Il rientro post Covid-19 sta mettendo a dura prova il sistema scolastico, ma a subire più disagi in questi primi giorni di lezione sono gli allievi disabili.

Il problema dell’assegnazione delle cattedre di sostegno è una questione che si ripresenta ogni settembre, ma quest’anno anche il rapporto tra ragazzo assistito e docente si complica per le norme di sicurezza sanitaria. Le nomine arrivano sempre con un certo ritardo perché i docenti specializzati in sostegno sono molto pochi rispetto al bisogno reale. Il percorso formativo è più lungo rispetto alle docenze delle altre materie. Serve infatti un tirocinio formativo attivo: questi corsi vengono gestiti dalle università, che però possono garantire pochi posti. Nell’ultimo ciclo di specializzazione, quello del 2019, i posti assegnati dal ministero alle università erano circa 14.000, «a fronte dei 70.000 da coprire», dice Raffaele Arcone, membro del Coordinamento Precari della Scuola Autoconvocati. Dopo il corso specializzante, poi, gli aspiranti docenti di sostegno devono comunque vincere un concorso: una via tutt’altro che in discesa.

Per gestire questa situazione, gli Uffici scolastici regionali attingono alle graduatorie incrociate, portando anche insegnanti di altre materie ad assistere i ragazzi disabili. Una soluzione che generalmente riesce a coprire tutti i posti vacanti, anche se le assegnazioni delle cattedre avvengono spesso dopo i primi giorni di scuola. Non sono perciò rare situazioni come quella di una scuola di Piossasco, un paese di poco meno di 20.000 abitanti nel torinese. Nella scuola secondaria di primo grado gli insegnanti di sostegno dovrebbero essere quindici, ma il primo giorno di scuola erano soltanto cinque. Anche le altre cattedre sono occupate da docenti di ruolo solo per il 50 per cento, e ancora non sono stati selezionati i docenti precari che gestiranno le altre. Così, la scuola è partita con un orario ridotto di quattro ore giornaliere invece di sei. «Questa situazione ci porta a dover privilegiare le disabilità gravi, mentre in questo momento non riusciamo a seguire con continuità i ragazzi che soffrono di problemi cognitivi e borderline», dice Giuseppe Giunta, 38 anni, docente di sostegno dell’istituto, che in tutto raccoglie 940 allievi.

Le chiamate per riempire le caselle vacanti, anche quelli dei docenti di sostegno, inizieranno domani «e speriamo che qualcuno arrivi già in settimana». Per il momento non ci sono conseguenze concrete dalle nuove regole sanitarie sull’attività coi ragazzi, ma bisognerà vedere come andrà la didattica nei prossimi giorni. «Con i ragazzi tocchiamo spesso gli stessi oggetti: ora dovremo sanificarli ogni volta. Il nostro rapporto sarà rallentato dalle nuove norme, così come tutta la didattica, ma non se ne può fare a meno», dice Giunta. Aiutare l’alunno a seguire la lezione, ma anche portargli la cartella e accompagnarlo da una classe all’altra è indispensabile per mantenerlo agganciato ai compagni.

Anche al Liceo San Giovanni Bosco, a Colle Val d’Elsa, l’organico non è completo. Rispetto ai sedici docenti che dovrebbero essere impiegati a regime, ce ne sono in servizio soltanto otto. Quelli già sul posto devono concentrarsi sui casi più gravi che richiedono maggiori attenzioni: «Eravamo preoccupati che dopo tutti questi mesi il nostro rapporto si fosse deteriorato, ma abbiamo visto i ragazzi felici di tornare, come se non avessero mai lasciato la scuola», dice Isabella Pagliarin, insegnante di sostegno nell’istituto.

Un rientro molto atteso anche dai genitori dei ragazzi: «dopo il lockdown, in cui abbiamo seguito la bambina da soli, sono esausto, spero tanto che mia figlia riesca ad andare a scuola tranquilla», dice M.D., padre di un’alunna disabile di una scuola media romana.

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