La voce di Enrico Letta si spezza quando annuncia che vuole «rivelare» non un episodio «ma un pezzo di storia che la scomparsa di David ha reso solo un sogno, una cosa che ci sarebbe potuta essere». L’occasione è la presentazione della raccolta dei discorsi di David Maria Sassoli, La saggezza e l’audacia (Feltrinelli), domani ricorre il primo anniversario della scomparsa. Al Teatro Quirino di Roma, davanti a un parterre de roi – in prima fila il ministro degli esteri Antonio Tajani, predecessore di Sassoli alla presidenza del parlamento europeo – c’è la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che di lì a poco incontrerà la premier Giorgia Meloni, Romano Prodi, lo scrittore Paolo Rumiz, il curatore del volume Claudio Sardo e Lucia Annunziata.

L’episodio risale alla fine del 2021. Si sono chiuse le possibilità che Sassoli resti presidente, la staffetta delle cariche a metà mandato è prassi a Bruxelles. Il 16 dicembre alle quattro del pomeriggio lì Letta incontra Sassoli. Il segretario Pd ricostruisce il loro dialogo: «Hai fatto il presidente del parlamento europeo, e lo hai fatto bene, ora devi pensare a come dare al tuo paese tutto quello che rappresenti», gli dice, «Gli proposi di fare lo spritzenkandidat», Letta usa un termine “europeo”, «il candidato del Pd alle elezioni politiche. Gli dissi: penso che tu debba guidarci perché hai la capacità di costruire attorno a te una coalizione molto larga, nessuno ti vede come uomo di partito, rappresenti molto di più. Io faccio un passo indietro e te lo propongo.

Tu hai la possibilità di dare al nostro paese una proposta molto europeista, quella di un nativo democratico». «Lui rimase colpito», conclude Letta, «mi disse “mi ci devi far pensare”. Sì, voglio che ci pensi seriamente. Tornò a casa, so che ne parlò con Sandra (Vittorini, la moglie di Sassoli, ndr), e qualche giorno dopo mi chiamò, mi disse vediamoci all’inizio dell’anno prossimo e ne parliamo concretamente».

Un altro Pd (era) possibile

Ha ragione Letta, è più che un episodio. Racconta di un segretario Pd consapevole della necessità di un campo largo per vincere le elezioni, che in quel momento sembrano lontane. In quel gennaio invece deve essere eletto il presidente della Repubblica, il candidato di Letta è l’allora premier Mario Draghi e quello “vero” del Pd è Sergio Mattarella.

Ma appunto Letta ha in mente la costruzione di un centrosinistra ampio, con i Cinque stelle. E nessuno meglio di Sassoli può guidarlo: è l’uomo che ha tenuto l’europarlamento aperto durante la pandemia e che più ha spinto per l’avvio del Next Generation Ue, come ricorda von der Leyen. Ha fatto anche di più: da protagonista del dibattito europeo, a novembre del 2020 ha aperto all’idea della cancellazione del debito contratto dai paesi Ue per il Covid: «Un’ipotesi di lavoro interessante, da conciliare con il principio cardine della sostenibilità del debito», dice. La prende male la presidente della Bce Christine Lagarde ma a sorprendere di più è lo scetticismo del suo partito: di Roberto Gualtieri, allora ministro dell’Economia del governo Conte, del commissario Paolo Gentiloni e soprattutto dell’allora segretario Nicola Zingaretti. Letta, allora “solo” presidente della Fondazione Delors si schiera con lui, e così l’allora ministro Peppe Provenzano.

Applausi invece dai Cinque stelle, con cui Sassoli ha intrecciato un dialogo stretto, anche con un ciclo di videoconferenze a cui ha invitato Edgar Morin, Roberto Saviano, Von der Leyen, Gunter Paoli, Romano Prodi ma anche Beppe Grillo. L’ipotesi di inclusione dei grillini nel gruppo dei Socialisti e democratici sfuma: nel dicembre del 2021 il gruppo Pd ne discute e si scatena un putiferio, Letta (ora il segretario è lui) è favorevole ma deve fare un passo indietro.

Il congresso posticipato

La storia è stata dunque spinta in un’altra direzione. Sassoli muore alla vigilia delle elezioni del Colle, presto i Cinque stelle romperanno con Draghi e con il Pd, il campo largo è seppellito, la destra vince le elezioni anticipate, la sovranista Meloni è premier.

E il Pd piomba a capofitto nel congresso in preda alle contorsioni per non dire delle divisioni. Domani la direzione deciderà di rimandare di una settimana le primarie, dunque non il 19 febbraio ma il 26, per non comprimere i congressi delle regioni che vanno al voto (Lazio e Lombardia, in entrambe la destra è in pole position), per richiesta ufficiosa degli stessi che chiedevano di anticipare il congresso. Sarà invece respinta la proposta del voto online (dell’area “movimentista” di Elly Schlein). Il centrosinistra ampio è ormai un brillante futuro dietro le spalle. Come il Pd che Sassoli incarnava.

Una cultura, la sua, «figlia del cattolicesimo democratico, arricchito dal vento del Concilio, con la forte spinta alla solidarietà e alla giustizia», dice il curatore del volume Claudio Sardo, «un cristianesimo sociale che rifugge da integralismi» e che «può dare un contributo prezioso al pensiero democratico del nuovo secolo e anche al campo in cui Sassoli ha scelto di militare, la sinistra italiana ed europea, che oggi deve affrontare una difficile crisi in tutto il continente».

© Riproduzione riservata