Le dimissioni di Zingaretti tolgono al premier un riferimento politico stabile nel centrosinistra. Anche i Cinque Stelle sono in una delicata fase di assestamento, non restano che Salvini e il Cav
- L’addio del segretario (se verrà confermato in assemblea) apre una stagione di travaglio dentro il partito la cui vocazione è quella di essere elemento di stabilità nel sistema politico.
- L’interrogativo, ora, è chi tra i dem si farà carico dei rapporti istituzionali con il governo appena insediato: uno dei tentativi in corso è quello di convincere Zingaretti a ritornare sui suoi passi.
- Vista l’instabilità dei partiti del Conte bis, suonano quasi profetiche le parole del leader della Lega, Matteo Salvini, all’indomani dell’insediamento di Draghi: «La forza con cui il premier Draghi si troverà meglio a lavorare saremo noi».
Il terremoto dentro al Partito democratico dovuto alle dimissioni di Nicola Zingaretti tocca – pur indirettamente – anche il governo Draghi. Con il Movimento Cinque Stelle ancora non stabilizzato al proprio interno e soprattutto con lo sconfitto Giuseppe Conte incoronato nuovo leader, il Pd avrebbe dovuto essere l’interlocutore affidabile su cui il neo-presidente del consiglio doveva poter contare. Nonchè l’area che esprime tre ministri centrali: Dario Franceschini alla Cultura, Andrea Orlando



