La sera dell'annuncio del nuovo governo ha colpito più il nuovo nome del ministero – Ambiente e sicurezza energetica al posto della Transizione ecologica - che quello del nuovo ministro - Gilberto Pichetto Fratin. La sua nomina era stata anticipata da giorni dal gossip delle consultazioni, anche se poi era stato temporaneamente scambiato di posto con il collega Paolo Zangrillo della Pubblica amministrazione, equivoco se non altro significativo di come siano state assegnate le caselle.

L’orgoglio del basso calibro

Pichetto Fratin è un profilo basso e felice di esserlo. Uno dei ministeri più delicati, nel pieno della trattativa europea sul prezzo del gas, va a una figura di medio calibro, senatore, ex viceministro allo Sviluppo economico, candidato perdente alla presidenza della regione Piemonte, uno che non si legge spesso sui giornali e non va mai in tv. L'esatto opposto di quando arrivò da Leonardo e dalla robotica avanzata Roberto Cingolani, circondato da una mitografia di innovazione italiana e modernizzazione della ricerca, anticipato da libri e interviste.

La staffetta con Cingolani

Cingolani rimane consulente ombra del governo per tutto l’inverno, per saldare la continuità tra la stagione Draghi e quella Meloni sulla materia più viva del momento, la crisi energetica, ma Pichetto Fratin non sarà un fantoccio. Chi lo conosce bene dice che il nuovo ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica è «mille volte più scaltro di Cingolani», uno che sa rimanere nascosto dai radar, che studia i dossier, un uomo di numeri più che di parole. Sicuramente sarà meno imprudente sulla scena pubblica del suo precedessore, la mossa di arrivare in auto elettrica al Quirinale è segno di una attitudine negoziale che chiude la stagione muscolare di Cingolani.

La sicurezza, ma quale?

Insomma, Pichetto Fratin è l'uomo perfetto per chiudere senza clamori la stagione della transizione ecologica e aprire quella della sicurezza energetica, superando l'ipocrisia della «buona moneta da abbinare al buon pianeta» del governo Draghi. Quel ministero nasceva per portare all'interno del governo in modo strutturale le ragioni dell'ecologia, da contrapporre ed equilibrare con quelle dello sviluppo e dell'industria. Non è andata così, l'innesto non ha mai funzionato. L'energia, già prima della crisi, aveva mangiato il clima nel governo Draghi, che ora sparisce del tutto dall'orizzonte del governo Meloni. Il naming, la denominazione, del nuovo ministero vale anche come chiarissima dichiarazione di intenti: il problema dell'energia sarà solo una questione di approvvigionamenti e costi, il suo impatto ecologico o climatico non sarà un problema di Meloni e del suo ministro. La transizione ecologica è stata mandata in soffitta.

Il profitto a ogni costo

Pichetto Fratin è uomo di industria e di Confindustria, fautore del concetto di «neutralità tecnologica», espressione totem a destra per sdoganare l'ostilità verso l'elettrificazione, soprattutto quella dell'automobile, tema cruciale nel negoziato europeo Fit for 55. Neutralità tecnologica vuol dire opporsi contro il phase-out senza scappatoie dell'auto a benzina, diesel o ibrida nel 2035, che invece è il punto di caduta fondamentale del Green Deal. Pichetto Fratin dovrà anche gestire le promesse nucleari della campagna elettorale - probabile che ci sarà un rinforzo ai fondi per la ricerca su quello di IV generazione - ma non sarà un nemico delle rinnovabili come il suo predecessore, aveva anche personalmente investito in pannelli fotovoltaici nella sua Biella.

Plastica e trivelle

Però è contrario alla plastic tax e alle regole europee sulla plastica monouso ed è favorevole a nuove estrazioni di gas in Italia, insomma è un perfetto esponente del realismo fossile: la transizione sì, ma piano, con i tempi, notoriamente lenti, dell'economia italiana e non quelli prescritti dalla scienza e dalla realtà climatica. In questo sarà continuità con Cingolani, sarà diverso però il mandato politico, molto più esplicito e sovranista, cioè difendere l'assetto attuale dell'industria italiana dalle richieste del Green Deal e dell'accordo di Parigi.

Cercasi competenze 

Pichetto Fratin non ha esperienza di diplomazia internazionale del clima, ed è un problema, visto che si troverà nel giro di un paio di settimane catapultato sullo scenario più importante, il vertice annuale dell'Onu sui cambiamenti climatici, la Cop27 di Sharm el-Sheik, in Egitto, dove sono i ministri dell'ambiente a condurre il negoziato dei paesi. Qui dovrà scontare anche il peso dell'eredità di Cingolani, che da grande accentratore non ha mai provveduto a sviluppare la diplomazia del ministero e ha tenuto bene in ombra l'inviato italiano per il clima, Alessandro Modiano.

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