Quelle foto, scattate nel dicembre del 2018 sul campo di San Siro, restano tra le più famose in circolazione di Matteo Salvini da ministro dell’Interno. L’occasione era quella dei festeggiamenti per i 50 anni del tifo organizzato del Milan, la curva sud. Circostanza ghiotta per farsi vedere allo stadio e raccogliere un po’ di consenso facile. Così, quando si è presentata l’occasione di farsi anche una foto in mezzo al campo con il capo ultrà non se l’è lasciata scappare.

D’altronde, Salvini è uomo da obiettivo, pronto a farsi immortalare ovunque con amici, compagni di partito e sodali di vario genere senza tanti problemi. Suggella a favor di camera appartenenze e alleanze con una certa disinvoltura ed è malato di selfie, che dispensa senza risparmio. Ma l’affettuoso abbraccio con il capo dei tifosi del Diavolo Luca Lucci gli è rimasta un po’ indigesta, tanto da prenderne le distanze subito dopo, dicendo che non sapeva chi fosse esattamente quella persona.

Lucci, arrestato ieri dalla Squadra mobile di Milano, non è esattamente un tipo di quelli che un ministro dell’Interno vorrebbe come compagno di foto. Condannato anni fa per aver tirato un pugno a un ultrà interista che ha perso un occhio a causa di quell’aggressione, nel 2019 si è visto confiscare beni per un milione di euro dal Tribunale di Milano, tra cui lo storico bar Clan 1899 di Sesto San Giovanni, uno dei ritrovi cult del tifo milanista. Per i giudici lombardi quel luogo era usato anche come base operativa per gestire traffici di droga. E ieri le manette sono scattate proprio per una storia di stupefacenti gestita dall’ultrà insieme a una decina di coindagati in un’inchiesta della procura di Milano, coordinata dal pm Leonardo Lesti.

Traffico internazionale

L’accusa per Lucci e gli altri indagati finiti in carcere (o ai domiciliari) su ordine del gip Fabrizio Filice è quella di detenzione e traffico di droga, che era importata in Italia dal Marocco e dal Sudamerica. Per il gip il capo ultras milanista ha una «posizione di vertice» nell’organizzazione che importa cocaina dal Brasile e hashish dal Marocco e gode anche di buone «relazioni con i narcotrafficanti esteri».

A lui, che non è nuovo di questi reati, sono addebitati alcuni traffici di droga per cifre a cinque zeri, tra cui l’acquisto di 10 chili di cocaina per oltre 72mila euro partiti dal porto di Santos, in Brasile, su una porta container che batte bandiera di Hong Kong, poi sequestrata, e quello di 90 chili di hashish per 297mila euro.

Cifre rilevanti che fanno di lui un importante snodo di spaccio per la piazza milanese. Le indagini hanno permesso di scoprire che tra i compari di Lucci nell’attività di traffico di droga c’erano anche persone con un forte radicamento nella Locride, cosa che potrebbe far ipotizzare anche qualche aggancio con la criminalità organizzata, che non è stato però approfondito al momento.

Il capo ultrà sapeva anche come muoversi con le comunicazioni: gli investigatori hanno scoperto che lui utilizzava un smartphone di modello BQ Aquaris, fabbricato in Spagna, che permetteva di accedere alla rete Encrochat, ad altissimo livello di criptazione, dove si svolgevano le conversazioni illecite. Questo dispositivo, seppure formalmente prodotto per la vendita nel mercato legale, era predisposto per l’impiego di un doppio sistema operativo selezionabile dall’utente, che permetteva di utilizzare ovunque nel mondo l’applicazione di messaggistica cifrata, bucata solo nel 2020 da un’operazione congiunta franco-olandese che ha permesso di bloccarla e recuperare i messaggi che hanno permesso di trovare i riscontri per Lucci e gli altri. Insomma, un personaggio non esattamente da libro Cuore, almeno stando a quello che gli viene addebitato al momento.

«Era la prima volta che lo incontravo» si è difeso Salvini quando gli è stato fatto notare l'accostamento a una persona decisamente chiacchierata (ma nessun funzionario di polizia poteva avvertirlo visto che era il ministro dell’Interno?).

Non è la prima volta

lapresse

Ma il leader della Lega deve avere un particolare fiuto per accostarsi pubblicamente a personaggi che danno da lavorare alle forze dell’ordine, alle procure e ai tribunali.

Come le foto con Umberto Carriera, tra i leader del movimento #Ioapro, quando era all’opposizione del governo Conte II. Carriera, arrabbiato con Salvini, reo di averlo scaricato dopo essere entrato nella maggioranza di governo Draghi, si è reso complice dell’assalto e della devastazione della sede romana della Cgil lo scorso fine ottobre in combutta con i leader di Forza nuova Roberto Fiore e Giuliano Castellino, ed è attualmente indagato per quel gesto.

Hanno fatto il giro del mondo le foto di Salvini con Gianluca Savoini, il suo ex portavoce che nell’ottobre del 2018 era seduto al tavolo dell’hotel moscovita Metropol con altre cinque persone per cercare di chiudere una maxi fornitura di gas all’interno della quale ricavare una percentuale per la Lega. Savoini è indagato da tempo dalla procura di Milano con l’accusa di corruzione internazionale nella quale pende anche una rogatoria a Mosca per ascoltare gli altri protagonisti di quell’affare.

Navigando sul web sono tanti i selfie che emergono con personaggi chiacchierati, o perché legati a storie e inchieste di criminalità organizzata, in particolar modo in Calabria. Tante anche le foto con Steve Bannon, ideologo del sovranismo trumpista con un picco di popolarità anche in Italia grazie ai partiti di destra, finito poi in carcere – e rilasciato – negli Stati Uniti con l’accusa di oltraggio al Congresso per i suoi silenzi sull’assalto a Capitol Hill.

Come non dimenticare, infine, le parole di stima a favor di telecamera per i commercialisti della Lega Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni: «Mi fido di loro, persone oneste»... Non resta che da dire che la loro condanna per peculato è solo di primo grado. C’è sempre tempo per recuperare.

© Riproduzione riservata