Le Ong scendono in campo a cinque giorni dal voto. L’immigrazione è uno dei temi finito nella campagna elettorale, da una parte il leghista Matteo Salvini che ambisce a diventare ministro dell’Interno e tornare ai “decreti sicurezza” che bloccano gli sbarchi, dall’altra Giorgia Meloni che vuole attuare “il blocco navale”, infine il centrosinistra che continua a tenere tra i propositi lo ius soli e il ritorno all’accoglienza.

Le organizzazioni che continuano ad effettuare i salvataggi in mare, hanno pubblicato un appello a segretari e presidenti di partito, nessuno escluso, offrendo un elenco di azioni non più rinviabili per il prossimo governo: «Siamo un gruppo di organizzazioni che a vario titolo e da molto tempo sono impegnate nella tutela e nella promozione dei diritti umani, in mare e a terra» scrivono Open Arms, Alarm Phone, Sea Watch, ResQ ed Emergency. «Lo facciamo attraverso il nostro impegno diretto nelle aree del mondo dove si concentrano le crisi umanitarie più intense e dove la salvaguardia della vita delle persone è a rischio».

Ricordano le torture, le limitazioni della libertà, il pericolo e l’orrore di cui sono testimoni: «Concorderete con noi nel ritenere che uno stato di diritto, una repubblica democratica fondata su una costituzione antifascista, uno stato membro dell’Unione europea, non può accettare che tali situazioni vengano perpetrate. Nessuna considerazione politica può avallare dette violazioni di princìpi fondamentali, come il diritto alla vita e alla libertà individuale e il rispetto della dignità umana».

I viaggi

Il documento per prima cosa riporta la situazione. Da gennaio ad agosto 2022, 85 mila persone si sono imbarcate attraverso il Mediterraneo, viaggi pericolosi su imbarcazioni non adatte e con un numero di passeggeri ben oltre la sicurezza. Di queste, 60 mila persone sono arrivate in Italia. Il numero di arrivi via mare è modesto, soprattutto se comparato ai numeri della crisi ucraina: «Per queste persone non sono garantiti gli stessi diritti né l’accesso a percorsi di accoglienza dignitosi. Negli ultimi vent’anni, in più di 20 mila persone hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale, e «le ultime vicende accadute in mare, che hanno portato alla tragica morte di alcuni bambini, sono da ascrivere all’omissione del soccorso e a decisioni politiche, non a una tragica fatalità».

Nell’immaginario collettivo solo poche settimane fa è entrata la foto di Loujin. La bimba siriana di 4 anni aveva tentato la salvezza del mare con la madre e la sorellina di un anno su un peschereccio partito dal Libano, ma è morta dopo giorni senza acqua né cibo. Solo 8 giorni fa la notizia di altre vittime: due bambini di uno e due anni, un 12enne e tre adulti, che viaggiavano su un barchino partito dalla Turchia poi approdato in Sicilia

Le Ong attaccano la politica senza fare nomi: «Riteniamo che il costante dibattito mediatico, che usa il tema a fini propagandistici, possa continuare a nuocere impedendo la comprensione di un fenomeno complesso e agitando una pericolosa rabbia sociale». E quindi offrono dei punti che vanno dalla conclusione degli accordi con la Libia e i finanziamenti alla Guardia costiera libica (rinnovati fino a quest’estate, e la creazione di corridoi umanitari.

I punti

Ecco le proposte punto per punto:

  • Affrontare in maniera strutturale anziché sensazionalistica il tema dei flussi migratori. In particolare, farsi promotori a livello europeo di un sistema di redistribuzione equo e di politiche in materia di migrazione e asilo incentrate sul rispetto dei diritti umani nel quadro del Patto europeo da concludersi entro febbraio 2024;
  • Abolire i "Centri di permanenza temporanei” e proporre una radicale revisione delle detenzioni finalizzate al rimpatrio;
  • Promuovere attivamente una missione di soccorso europea nel Mediterraneo a tutela del diritto alla vita e nel rispetto degli obblighi internazionali;
  • Revocare gli accordi con la Libia e il finanziamento della cosiddetta Guardia costiera libica;
  •  Improntare le politiche in materia di immigrazione nella direzione dell’accoglienza, dell’integrazione, del riconoscimento della diversità come un valore e, ancor prima, della promozione e della tutela dei diritti umani fondamentali;
  • Creare vie di accesso legali e sicure per chi è in cerca di un futuro più dignitoso, a cui non è data altra possibilità che percorrere rotte migratorie pericolose e irregolari per arrivare in Europa;
  • Offrire opportunità di dialogo alla società civile e alle organizzazioni impegnate nel Mediterraneo centrale per raccoglierne le istanze;
  • Attuare una politica di gestione delle frontiere che sia sempre orientata alla salvaguardia della vita umana.

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