legittima difesa (con la partecipazione del big leghista Lorenzo Fontana) e l’altro sul militante del Fronte della gioventù, Sergio Ramelli, assassinato nel 1975 a Milano da un gruppo legato ad Autonomia operaia. La decisione di impiegare il suo primo stipendio da consigliere per donare alla biblioteca comunale «una serie di libri che rimandano all’ideologia fascista, tra cui ricordo Militia di Leon Degrelle, che era un ufficiale nazista, e L’albero e le radici dell’ex terrorista di Ordine nuovo Franco Freda».

Poi la rottura anche con Fortezza Europa, e l’impegno nell’associazione Nomos: Terra ed Identità, i cui promotori oltre a Bacciga sono, secondo il vicequestore Mercoli, «personaggi riconducibili sempre a Forza Nuova». Altro episodio ricordato la festa della squadra di calcio Hellas Verona del luglio 2017, patrocinata dal comune scaligero, in cui Luca Castellini rivelò «chi ha permesso questa serata, chi ha pagato tutto, chi ha fatto da garante ha un nome: Adolf Hitler», fatti per cui è stato aperto un procedimento penale in cui l’avvocato Bacciga è il legale della tifoseria veronese.

“Non è un’idea politica”

L’elenco è ancora lungo. Ma forse le considerazioni chiave sono state espresse, nell’udienza preliminare, proprio dalla procuratrice di Verona, che ha ricordato come il fascismo non sia un’idea politica ma un metodo basato sulla negazione del dissenso, sull’omologazione alle scelte del capo, sull’annullamento violento dell’individualità del singolo. Per cui secondo il pm anche la manifestazione dei gesti e dei simboli del fascismo è pericolosa di per sé, in particolare se si verifica in un consiglio comunale, ad opera di un rappresentante delle istituzioni, nel momento in cui un gruppo di cittadini sta esprimendo una legittima contrarietà alle scelte della maggioranza. Come se quel gesto volesse ricordare il trattamento che il fascismo riservava ai dissenzienti.

Ulteriore aggravante, l’aver evocato il fascismo in una città come Verona, caratterizzata da tempo da una forte presenza di gruppi e di simpatie di estrema destra. Problemi da nulla per la Lega veronese, che anzi «promuove» il consigliere proprio una settimana dopo la prima udienza dibattimentale del processo: «Bacciga ha sempre preso parte alle commissioni ed è propositivo – ha precisato la capogruppo leghista Grassi – Come Lega lo proponiamo come presidente».

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