Adda passà ’a nuttata. Per Enrico Letta la serata inizia male. Dopo le telefonate con Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, e dopo quasi due ore di confronto serrato con il “frontrunner” di Azione, Carlo Calenda, il puzzle delle alleanze è di nuovo tutto per aria. Se i rossoverdi sono ancora disponibili ad una intesa solo «elettorale», all’ex ministro del Mise questa storia non piace.

E a chi lo interroga risponde che sta pensando alla rottura. «Il Pd non può firmare due patti antitetici». Da fuori Matteo Renzi lo invita a fare dietrofront e a correre con Italia viva. Il realtà il Pd non avrebbe intenzione di firmare due patti opposti. Ma “contenersi o non contenersi”, questo è il problema. Non di Calenda, che ieri, irritato per il possibile accordo fra il Pd e i rossoverdi ha ricominciato a non tenersi. Eppure, il giorno dell’accordo con il Pd, aveva annunciato: «Da ora non ci sono polemiche». Invece sin dall’alba scarica una serie di ultimatum a mezzo Twitter all’indirizzo di Letta. Il senso, ribadito più volte: scegli se stai con noi o con loro.

 

Eppure quando ha stretto un accordo politico con Letta, Calenda non poteva non sapere che il suo “co-frontrunner” aveva a che vedere anche con altri alleati. Invitati anche loro a partecipare alla compagnia per non regalare una valanga di collegi uninominali alla destra. Ma la sola possibilità che il Pd possa avere qualche punto programmatico in comune con la sinistra ambientalista a casa Azione non è contemplata.

Poi c’è l’irritazione per le repliche ai suoi infiniti tweet: Fratoianni lo canzona sull’Agenda Draghi e lo invita «a tornare in cartoleria a comprarsi un’altra agenda». Bonelli lo paragona a «un bambino capriccioso». L’ex ministro pubblicamente si rivolge a Letta: «Vorrei capire se si può pensare di lavorare insieme così. Boh».

La sinistra del Pd

Ma non si tratta di un conflitto solo sui social. I messaggi che arrivano a Letta e ai negoziatori sono anche più ultimativi: «L’Agenda o è quella di Draghi o è quella dei no a tutto. Chiudiamo questa storia». «L’accordo sottoscritto dal Pd è una scelta. Può essere cancellata ma non annacquata. Decidete».

Stretto tra due fuochi, il segretario del Pd sa come la pensa la sinistra del suo partito: la coalizione non può rinunciare alla sua ala sinistra e ambientalista. Letta dunque si arma di pazienza e all’ora di pranzo sente Fratoianni e poi Bonelli.

L’intesa può tenere, si dicono. Un’intesa solo elettorale, con una rappresentanza riequilibrata, ma il 70-30 rispettivamente al Pd e a Calenda era già al netto dei seggi destinati agli alleati, comunque i rossoverdi avrebbero ottenuto qualche seggio in più. I programmi restano autonomi per ciascuna forza politica. Resta da capire se ci sarà una dichiarazione di intenti comune. Per Calenda sarebbe giusta causa per una rottura.

Alle sei Letta lo incontra, insieme a Bendetto Della Vedova e Matteo Richetti alla sede dell’Arel. Due ore di confronto teso. Ma c’è un dato sul tavolo: se senza Azione e PiùEuropa il centrosinistra perde 60 seggi, senza i rossoverdi ne perde venti. Peraltro sulle scrivanie dei dirigenti Pd proprio ieri c’era un sondaggio che quotava Azione al 3,5 per cento e i rossoverdi al 3,3. «Noi continuiamo a lavorare per una coalizione più larga. Vogliamo confermare l’accordo con Azione e Più Europa», spiegano al Nazareno. In serata Letta risente Bonelli e Fratoianni. «Vogliamo chiudere entro domani (sabato, ndr) tutto il quadro. Il tempo sta scadendo», spiega ai suoi. E alla fine della giornata al Pd danno l’accordo praticamente per fatto.

Dall’altra parte Fratoianni sabato mattina riunirà la sua assemblea nazionale per la conferma del suo mandato a trattare. In Sinistra italiana c’è chi è stato illuso dagli inviti – poco credibili – di Giuseppe Conte. In Europa verde invece no.

Ieri la direzione nazionale ha deciso che «l’alleanza con Si è strategica» e che «l’unica alleanza che possa contrastare efficacemente la destra estrema in Italia sia quella, pur con tutte le differenze note, di un fronte democratico a partire dal Pd». L’alleanza con il solo M5s «non è percorribile». Messa così, l’assemblea di Si, pur con tutti i malumori, difficilmente potrà sconfessare l’accordo con il Pd. Ma tutto dipende da come passa la nottata.

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