Presidente Luigi Zanda, Elly Schlein è incolpata della sconfitta del Pd alle comunali. A ragione?

Vittoria o sconfitta che sia, Schlein è stata eletta da pochi mesi, e gli iscritti e gli elettori del Pd hanno il dovere di darle una mano. La stabilità del partito è un grande valore. A Schlein non servono né claque né attacchi interni, le serve ascoltare e anche sollecitare punti di vista diversi dai suoi. Poi è sua responsabilità decidere se tenerne conto.

Non ascolta nessuno?

Fare il segretario del Pd oggi sarebbe difficile per chiunque. Sull’ascolto delle opinioni diverse serve una considerazione di fondo. Appena eletto sindaco di Vicenza, Giacomo Possamai si è rallegrato per la vittoria e, con stile, ha aggiunto che anche il suo avversario aveva avuto un buon risultato, e che lui sarebbe stato sindaco a nome di tutti i vicentini. Nel Pd Schlein ha vinto, ma anche Bonaccini, che ha perso, ha avuto un buon risultato. E Schlein non è la segretaria solo della sua mozione, ma di tutto il partito. Sbaglierebbe se non ne tenesse conto.

Ha voluto Bonaccini presidente, e la minoranza in segreteria.

Sto parlando di politica, non di nomine. Aver impedito alla ministra Roccella di parlare è inammissibile, non averlo detto è stato un autogol. È un esempio di quanto può servire ascoltare anche altre voci.

Schlein si preoccupa del “suo” popolo delle primarie. Sbaglia?

Il compito principale di un segretario di un partito che si qualifica come democratico è tenere insieme le diverse opinioni, aggiungendo consenso senza perdere pezzi. Un partito poggia su due architravi: primo, la linea politica, il pensiero lungo, la cultura politica; secondo, l’organizzazione, ovvero la forma partito. È possibile che il Pd abbia davanti a sé quattro anni di opposizione. Questo tempo deve servire a Schlein per occuparsi primariamente del Pd, della ricostruzione di un pensiero politico nuovo, di un’organizzazione efficiente. Con un Pd forte le alleanze arriveranno.

Il Pd è primo partito alle comunali.

Più della sconfitta mi hanno colpito alcune nostre reazioni. È stato detto che Schlein ha trovato le liste già chiuse. Dare la colpa della sconfitta a chi c’era prima è una reazione infantile. I ballottaggi dicono che la destra è forte, che in Toscana sono state perse tre città importanti, sono cadute Ancona e Brindisi, si è perso in quasi tutta la Sicilia. Con il nostro 16 per cento siamo il primo partito, ma è solo il 16. Il prossimo anno avremo le europee e poi le regionali in Emilia, Campania, Puglia, Toscana e Piemonte. Saranno voti difficili. Usiamo queste comunali come un campanello d’allarme, senza drammatizzare ma neanche minimizzare.

Dica la verità: è già iniziato il tiro al segretario?

Schlein deve essere rispettata e aiutata. E lei dovrebbe desiderare di essere aiutata. Mi ricordo che Aldo Moro passava più tempo con i dirigenti del suo partito che non volevano l’apertura al Pci di quanto non ne passasse con chi la pensava come lui.

Schlein ha una linea incerta, all’uso del Pnrr per le armi ha detto no ma il Pd ha votato sì. La segretaria ha una linea diversa da quella del partito?

La fatica della politica è questa, la continua ricerca dell’unità del partito, lo sa anche Giorgia Meloni e lo sanno tutti i leader. È la responsabilità di un segretario. Anche perché non si viene eletti per essere obbediti. Non serve ricordare che Nicola Zingaretti, quando ha pensato che non gli fosse possibile mantenere l’unità delle componenti del Pd, si è dimesso.

Non è colpa di Schlein se Conte, Renzi e Calenda confliggono tra di loro e contro il Pd. Dopo le europee cambierà qualcosa?

Oggi nessuno dei leader dell’opposizione si mostra disponibile a una alleanza politica con il Pd. Su questo Schlein ha ragione da vendere. E per di più non sembrano possibili compromessi sulla linea estera di Conte. Che fare? Andare avanti. Il Pd definisca la sua linea, assuma iniziative per ricondurre ad unità il partito e allargare il consenso nella società. La chiarezza della linea, la forza nella società sono una componente decisiva della tenuta della democrazia italiana. Non è cosa di poco conto. Per questo credo che sia sbagliato fare Aventini, o fuoriuscite dall’aula. L’opposizione conta se cambia l’agenda della maggioranza. Non basta dire no, il Pd deve avere un profilo di forza di governo.

Con Meloni la democrazia italiana potrebbe non tenere?

L’occupazione della Rai con una pesantezza inedita, i richiami alla razza e all’etnia, il rischio di spezzare il paese con l’autonomia differenziata, la fine della repubblica parlamentare con il presidenzialismo. Per l’Italia giocare con la democrazia è pericoloso. Essere fedeli agli Usa è utile ma non basta per avere un peso nel mondo. Senza una pratica quotidiana della democrazia rischiamo di essere emarginati nelle nostre alleanze tradizionali, con conseguenze serie anche sulla nostra stabilità economica. Politica interna e politica estera sono connesse, Meloni non si deve fidare dei sorrisi che le fanno. Nelle sedi europee le piccole esigenze della propaganda nazionale hanno costi salati.

Le europee saranno il banco di prova di Schlein?

No, per il Pd il banco di prova saranno le regionali e le politiche. Le europee sono importanti, bisogna combattere paese per paese perché l’Europa non svolti a destra. Il Pd avrà un risultato soddisfacente, forse buono. Ma il primo esame vero saranno le regionali: lì i problemi della tenuta del partito e delle alleanze dovranno essere risolti, come viatico alle politiche del 2027. Solo così sarà possibile una battaglia vincente contro la destra. Altrimenti qualcuno, citando Schlein, dirà: “Mettetevi comodi, sta arrivando la sconfitta”.

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