Qualcuno ha visto Matteo Renzi alle elezioni amministrative? Era partito gagliardo, il leader di Italia Viva, ammesso che il partito esista ancora. Voleva far saltare il Pd dall’interno, sfidandolo nella sua tana, cioè a Bologna, con la candidatura di Isabella Conti contro il predestinato Matteo Lepore. Conti ha perso le primarie, i dirigenti del Pd che l’avevano appoggiata sono finiti in disgrazia, il sostegno della sua lista a Lepore, vista l’entità della vittoria (oltre il 60 per cento) è stato irrilevante.

Non solo: forte del risultato delle amministrative, il segretario del Pd Enrico Letta avrà ora la forza per ridimensionare la fronda renziana sopravvissuta all’interno del partito e arginare la scalata esterna del candidato al centro dei disegni renziani, cioè Stefano Bonaccini.

Spostarsi al centro

A Roma Carlo Calenda si è candidato sindaco con l’appoggio di Italia viva, partito di cui fa parte anche Roberto Giachetti, che alle scorse elezioni del 2016 era stato il candidato sindaco di tutto il centrosinistra. Ma Calenda, saggiamente, ha scelto di presentarsi alla guida di una lista civica che nascondeva i nomi dei partiti sostenitori e, in particolare, quello di Italia viva. Matteo Renzi non è mai stato avvistato in alcun comizio o iniziativa pubblica, al massimo si è intravisto Luciano Nobili, altro membro residuo di Italia viva.

La convinzione renziana che il Pd debba spostarsi al centro e che sia radicalmente alternativo ai Cinque stelle è ormai superata dai fatti e dai numeri. Per il centrosinistra non c’è alternativa che quella coabitazione forzata.

Nell’ipotesi, da dimostrare, che la crisi dei sovranismi di destra apra uno spazio al centro, Carlo Calenda è un nome più credibile per provare a riempirlo, perché ormai Renzi può vantare soltanto percentuali simboliche, mentre Calenda porta in dote al suo partito Azione un risultato di Roma che sfiora il 20 per cento. 

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