«Un monito alto, in linea con quanto come Pd sosteniamo costantemente, anche a rischio di essere impopolari: prima di tutto la salute, anche perché senza la salute non ci sono le riaperture». Stavolta fra i dirigenti del Pd vicini al segretario Enrico Letta circola soddisfazione. Stavolta Mario Draghi, alla conferenza stampa che ha seguito il consiglio dei ministri, ha messo sull’attenti da una parte la Lega («L’appello a non vaccinarsi è l’appello a morire») e dall’altra i Cinque stelle, con la fiducia sulla contestata (da loro) riforma della giustizia. 

Dietrofront

I leghisti masticano amaro e fanno dieci passi indietro: «Buttare ogni frase come uno scontro tra persone e tra partiti è sbagliato. E in questo c’è una responsabilità di alcuni organi di informazione», si lamenta a Radio1 il presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga. Fedriga è un leghista moderato e governista, l’area a cui le intemerate estive di Salvini piacciono pochissimo. «Legittimamente possono esserci posizioni diverse, Salvini non ha mai detto non vaccinatevi, ha detto concentriamoci sulle categorie fragili». 

Anche i Cinque stelle riaggiustano il tiro sulla riforma Cartabia: «Il tema è il percorso che si farà con il disegno di legge, prima dell’arrivo in aula. Noi vogliamo portare dei miglioramenti, che sembrano necessari anche ascoltando la magistratura. Avere un testo scoordinato, non omogeno, può essere un problema. Si sta cercando di trovare un accordo per migliorare il testo», spiega il ministro dell’agricoltura Stefano Patuanelli. Ma di fatto la fiducia all’orizzonte spingerà alla concretezza i grillini.

E invece il leader Pd stavolta può a buon diritto rivendicare un ruolo centrale del suo partito. Quella di Draghi, viene spiegato, «è una risposta limpida e inappellabile a Salvini che non a caso ieri sera ha corretto il tiro e parlato di minorenni, quando solo pochi giorni fa aveva detto che è per gli under 40 che il vaccino non serve. La verità è che questa destra gioca a dadi con questioni delicatissime, si conferma irresponsabile. E ancora aspettiamo per Salvini, come per la Meloni, di sapere quando troveranno uno slot in agenda per fare il vaccino».

L’agenda Draghi e l’agenda Pd

Un passaggio, quello di Draghi, che dà una mano anche al segretario, sul fronte interno. I malumori sulla legge Zan sono rimandati a settembre. Letta ha dovuto prendere atto atto che fra i senatori – e le senatrici – c’è un drappello di favorevoli a trattare con Salvini, suggestionati da Matteo Renzi e capitanati dall’ex capogruppo Andrea Marcucci. Ma la maggioranza del gruppo ha seguito la presidente Simona Malpezzi, capofila invece del no, motivo per il quale è salito un certo freddo con la sua corrente di provenienza, Base riformista. È da questa parte che arrivano le accuse – quasi mai esplicite – di aver piegato a sinistra la traiettoria del partito e di non rivendicare a sufficienza «l’agenda Draghi».

La conferenza stampa di ieri rimette le cose a posto, almeno per il segretario. Che sulla giustizia ha fatto offrire una sponda ai Cinque stelle, ma tenendo le distanze dall’atteggiamento ostruzionistico del movimento. E sul Covid non vuole fare «il primo della classe» ma ricorda che la linea del Pd è stata sempre la stessa, «responsabile prima di Draghi e con Draghi». 

Le agorà 

Intanto, per rafforzare la sua popolarità nel partito, prosegue la campagna elettorale in Toscana – sarà candidato alle suppletive nel collegio 12, quello di Siena –  e il tour delle assemblee delle «pre-Agorà» (quelle ufficiali partiranno a settembre e a tappeto da tutte le federazioni). Sono state un pienone di partecipazione a Palermo, dove nel giorno dell’anniversario dell’uccisione del giudice Paolo Borsellino è intervenuto anche don Luigi Ciotti, sacerdote simbolo della lotta alla mafia –. Ma sono andate bene anche a Bologna e a Pistoia. A fine agosto altra tappa a Belluno. 

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