Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è recato a Palermo in occasione dell’anniversario delle stragi di Capaci e di Via d’Amelio, nel giorno in cui ricorrono in 29 anni dall’uccisione del giudice Giovanni Falcone. Ha scelto la cerimonia nell’Aula Bunker del carcere dell'Ucciardone, quella del maxi processo, per mettere in guardia: «La mafia, lo sappiamo, esiste tuttora. Non è stata ancora definitivamente sconfitta. Estende i suoi tentacoli nefasti in attività illecite e insidiose anche a livello internazionale. Per questo è necessario tenere sempre la guardia alta e l’attenzione vigile da parte di tutte le forze dello Stato» e non solo, ha chiesto che la magistratura superi le polemiche interne e sia credibile, infine ha dettato la linea politica: bisogna fare la riforma della giustizia.

La cerimonia

Alla cerimonia di Palermo erano presenti Maria Falcone, sorella del giudice scomparso e presidente della Fondazione Falcone, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese e quella della Giustizia Marta Cartabia; Lamberto Giannini, Capo della Polizia-Direttore generale della pubblica sicurezza e Patrizio Bianchi, ministro dell’istruzione. «L’onda di sdegno e di commozione generale – ha detti il presidente della Repubblica -, suscitata dai gravissimi attentati a Falcone e a Borsellino, il grido di dolore e di protesta che si è levato dagli italiani liberi e onesti è diventato movimento, passione, azione». Per Mattarella «hanno messo radici solide nella società». Per il presidente della Repubblica «la condanna popolare, ampia e possente, ha respinto con efficacia, in modo chiaro, corale e diffuso, i crimini, gli uomini, i metodi, l’esistenza della mafia» perché «la mafia teme, certamente, le sentenze dei tribunali. Ma vede come un grave pericolo per la sua stessa esistenza la condanna da parte degli uomini liberi e coraggiosi». Ha ricordato che le persone che hanno perso la vita per combattere la mafia sono state moltissime: «Il loro numero è impressionante, una lista interminabile», furono uccisi non solo per la loro azione antimafia: «Li assassinò anche perché erano simboli di legalità, di intransigenza, di coraggio, di determinazione».

La magistratura

Mattarella, dopo lo scandalo Palamara e le liti del caso Ungheria, ha richiamato all’ordine la magistratura: «Se la magistratura perdesse credibilità agli occhi della pubblica opinione, s’indebolirebbe anche la lotta al crimine e alla mafia». E ha avvertito: «In direzione contraria sentimenti di contrapposizione, contese, divisioni, polemiche all’interno della magistratura, minano il prestigio e l’autorevolezza dell’Ordine Giudiziario. Questi devono risiedere nella coscienza dei cittadini». Poi ha aggiunto: «Anche il solo dubbio che la giustizia possa non essere, sempre, esercitata esclusivamente in base alla legge provoca turbamento».

Ha concluso: «La credibilità della magistratura e la sua capacità di riscuotere fiducia sono imprescindibili per il funzionamento del sistema costituzionale e per il positivo svolgimento della vita della Repubblica».

La riforma della giustizia

L’intervento del Quirinale non è stato solo commemorativo e di indirizzo per la magistratura, al termine è arrivata anche la parentesi politica. La settimana scorsa il leader della Lega Matteo Salvini si è detto scettico sulla possibilità che il governo guidato da Mario Draghi possa sobbarcarsi le riforme del fisco e della magistratura. Prima d concludere sui giovani e l’importanza che rivestono come «voce della civiltà e della storia», è arrivata la decisa esortazione di Mattarella: «Si affrontino sollecitamente e in maniera incisiva i progetti di riforma nelle sedi cui questo compito è affidato dalla Costituzione».

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