- Il colloquio tra il capo dello stato e il premier alla vigilia del confronto in parlamento è stato il passaggio cruciale di una manovra che, tra appelli e mediazioni con i partiti, sta disinnescando la crisi aperta dal M5s.
- È successo quello che il Colle prevedeva: sono piovuti gli appelli di mezzo paese, quelli internazionali, sindaci, presidenti di regione – tutti tranne l’unico di Fratelli d’Italia.
- Per la Lega una delle condizioni per votare la fiducia è la «discontinuità»: nella maggioranza non ci deve essere il M5s. E, al netto del gioco al rialzo di Salvini, la soluzione della crisi si potrebbe avviare in quella direzione.
Una schiarita, a inizio giornata, arriva dal colloquio fra Sergio Mattarella e Mario Draghi. Il presidente del Consiglio lascia intravedere lo spiraglio per un suo ripensamento. Quello su cui il presidente della Repubblica contava, nei cinque giorni di decantazione che, su sua iniziativa, hanno separato la sera in cui ha respinto le dimissioni di Draghi, il 15 luglio, e la giornata del suo ritorno alle camere, oggi. È successo quello che il Colle prevedeva: sono piovuti gli appelli di mezzo



