Mancini (Pd): «Riforma elettorale, l’idea di Meloni è una legge-truffa»

Non se ne parla ma non è un segreto. A palazzo circolano le bozze di una nuova legge elettorale. Giorgia Meloni punta a farla approvare dopo il referendum sulla giustizia. Chiediamo lumi a Claudio Mancini, deputato Pd. «Non credo che la destra possa pensare di fare un secondo referendum costituzionale sul premierato», è la premessa, «L’impressione è che l’insistenza che pongono sul premierato serva a preparare il terreno per la legge elettorale, che sarà di fatto presidenzialista. Ne hanno anticipato i contenuti a mezzo stampa e in Parlamento tutti sanno che le bozze sono pronte». Meloni la farà approvare? Hanno la maggioranza, ma si sa che la riforma elettorale è esposta a molti voti segreti: possono riservare sorprese. Le opposizioni saranno contrarie alla modifica con premio di maggioranza, liste bloccate e indicazione del premier che rischia di esautorare il ruolo del parlamento. Per loro non sarà una passeggiata. Faremo una battaglia chiara nel Paese per spiegare questa legge-truffa, che non ha nessun effetto sulla stabilità. Al Senato il premio rimarrebbe su base regionale non garantendo una maggioranza certa. La truffa è quindi nel prospettare una maggioranza assoluta alle Camere con appena il 40 per cento dei voti. Vogliono solo avere, se vincono, più grandi elettori al momento dell’elezione del Presidente della Repubblica. Meloni è nervosa, ma nessuno sa approfittarne Dite no anche l'indicazione del premier nella scheda? La personalizzazione ha già indebolito il ruolo dei partiti, che sono sempre meno strumenti di organizzazione della democrazia e sempre più comitati di supporto al candidato. L’indicazione diretta del candidato premier sarebbe un altro passo verso un presidenzialismo di fatto. Il ruolo del Presidente della Repubblica diventerebbe solo formale, il premier dirà "mi ha eletto il popolo". Cosa non vera, solo verosimile. Peraltro con l’affluenza così bassa che registriamo in questi anni, si può avere la maggioranza assoluta del parlamento prendendo il 40 per cento del 50 per cento dei cittadini che votano. Quindi, in realtà, con il voto del 20 per cento degli italiani si arriverebbe a controllare il parlamento e a eleggere da soli il presidente della Repubblica. Né ci consola l’idea che potrebbe toccare a noi vincere. Quando si indeboliscono le istituzioni si avvantaggia sempre il campo reazionario e conservatore. Meloni vuole abolire i collegi. Perché teme che Pd e M5s uniti battano la destra? Il campo democratico e progressista, che si sta definendo nelle regionali e all’opposizione in parlamento, è molto più competitivo rispetto alle scorse elezioni. Non per questo Meloni può prendere il pallone e portarselo a casa. Difendere l’unità della giustizia significa proteggere tutti noi Ma nelle opposizioni qualcuno è tentato da questa riforma? Sbaglierebbe chi fosse disponibile ad assecondare il disegno di comando della destra sulle istituzioni in cambio di un proprio vantaggio, come l’abbassamento dello sbarramento dal 4 al 3 per cento. Quanto a noi, nessuno pensa di fare intelligenza con la destra. Sarebbe incredibile. Ogni retroscena è sempre stato smentito. E né Forza Italia né la Lega hanno interesse a una legge che consenta a FdI, con il traino di Meloni candidata Premier, di fare il pieno dei voti. Fi e Lega sono abbastanza forti per questa battaglia? Senza di loro la legge non passa. E non vedo la ragione perché dovrebbero favorirla. Ma questi sono fatti della destra. Noi faremo una campagna contro questa legge-truffa e ne avremo un vantaggio politico. C’è una larga parte della società che teme una riduzione degli spazi di libertà economica e sociale ed è la stessa che comprenderà come questo sia un disegno più ampio di compressione della democrazia. Per questo, se necessario ci sdraieremo sui banchi del parlamento per fermarli. In caso contrario il centrosinistra dovrà affrontare il tema della premiership. La questione esiste con qualsiasi legge elettorale. Nel 1996 c’era il Mattarellum che non prevedeva l'indicazione del candidato premier. Ma tutti sapevano che Prodi. Contro i trucchi della destra, il campo largo punti sulle primarie Nel 2027 dovrete trovare una strada perché tutti sappiano qual è il premier indicato? Noi non dobbiamo cedere alla personalizzazione della politica, è il terreno nel quale prevale la destra. Se non siamo subalterni e stiamo al dettato costituzionale, il problema non è l'indicazione del premier, ma il programma e lo schieramento. Poi le forze politiche si misureranno con gli elettori. Lo Statuto Pd prevede che il candidato premier sia il segretario. Se non cambia la legge, candidereste la segretaria? Lo Statuto del Pd del Lingotto era pensato in una chiave di bipolarismo che diventava bipartitismo. Ma quel modello oggi non c'è più, inutile rimpiangerlo. Abbiamo due possibilità: o che ogni partito della coalizione corra per sé, indicando il proprio leader come candidato premier, o che si indichi comunemente una proposta al paese.