«Maltese ha perfettamente ragione, Conte ha messo in ginocchio il Movimento 5 stelle e ne ha ignorato i valori fondanti».

Lo sfogo di un senatore Cinque stelle non lascia spazio ad ambiguità. Nel campo dei dimaiani l’auspicio che l’ex premier, diventato capo politico dei Cinque stelle quasi un anno fa, lasci spazio ad altri e torni alla vita accademica è un desiderio inespresso.

«Conte ha dissipato l’immenso patrimonio valoriale che gli è stato consegnato» continua il senatore. Insomma, del primo Movimento resta poco e niente, anche perché il presidente «cambia idea continuamente» e «ha distrutto il brand». Insomma, del vecchio Movimento rimane poco e nulla, e anche sulle capacità di leader di Conte i dubbi restano. Da tanti viene percepito come d’impaccio alla crescita del M5s, chi apprezza la guida di Mario Draghi soffre anche la continua ricerca dello scontro con il presidente del Consiglio.

Linea verticista

L’altro rimprovero diffuso che viene mosso spesso al presidente è quello di non condividere il processo di definizione della linea con il resto del partito. C’è chi parla di «attitudine dispotica» che soffoca la vita democratica interna al partito e nel rapporto tra correnti. La mancanza di confronto dipende però anche dalla prospettiva dei parlamentari: tra otto mesi si vota, e chi compilerà le liste è ancora Conte. E di fronte a pochi posti preziosi, meglio restare in silenzio.

«In poco più di nove mesi è riuscito nell’impresa di far perdere altri punti ai pentastellati, che speravano invece di essere rinvigoriti dalla sua popolarità»: i parlamentari confermano le parole di Maltese, lamentando che il risultato dell’”effetto Conte” sui sondaggi sia stato del tutto diverso da quello che si aspettavano coloro che, con uno sforzo non indifferente, erano riusciti a convincere il professore a proporsi come presidente e a portare il fondatore Beppe Grillo a concedere il suo sostegno a quell’uomo che poche settimane prima aveva chiamato senza «visione politica né capacità manageriali». «Dopo un anno l’effetto Conte l’abbiamo visto, ed è questo: portarci al 13 per cento nei sondaggi, con tendenza ulteriormente negativa» dice un deputato. Alcuni riconducono lo scarso successo dell’avvocato foggiano alla linea contraddittoria del M5s degli ultimi tempi: «Il Movimento non lo salva neanche padre Pio» dice Emanuele Dessì, un altro senatore ex Cinque stelle, oggi membro del Pci. «Siamo in una fase pre-bellica, non è previsto in una situazione simile un leader che fa zig zag contromano in autostrada».

«Maltese è stato generoso, Conte non è un buon capo politico del Movimento ma non è stato nemmeno un buon premier» conferma il senatore Gregorio De Falco, altro ex M5s, che concorda con Dessì sul fatto che non basterebbe neanche un addio del presidente a salvare il M5s: «Serve una linea, non basta inseguire il consenso, come sta facendo Conte».

Un altro elemento controverso nel dibattito sul destino di Conte è la sua gestione dell’alleanza giallorossa. Un deputato dice che bisogna prima pensare a definire la propria identità e poi cercare punti di convergenza con il partner di campo largo. Altri vedono il rapporto con i dem come ulteriore causa dello snaturamento del Movimento 5 stelle.

Il risultato, dice Raphael Raduzzi, deputato ex Cinque stelle, oggi in Alternativa, è che «il Movimento va a reggere il moccolo del Pd nelle elezioni amministrative. Anche nelle polemiche sulle armi da spedire in ucraina, va ricordato che il M5s ha votato di fatto una delega in bianco a Draghi: i suoi distinguo sono un gioco delle parti».

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