«La moderazione sta al moderatismo come la castità sta all’impotenza».

La frase è di Mino Martinazzoli ed era rivolta a quella parte del suo partito che era più incline – forse fin troppo – alla prudenza e alla circospezione.

Come a dire che si poteva essere moderati ma senza farne un feticcio, e tanto meno un’ideologia.

Prima ancora, la moderazione andava ancor meno di moda. Luigi Sturzo invitava i cattolici del suo tempo a dirsi «temperati» e non moderati.

E per tutto il Dopoguerra quei partiti che pure evitavano di dar troppo fuoco alle loro stesse polveri trovavano definizioni meno politically correct di quelle che sarebbero invalse in seguito.

Ora invece in questa campagna elettorale di sedicenti “moderati” se ne vede in giro una discreta quantità. A destra e a sinistra.

Paradossalmente appaiono un po’ meno compassati al centro, laddove un tempo la virtù della misura e la pratica del basso profilo furoreggiavano (si fa per dire). Ma tant’è.

Professarsi campioni di misura diventa un dovere quasi per tutti, e laddove latitano i fuoriclasse si può sempre ingaggiare qualche riserva che all’occorrenza supplisca.

Spegnere il bipolarismo

Valga l’esempio della seconda repubblica. Laddove si trattava di spegnere i fuochi della competizione bipolare, ponendo rimedio a certi eccessi e a certi furori che tendevano a prendere il sopravvento.

Dalle parti di Berlusconi, in modo particolare. Ma non solo. Moderati erano tutti quelli che denunciavano la loro insofferenza per un certo spirito troppo muscolare che aveva improntato la competizione di quel periodo. E tra loro, anche chi scrive teme a volte di aver fatto un ricorso anche troppo frequente a quella parola d’ordine.

Poi però il campo si è via via andato allargando. E lo stesso Berlusconi, mangiata la foglia, ha cominciato a proclamarsi “moderato” anche lui (!).

Con l’effetto di svuotare progressivamente l’argomento di ogni significato e di ogni consistenza. La parola di (quasi) tutti è diventata così la parola di nessuno.

E quella definizione, che appena una decina d’anni fa introduceva una differenza di non poco rilievo, è diventata una sorta di chewing gum a disposizione di chiunque volesse masticarne un po’.

Virtù banalizzata

Non si vuole certo dar ragione a Barry Goldwater, il candidato repubblicano di estrema destra che mezzo secolo fa proclamava baldanzoso che «l’estremismo nella difesa della libertà non è un vizio e la moderazione nella ricerca della verità non è una virtù». 

Più semplicemente, si vorrebbe solo cercare di restituire a quella virtù (perché di virtù si tratta) un significato meno banale di quello che ora va per la maggiore.

E che rischia di condurre infine verso il vicolo cieco della propria stessa irrilevanza.

Il fatto è che ai nostri giorni tutti posano a moderati. Ma è una posa, appunto. E coloro che si ritengono più moderati degli altri tendono sempre più ad alzare la voce, come a voler trarre un vantaggio da quel copyright.

Senza però che poi a quella definizione si aggiunga un contenuto. È a quel punto che la moderazione diventa moderatismo.

E cioè puro metodo, senza più alcuna relazione né con le politiche che si perseguono, né con le differenze che si vorrebbero rimarcare.

Moderati diventano i campioni della trattativa, pronti a far valere le loro buone maniere al cospetto della forza dei numeri altrui.

Moderatismo

Quasi una notazione di stile messa a verbale nel bel mezzo di una contesa politica che di stile non ne ha certo troppo. Ma che per l’appunto non può neppure ridursi a mero esercizio di stile.

Certo, la politica continua ad avere un gran bisogno di un minimo di sobrietà. E proprio gli eccessi di tutti questi anni dovrebbero averci insegnato che certe esagerazioni nascondono sempre la pochezza degli argomenti.

Ma invocare quel tanto di galateo che ogni buona politica presuppone richiede almeno che la morigeratezza dei modi si accompagni per quanto può a un contenuto e non si limiti a una tecnica – per garbata che essa sia.

Detto con altre parole, occorrerebbe saper essere moderati anche nella moderazione. Poiché la misura va sempre adoperata anche con sé stessi.         

© Riproduzione riservata