Cambiano le legislature e anche le regole che normano i Cinque stelle, che, lasciandosi progressivamente alle spalle l’austerità iniziale vestono sempre di più l’abito di un partito tradizionale.

Dopo la scelta di una sede prestigiosa, la costruzione di un apparato di partito, l’assunzione di consulenti – solo il contratto di Beppe Grillo costa 300mila euro l’anno – e la destinazione delle restituzioni dei parlamentari al partito, oltre che alla beneficenza, cambiano le regole anche su Tfr (la liquidazione) e indennità di carica. 

La storia del Tfr

Alla fine della XVII legislatura, quella terminata nel 2018 e la prima in cui i grillini si erano seduti sui banchi di Montecitorio e di palazzo Madama, la regola era quella di restituire l’intero importo dell’assegno di fine mandato, pari a circa 44mila euro al termine di una legislatura.

Uno dei pochi che l’aveva fatto era stato Alessandro Di Battista. L’ex parlamentare, che oggi si dedica anche alle imitazioni della cavernosa voce di Giuseppe Conte, all’epoca aveva documentato la rinuncia con una diretta video in cui annunciava alla compagna la decisione di rinunciare a una cifra simile.

Pochi mesi dopo, Luigi Di Maio, allora capo politico, aveva allentato le regole, concedendo ai parlamentari di tenere i due terzi del trattamento di fine rapporto. Una decisione che ha garantito nuovi introiti alle casse Cinque stelle anche da parte di chi in precedenza aveva rimandato il versamento. 

Oggi la direzione del partito sembra quella di concedere ai parlamentari uscenti un grosso sconto, addirittura dell’80 per cento, sulla cifra da restituire. La speranza è che anche chi non ha più ruoli nel Movimento versi questa cifra più bassa, che per chi ha completato due legislature ammonta comunque a 18mila euro, il 20 per cento di 90mila.

Tutto da vedere però, considerato anche che tanti di quelli che hanno esaurito i due mandati a disposizione hanno intrapreso altre attività, dove soldi aggiuntivi non possono che far comodo. 

L’indennità di ruolo

Giuseppe Conte e i suoi fedelissimi hanno intenzione di chiudere così la questione Tfr nella speranza di recuperare fondi da utilizzare per tutte le spese che comporta una gestione a pieno regime. Tra le altre cose serviranno soldi anche per finanziare la nuova scuola in cui secondo le indicazioni di Beppe Grillo gli ex maggiorenti con più esperienza dovrebbero ricevere uno stipendio per iniziare i novizi del parlamento.

Resta però aperta un altro tema che ha anche un peso sull’immagine del Movimento, ossia la rinuncia all’indennità di carica. Nel 2018 i vertici del Movimento e la sua comunicazione fecero pressioni perché i parlamentari che avevano ricevuto un incarico istituzionale facessero il prima possibile rinuncia pubblica all’indennità che gli spettava.

L’indennità di ruolo è denaro in più che ricevono i membri dell’ufficio di presidenza dell’aula e delle commissioni. Nel caso dei Cinque stelle, quindi, i vicepresidenti di Camera e Senato Sergio Costa e Mariolina Castellone, i segretari d’aula Gilda Sportiello, Pietro Lorefice e Roberto Traversi e il questore Filippo Scerra.

La questione riguarderà anche vicepresidenti e segretari di commissione, come Ettore Licheri, numero due in commissione Esteri-Difesa al Senato, Dolores Bevilacqua, eletta vicepresidente in commissione Politiche Ue e Gisella Natura, vicepresidente in Industria-Agricoltura.

Alla Camera, i Cinque stelle hanno ottenuto la vicepresidenza della commissione Ambiente con Patty L’Abbate, della Giustizia con Federico Cafiero de Raho, della Bilancio, affidata a Gianmauro Dell’Olio e della Finanze con Giorgio Lovecchio.

Le cifre variano: un vicepresidente di commissione accumula 6.500 euro di indennità l’anno, mentre un vicepresidente del Senato può contare su un contributo extra di 37mila euro annui. Fu questa la cifra a cui annunciò pubblicamente di rinunciare Paola Taverna, che è stata per tutta la legislatura una delle vice di Maria Elisabetta Casellati. 

All’epoca gli annunci erano spesso accompagnati dalle fotografie dei documenti in cui i parlamentari comunicavano la rinuncia ai funzionari di Camera e Senato, immagini che latitano sui profili social di chi ha assunto il ruolo, ormai tre settimane fa.

Alle domande di Domani, la risposta ricorrente è che il partito non ha ancora dato istruzioni precise: «Non rilascio dichiarazioni perché non abbiamo ancora ricevuto indicazioni su questo» dice per esempio Sportiello, segretaria d’aula a Montecitorio. Anche il suo collega Traversi spiega che si deve ancora esprimere il Comitato di garanzia, l’organo che vigila sul rispetto delle norme interne del M5s, mentre il vicepresidente ex ministro dell’Ambiente Costa, inserito nella lista dei dieci candidati selezionati di Conte, dice che «ancora non ne sa assolutamente nulla». 

Dopo la pubblicazione online di questo articolo Domani ha ricevuto risposta anche dalla vicepresidente del Senato Castellone: «Noi del Movimento continueremo a restituire stipendi e indennità». 

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