Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non risponde a margine, non interviene nella tv italiana se non il 31 dicembre per il discorso di fine anno quando trasmette dal Quirinale alla Rai, e riempie i social di interventi ufficiali densi di esortazioni che i giornalisti decifrano come aruspici pronti a scandagliare prodigi. Eppure ogni tanto nei passati sei anni ha concesso interviste per gli eventi speciali: come oggi, per i settecento anni dalla morte di Dante (14 settembre 1321), e il “Dantedì” fissato nella data in cui il sommo poeta avrebbe avviato l’inizio del suo viaggio nell’aldilà della Divina Commedia, il 25 marzo del 1300.

L’Inferno e la pandemia

«Non so quanto possiamo paragonare la pandemia all’Inferno dantesco. Certo, alcune scene drammatiche che abbiamo visto e vissuto, come la fila di camion con le bare in partenza da Bergamo, avrebbero bisogno della sua immensa capacità descrittiva» dice Mattarella al Corriere della sera. A oltre un anno di Covid-19, il presidente della Repubblica è stato interrogato sull’analogia tra Commedia e virus. «Esulando per un attimo da Dante, ribadisco che in questa emergenza abbiamo tutti riscoperto, al di là di tanti e ingiusti luoghi comuni, il grande patrimonio di virtù civiche — solidarietà, altruismo, abnegazione — che appartiene da sempre alla nostra gente».

Stati Uniti, Russia e crisi diplomatiche

Se Mattarella finora ha centellinato ha avuto sempre i suoi buoni motivi. «Sono a Roma per una rara intervista con il Presidente della Repubblica italiano», ha twittato nel 2015 la celebre giornalista dell’emittente statunitense Christiane Amanpour. L’evento è stato ampiamente fotograto. Tra i temi la Libia e la Tunisia, per parlare dell’attentato che era costato la vita a quattro italiani. Quell’intervista è stata la sua prima in assoluto da presidente della Repubblica.

A ottobre è arrivata quella con la Russia, all’agenzia di stampa Itar-Tass, sulla recente visita di Putin: «Ho molto apprezzato che Putin abbia deciso di venire a Roma». Il presidente ha quindi espresso volontà di mantenere «collaborazione e relazioni amichevoli» per superare «le difficoltà che impediscono che si possa dispiegare a pieno la nostra collaborazione».

Forse l’intervento più “pesante” però è stata l’intervista dopo la crisi diplomatica con la Francia. Nel 2019 il presidente della Repubblica sarebbe intervenuto personalmente dopo che Macron aveva deciso di ritirare l’ambasciatore. A seguito delle accuse di colonialismo del Movimento 5 stelle e la decisione del ministro degli Esteri Luigi Di Maio di incontrare i gilet gialli che protestavano contro Macron, più le frasi furenti dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini sulla gestione dei migranti, la Francia aveva rotto con l’Italia, parlando di «attacchi senza precedenti». Il presidente della Repubblica, dopo aver accettato un invito in Francia e aver riaccolto l’ambasciatore a febbraio, due mesi dopo aveva deciso di farsi intervistare a scanso di equivoci: «Francia-Italia: una relazione indistruttibile» aveva titolato Politique Internationale.

l’Italia e l’empireo

Allo stesso modo, Mattarella ha fatto sentire il suo supporto dialogante anche per le tappe rilevanti della vita italiana, il tutto dosato in un numero che non supera le dita di una mano. Dall’intervista al Messaggero (“il quotidiano di Roma”) per l’avvio del Giubileo, a quella al Corriere della Sera sull’Expo di Milano, i cento anni dalla fine della Grande Guerra (dal titolo “L’amor di patria non è nazionalismo estremo”) e il settantesimo anniversario della Repubblica Italiana (“Il 2 giugno, un’Italia migliore”), Mattarella c’è. Addirittura come intervistatore. È stata infatti definita “un’intervista” la conversazione di Mattarella con “Astrosamanta” (l’astronauta Samantha Cristoforetti) del 2015. Mattarella dalla sede di Parigi dell’Agenzia Spaziale Europea, Cristoforetti, l’italiana a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Fece domande sul suo lavoro. Ma anche personali: «Ha mai incontrato nella sua carriera ostacoli e difficoltà nell’esser donna?».

Adesso che l’Italia è attraversata dalla crisi epidemiologica ed economica, l’anniversario dantesco è l’occasione scelta per ribadire su cosa deve puntare l’Italia: dal valore delle donne al meridionalismo ispirato al riconoscimento di Dante «della scuola siciliana», alla solidarietà. Il poeta, ha detto, ha lasciato un insegnamento e un esempio che «vale per chi è impegnato in politica, ma vale per tutti: la sua coerenza». Dinanzi al giornalista che gli ha chiesto di paragonare l’Italia di oggi al Medioevo in cui ha vissuto il poeta, Mattarella ha bocciato il tentativo di sovrainterpretazione. Ammirazione sì, pessimismo per traslato no: «Devo dirle che non mi ha mai convinto il tentativo di attualizzare personaggi ed epoche storiche diverse. Eviterei, quindi, analogie tra l’Italia di Dante, uomo del Medioevo, e l’Italia di oggi. Ci separano settecento anni, un tempo incommensurabile». Poi la conclusione: «Dante è mosso dalla convinzione, altamente morale, che andare contro la propria coscienza renderebbe effimero il risultato eventualmente ottenuto». E più non dimandare, direbbe il sommo.

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