Appendino sfida Conte, si apre la faida nel M5s

Dimissioni in giallo. Il rischio fronda torna ad agitare il Movimento 5 stelle, partito che negli anni ha visto espulsioni, addii e scissioni più di ogni altro. Chiara Appendino avrebbe minacciato le proprie dimissioni all’assemblea dei gruppi andata in scena martedì sera per commentare l’esito delle regionali in Toscana. La vicepresidente del Movimento 5 stelle ha messo sul piatto il passo indietro dopo che, riferiscono fonti che hanno assistito allo scambio, «il clima verteva nell’autoassolutorio». Nel pomeriggio, la doccia fredda sulla discussione aperta dall’ex sindaca. «Non c’è stato nessun annuncio di dimissioni. Non ho ricevuto nulla» ha detto il presidente Giuseppe Conte. Per l’ex premier le dimissioni «non avrebbero nessuna logica perché io devo andare in votazione per il rinnovo della presidenza. Siamo tutti in scadenza, anche i vicepresidenti». Il riferimento è al rinnovo del presidente: l’unico candidato in lizza è Conte stesso, ma effettivamente la comunità Cinque stelle deve ancora esprimersi. E, di conseguenza, una volta rieletto Conte potrebbe indicare vice differenti. In area sindaca, invece, minimizzano: la vicepresidente è in carica, quindi la minaccia ha un peso reale. Il leader ieri ha potuto archiviare almeno il dossier Todde. La Corte costituzionale – secondo qualcuno con una certa benevolenza da parte dei giudici di area centrodestra – ha infatti deciso che il collegio di garanzia non poteva deliberare sulla decadenza della presidente eletta. Ma il tema dei risultati alle regionali resta. Il M5s in Toscana ha portato a casa appena il 4,4 per cento dei voti, meno del 7 per cento raccolto nel 2020 e molto meno del 15 per cento del 2015. Caso Todde, la Consulta: «Il collegio non può dichiarare la decadenza». Sul merito deciderà la Corte d’appello di Cagliari Entrambe le volte precedenti a questa i Cinque stelle correvano da soli: quest’anno, i pentastellati avevano accettato obtorto collo un’alleanza con il Pd e i centristi. L’elettorato sul territorio non ha apprezzato: una parte minima degli iscritti – appena il sessanta per cento dei votanti, la metà degli aventi diritto – ha dato il proprio via libera a sostenere Eugenio Giani, molto pochi si sono poi effettivamente recati alle urne. Come nelle Marche, l’impressione è quella che il voto sia defluito verso l’astensione, o ancora – vista l’inclinazione degli attivisti Cinque stelle sul territorio – verso la candidata di Potere al popolo, Antonella Bundu. Dopo tre anni all’opposizione, per la vicepresidente l’andazzo deve cambiare: l’ex sindaca ha chiesto che venga ridiscusso sia il versante interno, con una riconsiderazione delle priorità da tenere sui temi identitari, sia quello esterno, visto che l’alleanza nel campo progressista non sembra portare un beneficio tangibile al Movimento 5 stelle. «Anzi, finiamo per sostenere candidati che sono quanto di più lontano da noi possa esistere» è il ragionamento che filtra da chi ha avuto modo di confrontarsi con Appendino nelle ultime ore. Una sponda arriva dalla Lombardia, dove il capogruppo Nicola Di Marco indica la parabola del terzo polo lombardo, che in regione sta confluendo nella maggioranza, come monito contro possibili allargamenti del campo progressista. Il bluff di Renzi sulla lista Giani: ricostruire il centro con i voti degli altri Anche sul tema delle alleanze però, Conte ha reso pan per focaccia alla sindaca: non schiacciarsi sul Pd «è quello che stiamo facendo in ossequio al processo costituente che ha autodefinito il Movimento 5 stelle una forza progressista indipendente» ha detto ancora l’ex premier. Orizzonte Campania Anche perché il prossimo appuntamento del filotto regionali sarà cruciale per i Cinque stelle. In Campania Roberto Fico dovrà portare a casa una buona performance oltre che per la sua neonata lista personale anche per il M5s. Per ora, ha raccomandato alla politica di non perdersi in «autoreferenzialità» e agli elettori di fare uso del proprio diritto di voto. Lo spettro dell’astensionismo si aggira anche in Campania.