Renata Polverini ha lasciato Forza Italia ed è passata al gruppo misto, dopo aver votato la fiducia al governo Conte. Così, alla Camera dei deputati, Polverini ha contribuito a consolidare la maggioranza che già aveva i numeri, senza la necessità di nuovi “costruttori”.

Matteo Renzi, riferendosi a Polverini, ha parlato di «soccorso nero». Lei ha replicato ricordando quanto lo stesso Renzi l’avesse corteggiata nei mesi scorsi. E ha ribadito di non essere mai stata «fascista». Insomma, il sostegno di Polverini al governo sembra oggi un approdo naturale. Ma pochi ricordano la campagna trionfale che l'ha portata alla guida della regione Lazio.

Foto compromettenti

Corre l'anno 2010. All'epoca Polverini è la leader del sindacato di destra Ugl ed è conosciuta al grande pubblico grazie alla ripetute ospitate nel salotto comodo della trasmissione televisiva Ballarò, su Rai3, condotta da Giovanni Floris.

Il centrodestra ne annuncia la candidatura, dando il via a tre anni indimenticabili: dall'ascesa trionfale alla caduta rovinosa tra foto imbarazzanti, feste del peperoncino, lo scandalo Fiorito e la notte folle con i consiglieri travestiti da maiali.

Per vincere Polverini si allea con il centro e con la destra, va in curva nord e si fa immortalare con i vertici degli irriducibili, il gruppo di tifosi della Lazio guidato da Fabrizio Piscitelli, in arte Diabolik. Piscitelli è cresciuto sotto l’ala protettiva dei narcotrafficanti Senese e sarà poi ucciso, nell'agosto del 2019, da un killer ancora senza volto.

Polverini siede a cavalcioni sulla balaustra in curva con alcuni capi degli irriducibili e con Zarate, giocatore beniamino dei tifosi. «Si trattava solo di una partita e di un’iniziativa in campagna elettorale, anche ben riuscita» dicono Polverini e i suoi. Ma già allora era noto il profilo criminale dei vertici degli irriducibili. Uno di loro, seduto al fianco della futura presidente, era stato gambizzato, mentre i capi erano stati coinvolti in inchieste e condannati per il pestaggio di un giornalista.

Ma non è l’unico scatto che fa discutere. In un’altra fotografia, Renata Polverini ha il braccio teso. Oggi quella stessa foto viene ricondivisa sui social: «Era solo un fermo immagine», si giustifica la costruttrice.

Feste e maiali

Polverini archivia rapidamente le foto in curva e conquista la vittoria, superando anche il pasticcio nella presentazione delle liste, con l'esclusione di quella del Popolo delle libertà. Nel 2010, finalmente, diventa presidente della regione Lazio. Dura meno di tre anni, inseguita da polemiche e scandali.

A partire dalla casa popolare del comune di Roma, dove ha vissuto per anni insieme al marito senza averne diritto, pagando, in zona di pregio, a San Saba, un canone irrisorio. Polverini aveva lasciato la casa anni prima, il marito, invece, viene sfrattato dai vigili urbani nel 2013. Ma anche da presidente Polverini si fa ricordare. Vola in elicottero per inaugurare la sagra del peperoncino, sostiene convintamente l’idea del prefetto commissario Giuseppe Pecoraro di aprire una discarica a 700 metri dalla zona di protezione della villa di Adriano, sito patrimonio dell'Unesco. Quando una mobilitazione popolare, guidata dal principe attore Urbano Barberini con personalità come Franca Valeri e Adriano Celentano, contrasta quell'ipotesi, Polverini allarga le braccia e sbotta: «Ma ora cosa c'entra l'Unesco?».

Finisce male quell'avventura politica, malissimo. Un'indagine, che non la riguarda, travolge Franco Fiorito, capogruppo di Forza Italia in consiglio regionale e mette sotto accusa l’uso disinvolto dei soldi pubblici del gruppo regionale. Polverini incassa, rilancia e resiste, ma dura poco. La presidente dimissionaria parla di «giunta pulita e di consiglieri che hanno fatto cose raccapriccianti».

La fine di quell'avventura politica è ormai vicina e ed è sancita da una sequenza di foto che immortala una festa a bordo piscina con eroi greci, ancelle seminude che portano giare piene di mojito e consiglieri di maggioranza mascherati da maiali.

«Sono stata invitata, le foto mostrano il mio sconcerto», si giustifica l’allora presidente. La porcilaia carnevalesca coincide con l'inizio della stagione degli anticasta, gli alleati di oggi. L’ultimo atto lo raccontano le cronache di quei giorni con Polverini dimissionaria che, con auto di servizio e agenti al seguito, sfreccia in pieno centro a Roma per andare a comprare le scarpe nel negozio di fiducia.

Sui muri romani, qualcuno affigge un manifesto che diventa l'epitaffio di quel sistema di potere: «Frangetta nera, abbi pietà: se semo rotti, facce votà».

La caduta

Così, nel 2013, il centrosinistra è pronto a tornare in regione. Quando arriva la notizia della candidatura di Nicola Zingaretti a futuro presidente, Polverini gli riserva parole infuocate: «Per governare questa regione ci vogliono gli attributi, e non mi aspettavo che questa sinistra prendesse il solito zimbello». Lo zimbello di ieri è il fido alleato di oggi.

 

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