Lo scontro sulla legge Zan ormai è innanzitutto fra ex, cioè fra dem e renziani. La seconda giornata di discussione sulla legge al Senato si apre con la richiesta di Davide Faraone, capogruppo di Italia viva, di una punizione esemplare alla collega Monica Cirinnà, rea di aver ripreso e diffuso sui social il suo applauso di incoraggiamento a Matteo Salvini, la sera prima. Fuori dall’aula Faraone fa lo spiritoso, a lui il leader leghista «sembrava la Cirinnà», ma dal banco spiega di essere stato «oggetto di una lapidazione sui social». Cirinnà, mascherina arcobaleno, si scusa ma non sembra penitente: «Ho sbagliato a fotografare il collega Faraone, benché questa sia ormai una pratica molto diffusa. Resta il mio giudizio politico. Ognuno è libero di applaudire, ma ognuno è libero di dare il significato politico alle singole azioni».

La discussione avanza lentamente ma fantasiosamente fra gli interventi di diversi Fratelli d’Italia che si dichiarano contrari alla «sessualità cangiante». Ma presto arriva un vero brivido. La proposta di fermare la legge, firmata da Lega e Forza Italia – tecnicamente una richiesta di sospensiva – non viene approvata, ma per un solo voto. Il pallottoliere giallorosso trema. Il giorno prima le pregiudiziali di costituzionalità sono state bocciate per 12 voti. Ma stavolta il clamoroso autogol dei giallorossi è scampato per un millimetro, 137 sì a 135 no. Subito dopo la votazione, nell’ex maggioranza del Conte II parte il processo agli assenti. Spiccano le voragini nelle file dei Cinque stelle: sono 14 (fra cui Alberto Airola, Vito Crimi e Paola Taverna). Solo tre invece le assenze nel Pd: Francesco Verducci, in autoisolamento fiduciario (ma se tutto va bene tornerà in aula per votare gli emendamenti), Francesco Giacobbe, eletto all’estero e bloccato in Australia dalla pandemia, e Tommaso Cerno, l’ex condirettore di Repubblica che ha raccontato di essere in vacanza alle Azzorre. Qualche assenza di troppo anche nel gruppo misto: il mitico Lello Ciampolillo, specialista nel voto al fotofinish, stavolta non si presenta. In Iv mancano in quattro. Uno è Matteo Renzi, impegnato a Firenze per la presentazione del suo ultimo libro. Ma in realtà sono le destre di governo a mancare il colpaccio. Solo Fratelli d’Italia si presenta a ranghi completi. Nella Lega mancano in sette, fra cui Lucia Borgonzoni e Gian Marco Centinaio. E Umberto Bossi, che ormai però per ragioni di salute frequenta poco palazzo Madama. Meno otto anche in Forza Italia: fra loro Niccolò Ghedini, Giuseppe Moles e Barbara Masini (favorevole alla legge). Ma le destre recuperano sì fra gli ex del M5s ora nel misto.

Il martedì decisivo

Ognuno legge questi numeri pro domo sua. Per Franco Mirabelli (Pd) i numeri scarsi sono solo frutto «di sciatteria». Invece il duo Faraone-Marcucci prevede all’unisono disastri al primo voto segreto. Il renziano cerca di liberare Iv dal sospetto di essere della partita dei franchi tiratori: «I nostri voti non saranno decisivi. Questa mattina (ieri, ndr) persone insospettabili, col voto palese, hanno votato a favore della sospensiva». L’ex capogruppo Pd si appella al dialogo: «I numeri dell’aula parlano chiaro. Chi ha buon senso e vuole difendere il ddl deve intervenire adesso». Il «buon senso» sarebbe quello dei due Mattei: uno, Renzi, propone una modifica in cambio del sì alla Camera in 15 giorni, l’altro, Salvini, in un mese. In questa fantasia la legge potrebbe passare anche prima delle amministrative. Tramortendo Pd e Cinque stelle.

Oggi riunione dei senatori del Pd. Ufficialmente per discutere sul decreto missioni, ma al secondo punto c’è la legge Zan: oltre a Marcucci, alcuni senatori vorrebbero proporre a Letta di modificare la legge «per non affossarla». Il segretario però non ci sarà. E comunque continua a ripetere: «La nostra posizione non cambia». Fra i favorevoli alla Zan così com’è ci sono quelli disponibili a «morire in battaglia» (Cirinnà) e quelli che non credono che Iv possa davvero fare il ribaltone (Mirabelli). O che non credono alla buona fede dei «trattativisti». Renzi avverte: «Chi vuole che ci sia una legge modifica gli articoli 1, 4 e 7. Chi non modifica quegli articoli vuole far affossare la legge. E vuole usare questo tema per la campagna elettorale». L’allusione ovviamente è a Enrico Letta.

Oggi terza giornata d’aula, ma ora la data cruciale è martedì, termine della consegna degli emendamenti. E lì si vedrà se la Lega farà propri gli emendamenti consegnati da Iv al presidente ella commissione giustizia Ostellari per tentare con quelli di mandare sotto i giallorossi. Oppure se i renziani, come annunciano, riproporranno le loro modifiche. Che a voto segreto potrebbero raccogliere i voti delle destre. Candidatissimo per esempio è proprio l’emendamento all’art.1 della legge: Iv aveva proposto di sopprimere l’articolo, che è quello delle famose definizioni (fra cui la contestata «identità di genere»). Basterebbe questo a mandare all’aria tutto il testo. Infatti il leghista Roberto Calderoli, maestro di trappole d’aula, stavolta al Corriere della Sera, annuncia che il suo partito non ostruzionismo. Non serve: «Questa volta non sarò una mitragliatrice», avverte, «ma un fucile di precisione, con il binocolo».

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