Alle 9 e mezza di mattino alla camera e a ora di pranzo al senato, le due informative del presidente Giuseppe Conte sull’ultimo Dpcm scorrerebbero via senza storia, con le opposizioni che ondeggiano fra la richiesta di essere consultate e l’attacco alle misure del governo.

Se non si trattasse di un paese che è di nuovo arrivato ai limiti della capienza delle terapie intensive, si potrebbe parlare della vecchia recita in famiglia: il premier illustra un provvedimento in vigore da lunedì e che a breve, forse fra pochi giorni, sarà sorpassato da un nuovo provvedimento. Non si vota.

Palazzo Chigi e i ministeri si preparano al lockdown: la Farnesina ha già avvertito le nostre ambasciate all’estero. Le strette annunciate da Macron in Francia e Merkel in Germania aiuteranno il premier a parlare di amara necessità. Ma per ora Conte non lo dice. Mercoledì prossimo, il 4 novembre, andrà alla camera per le sue comunicazioni «sulla situazione economica e sanitaria del paese», e stavolta sarà possibile presentare mozioni e votarle. Il contagio corre veloce. A incaricarsi di dirlo, in serata, ieri è il commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri: «La progressione dell’RT», cioè dell’indice dei contagi, «determina un raddoppio ogni settimana, questa è la cruda e drammatica realtà dei numeri».

Torniamo alla mattina, e alle camere che ancora discutono del ‘vecchio’ Dpcm. A Montecitorio Vittorio Sgarbi tenta la provocazione parlando con la mascherina sul naso ma non sulla bocca, facendo disperare il presidente Roberto Fico.

Al senato a movimentare la scena invece il capogruppo Pd Andrea Marcucci che, a un certo punto del suo intervento, deraglia. Prima di poco: «Serve una verifica sulla capacità dei ministri di gestire l’emergenza». E’ la richiesta di un rimpasto, in fondo quello che Conte si è sentito dire mercoledì sera alla riunione con i capigruppo della maggioranza. Poi prende bene la mira: «Non mi interessa sapere se il governo ha commesso errori, sicuramente ce ne sono stati su trasporti, sanità e sul fatto che si permetta di fare concorsi pubblici. Per guardare al futuro del paese ho delle richieste: di valutare, lei non altri, se i singoli ministri sono adeguati alle esigenze». Trasporti, sanità, scuola.

La lista dei bersagli

Il presidente dei senatori dem ce l’ha con la ministra delle infrastrutture Paola De Micheli, il ministro della salute Roberto Speranza e la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. Esempi non casuali: uno per forza politica (Pd, Leu, M5s), resta fuori solo Italia viva. Che secondo la versione di Renzi sarebbe sottovalutata nei pesi del governo. Peccato che Marcucci sia il capogruppo Pd. E che a suo supporto arrivi la versione proprio di Italia viva: «Tra qualche settimana la questione sarà molto secca: o si fa un Conte 3 o si fa un governo Draghi».

Ipotesi fantapolitiche, allo stato. Sia quella che riguarda l’ex presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, che si sa non interessato a palazzo Chigi. Sia quella di un Conte ter: l’attuale maggioranza sopravvive in equilibrio precario, dalla prossima «verifica» di governo – se e quando si farà, Conte l’ha promessa ma l’emergenza Covid potrebbe sconvocarla – potrà uscire al massimo a un programma di governo per la seconda parte della legislatura, con punti negoziati e calibrati con il bilancino fra le forze politiche. Peraltro i 5 stelle, anche dopo gli stati generali, resteranno il partito di maggioranza relativa, una loro scissione sarebbe una slavina sulla maggioranza.

Le opposizioni saltano sulla richiesta del «rimpastino». Il leader della Lega Matteo Salvini accenna a una vaga apertura alla collaborazione con la maggioranza, ma in realtà si diverte a sfottere i giallorossi, neanche sgranocchiasse un pacchetto di popcorn: «Renzi che ti prende a schiaffoni non è una novità, ma il Pd che chiede al governo se ci sono ministri in grado di stare al governo...».

I tormenti del Pd

Il problema è tutto nella maggioranza, anzi nel Pd. Anzi nel Pd del senato. «In una fase tanto grave per il paese parlare di rimpasti appare una cosa fuori dal mondo» avverte il vice di Marcucci Cesare Mirabelli. L’ex ministra Roberta Pinotti, per coprire lo scivolone del collega, tenta un’interpretazione ardita: «Forse il presidente Marcucci intendeva dire che ognuno di noi, anche i ministri, devono dare il meglio in questa drammatica situazione», altrimenti sarebbe «lunare porre il tema di un rimpasto di governo, con il momento che il paese sta vivendo».

Dal senato arriva la voce di una raccolta di firme per defenestrare il capogruppo dem. Ma nessuno la conferma. Certo è che ormai Marcucci non si sforza neanche di camuffare la sua vicinanza a Renzi – che è il vero mandante della richiesta di rimpasto – fino al punto ormai di viaggiare su una linea tutta sua. E tutta diversa da quella del Pd. Ogni giorno. Ieri il rimpasto, mercoledì la richiesta «comitato di salute pubblica con le opposizioni». Come mercoledì, anche ieri il Pd ha fatto circolare una smentita, cioè un’autosmentita. Insieme a qualche sospetto: «Altro che ex, Marcucci resta un renziano di ferro». Alla fine segretario Nicola Zingaretti mette una pietra tombale sulla vicenda: «Il sostegno del Pd a questo governo e ai suoi ministri è pieno e totale. Non in discussione. Posizione ribadita, tra l’altro, all’unanimità dalla direzione nazionale sul voto della mia relazione».

L’incidente potrebbe chiudersi qua. Ma la situazione nella maggioranza, e anche nel Pd, è più complicata. Mentre Marcucci parla al senato, il vicesegretario del Pd Andrea Orlando scrive un tweet al vetriolo contro la ministra Lucia Azzolina che a sua volta attacca il presidente della Puglia Michele Emiliano colpevole di aver deciso di chiudere le scuole, tranne i laboratori e la didattica speciale. La ministra si arrabbia, ma il Dpcm permette alle regioni di fare ordinanze restrittive. «I ministri che criticano l’esercizio di questi poteri evidentemente non hanno letto il dpcm o non lo condividono», scocca Orlando. E il ministro Dario Franceschini lo ritwitta, per sottolineare che è d’accordo. Quello di Marcucci è un assolo, ma in fondo racconta la situazione della maggioranza, un caos a cui il premier non è in grado di mettere ordine.

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