«Libertà a rischio», «Tu deliri», Schlein e Meloni alzano il tiro

Clima d’odio sì, ma creato da chi? Secondo Giorgia Meloni – che pure ha detto che le opposizione sono «peggio di Hamas» – da Elly Schlein che, dal palco dei socialisti europei di Amsterdam, ha detto che «la democrazia è a rischio e la libertà di stampa è a rischio quando l’estrema destra è al governo». Il caso è scoppiato dopo tre giorni di scambi serrati in cui Meloni ha sempre vestito i panni della vittima. Prima di Maurizio Landini che l’ha definita «cortigiana», poi, ieri, di Schlein, all’estero «per diffondere falsità e gettare ombre inaccettabili sulla nazione che dovresti rappresentare e aiutare». Alla leader del Pd la risposta non è andata giù e ha replicato duramente: «Pure oggi la presidente Meloni non rinuncia alla sua dose di vittimismo quotidiano. Basta, basta, perché del suo vittimismo gli italiani non se ne fanno niente: parliamo dei problemi concreti degli italiani». E poi l’elenco delle cose di cui discutere nel merito: sanità, pensioni e bollette. L’accusa di sessismo e la sfida della piazza, il momento nero di Landini “il rosso” Strategia comunicativa Il ritornello che in questi giorni si sente ripetere dai dirigenti del Nazareno va proprio in questa direzione. No al ping pong di accuse: «Meloni non può decidere quand’è che dichiariamo noi». Di conseguenza, basso profilo su Landini – su cui la segretaria è intervenuta con una dichiarazione che batteva sempre sul vittimismo – e basso profilo sul caso che nasce da un lancio d’agenzia. L’eccesso di sintesi nelle righe battute in pochi minuti dopo l’intervento della segretaria metteva assieme la libertà (d’espressione) a rischio sotto il governo della destra e il vile attentato a Sigfrido Ranucci. E immediatamente è scoppiato il caso. La comunicazione della premier ha raccolto la dichiarazione compressa e stigmatizzato le parole della segretaria, accusata di voler creare un collegamento tra la bomba esplosa a Pomezia e il governo Meloni. La solidarietà non basta, la destra non manganelli il giornalismo critico A seguire, tutta la maggioranza, in primis i due vice, hanno aggiunto benzina al fuoco. Antonio Tajani ha parlato di parole «stravaganti», Matteo Salvini ha insistito sul collegamento tra Ranucci e il battibecco Schlein-Meloni, esprimendo «assoluta e ferma condanna per l’attentato e per le sciocchezze di Schlein». Guido Crosetto è arrivato a parlare di «danno e calunnia gravissima allo stato». In un primo momento la linea di Schlein era di lasciar correre, ignorare l’ennesima provocazione meloniana. Ma poi la segretaria ha deciso di registrare il videomessaggio. In futuro, però, risposte di questo genere saranno sempre meno. Destra di querela e di bavaglio. La crociata contro i giornalisti Consenso europeo A poco più di un anno dalle elezioni, il Pd vuole emanciparsi dal battibecco quotidiano per inchiodare la destra alle sue responsabilità, in primis sull’asfittica manovra economica. Ma la strategia non è solo italiana: oltre alla riconferma dei vertici del Pse con in prima fila il segretario generale Giacomo Filibeck, la delegazione italiana è tornata da Amsterdam con in valigia un programma comune verso la costituzione di una rete che faccia da controcanto, allargandosi anche oltre l’Europa, alla Cpac dei sovranisti mondiali. L’alleanza internazionale ai cui incontri Meloni spesso si affaccia con messaggi sempre più duri negli ultimi anni si sta mostrando in tutta la sua potenza di fuoco comunicativa. Un argomento comune L’intenzione di uscire dal gioco di sponda alle dichiarazioni della destra è stata proposta dai dem anche al resto della famiglia socialista. «Serve un tema comune per cui battersi insieme in tutto il continente» è stato il ragionamento. Possibilmente sostenuto da una strategia comunicativa unica di tutti i partiti. Alla fine, la quadra è stata trovata sull’housing, tema emerso anche con prepotenza dal panel dei sindaci a cui partecipava il primo cittadino della capitale, Roberto Gualtieri. In ogni caso il Nazareno si porta a casa una coloritura sempre più sudeuropea del Pse: se la proposta di trovare un tema unico su cui portare avanti una campagna comunicativa comune (l’alternativa sarebbe stata la sanità, che però non avrebbe potuto funzionare in Scandinavia, dove il welfare gode ancora di buona salute) è made in Pd, la star della tre giorni di Amsterdam è stato Pedro Sánchez. In giubbotto di renna e camicia ha arringato il suo pubblico sulla coerenza arrivando a citare JFK: «L’estrema destra sta avanzando in Europa e nel mondo. Ma vorrei citare Kennedy, “quelli che scioccamente cercarono il potere cavalcando la schiena di una tigre e finirono per esserne divorati”. Pensano che noi cediamo ma non possono essere più ingenui. Qui voglio essere chiaro: noi non faremo un passo indietro». Lo spagnolo è – almeno fino all’eventuale successo di Franz Timmermans nei Paesi Bassi – l’unico socialista al governo. E tutti vogliono scoprire il segreto della ricetta spagnola, che, spiega il leader olandese, sul palco subito dopo Sánchez, è partita proprio dall’attenzione all’housing. Peccato che nel frattempo, in Italia, la giornata sia trascorsa nella discussione sul presunto clima d’odio contro Giorgia Meloni.