«La morte di Papa Francesco ha scosso la città, per questo il 21 aprile, appena appresa la notizia, abbiamo annullato la festa del Natale di Roma». Massimiliano Smeriglio, assessore alla cultura di Roma, fa il punto delle imminenti celebrazioni per l’80esimo della Liberazione. Nella Capitale, il Campidoglio ha organizzato la terza edizione della Festa della Resistenza. Dal 25 al 27 aprile, tre giorni di maratona di storici, scrittori, attori, gruppi musicali, nelle piazze di San Lorenzo, quartiere del bombardamento del ‘43. Le iniziative del 25 sono ad ora confermate, quelle del 26 rispetteranno una pausa durante il funerale di Francesco. «Faremo un punto nelle prossime ore. Siamo certi che il governo ci metterà in condizione di onorare un anniversario così solenne e importante per la Repubblica», spiega, «In ogni caso conterranno anche il segno di un saluto e di rispetto verso il Papa, che era un amico dei popoli, degli ultimi, dei migranti, dei movimenti sociali. Che non ha mai smesso di gridare contro l’orrore della guerra. Un Papa amico di Roma, delle sue borgate e periferie».

Il 25 aprile a destra è vissuto come “divisivo”. Lo sarà anche in questa circostanza così particolare?

La Liberazione è il contrario di una festa divisiva. È divisiva solo per i fascisti, quelli veri. Noi celebriamo il capolavoro del Comitato di liberazione nazionale, che era composto da liberali, monarchici, democristiani, azionisti, socialisti, e comunisti, che dal 1943 si sono uniti intorno all'idea di patria, e hanno messo in campo una proposta politica e militare in grado di contrastare l'occupante nazista, aiutato dai collaborazionisti fascisti. Quindi, a parte qualche minoritario di estrema destra, il 25 aprile dovrebbe essere unitario per tutti.

Non solo l’estrema destra. La premier non dice la parola antifascista.

La Costituzione è antifascista, i ministri e la presidente hanno giurato sulla Costituzione. Hanno il dovere, la responsabilità e spero anche il piacere di attuarla.

Oggi per molti la parola antifascismo non dice un granché. Perché?

La parola antifascismo è nobilissima ma a volte, a sinistra, l’abbiamo utilizzata a sproposito, come elemento di campagna elettorale. Usarla in termini di egemonia culturale prima che di contesa è fondamentale per ridargli la dignità che merita. Antifascismo è consapevolezza e partecipazione. Dobbiamo recuperare la pluralità delle forze che hanno costruito il fronte antifascista in tutta Europa, ricordando appunto il Cln. La mia generazione ha imparato la parola partecipazione dall'idea del governo “promotore” del primo Lula, dalla stagione dei social forum e di Porto Alegre. È l'idea di una democrazia sostanziale, partecipata appunto. Se la democrazia diventa un esercizio formale vuol dire che è in pericolo.

In tutta Europa crescono partiti che si ispirano alle dittature del 900. Un dato che cambia questo 25 aprile?

C'è un vento di estrema destra, nazionalista, guerrafondaia, razzista, omofobica che ha una presa su un pezzo di popolo. È una conseguenza anche del fallimento della stagione della tecnocrazia progressista che ha diretto la globalizzazione neoliberale e la sua crisi. In troppi, che vivono di salario, precarietà esistenziale e pensione, si sono impoveriti, e questo gonfia le vele dell’estrema destra. Che si nutre di capri espiatori, per lo più i migranti. Ma nelle formazioni populiste, le carte le danno gli oligarchi, sia quelli russi sia quelli che agiscono accanto a Trump, che lavorano per impoverire ulteriormente le persone, e isolarle. Sta qui lo spazio di azione per una ripresa democratica e progressista. È l’idea che sta al fondo della festa della Liberazione romana. Fare comunità solidale, stare insieme fisicamente, oltre i social. Per Musk stare insieme non è conveniente, per noi è vitale.

Che significa, in concreto?

Che non useremo solo linguaggi di élite, lontani dalla dimensione popolare. Ci sono cantanti che parlano alla scena under 30 come Francamente, Motta. Certo, ci saranno anche storici, giornalisti, scrittori. Ma il populismo si batte con una nuova vocazione popolare. E l'identità dei quartieri, delle borgate, della città riguarda la loro valorizzazione, non va lasciata all'estrema destra.

Patria, identità sono pilastri culturali della destra.

No, hanno un significato inclusivo, ce lo hanno insegnato le Brigate Garibaldi e i Gap. Aggiungo che il concetto di cittadinanza romana è un’idea inclusiva e attuale: un meccanismo che permetteva a un abitante della Spagna o della Libia di diventare imperatore romano. Sfidiamo la destra sui concetti di patria, identità, autonomia, indipendenza, sovranità e cittadinanza. Se lo hanno fatto i romani duemila anni fa, possiamo farlo anche noi. In attesa di norme nazionali più civili, Roma continua a lavorare sul concetto di città inclusiva: per storia ha la vocazione di parlare al mondo, per posizione geografica al Mediterraneo. Un patrimonio a disposizione di processi di diplomazia dal basso, di incontro fra quelli che in Europa, nel Mediterraneo e nel Medio Oriente si combattono.

A Roma il corteo del 25 aprile di nuovo non sarà unitario, la comunità ebraica non partecipa al corteo. Una divisione ormai di anni, infiammata oggi dalla tragedia di Gaza.

La manifestazione non la organizza il Campidoglio, è quella tradizionalmente promossa dall’Anpi. E tutti dovremmo accogliere l’invito all’unità antifascista dell’Anpi. È troppo importante realizzare una manifestazione popolare contro il fascismo di ieri e di oggi. Rovinarla sarebbe una responsabilità enorme per chiunque. Tanto più nei giorni in cui la città accoglie chi viene a rendere omaggio a Francesco. Ma sono convinto che prevarrà il buon senso da tutte le parti. Non è interesse di nessuno fare un favore a chi vuole sporcare i valori del 25 aprile. Investire su ciò che unisce e non su quello che divide è la lezione migliore dei padri e delle madri della Costituzione repubblicana. Democratica e, appunto, antifascista.

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