Sembrava un luogo periferico nella geografia del potere meloniano. Il ministero della Cultura doveva essere solo una vetrina per la destra desiderosa di scardinare l’egemonia culturale della sinistra. Ma Gennaro Sangiuliano, al quale era stata affidata la missione, è naufragato sull’affaire-Boccia. E oggi il dicastero di via del Collegio romano è diventato un girone dantesco. Che crea grattacapi in serie a Giorgia Meloni.

La lista dei problemi è grande: il cinema chiede aiuto mentre il ministro, Alessandro Giuli, se la prende con attori e registi; l’editoria chiede lumi sulla carta dei giovani, per contrastare il declino di un comparto in affanno; quello dei teatri è un settore in cui il sottosegretario Gianmarco Mazzi si muove in versione pigliatutto, alimentando malumori e aprendo un altro fronte nello scontro tra Fratelli d’Italia e Lega.

Il sottosegretario meloniano sta facendo incetta di fedelissimi alla guida delle fondazioni lirico-sinfoniche. Verona è il suo feudo da anni, con il controllo dell’Arena. Ora la campagna di conquista si sta allargando all’Italia, isole comprese. Il tutto senza passare per il ministro Giuli, né tantomeno avviare processi di concertazione con gli altri azionisti della maggioranza, Lega in testa. Mazzi è l’unico che sta uscendo indenne dalle bufere che si abbattono sul Mic.

La battaglia campale è la conquista del teatro San Carlo di Napoli. Il sottosegretario vuole che il sovrintendente sia Fulvio Macciardi, fino a poche settimane fa alla guida del teatro comunale di Bologna. Ma c’è qualcosa che non va e lui, con un certo nervosismo, si è scagliato contro il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, accusandolo di procedere a rilento. «È urgente la ricostituzione del Consiglio d’indirizzo, scaduto lo scorso 30 aprile», ha detto, scatenando la replica piccata del primo cittadino: «Tocca al ministero procedere con la nomina». Sabato Manfredi ha comunque messo un paletto: «Il nuovo soprintendente dovrà continuare il percorso di crescita ed essere soprattutto in grande sintonia con il territorio e con le istituzioni del territorio».

Visto che espugnare Napoli si sta rivelando impresa faticosa, il sottosegretario tiene in caldo per Macciardi il teatro Lirico di Cagliari. La casella di sovrintendente è vuota, sono in corso le audizioni. Lunedì scorso Mazzi ha voluto incontrare a Roma il sindaco della città, Massimo Zedda, per trovare un accordo sulla nomina. Zedda è arrivato nella capitale per ascoltare il sottosegretario, riservandosi le valutazioni. In pole position è balzato Alberto Triola, già sovrintendente della fondazione Toscanini di Parma, davanti ad Antonino Marcellino. Entrambi nomi di Mazzi.

Ma Cagliari resta il piano B nel caso fallisse l’assalto al San Carlo. La decisione sarà presa nei prossimi giorni. Proprio Macciardi ha fatto slittare la selezione di qualche giorno: non avrebbe ricevuto la comunicazione di convocazione per l’audizione, che è stata perciò riprogrammata a inizio settimana.

Mani sui festival

Le caselle occupate nei teatri più prestigiosi fanno il paio con la conquista dei festival più rilevanti della penisola. Cambia lo scenario, lo spartito è immutato: la collocazione di figure vicine. Al Festival dei due mondi di Spoleto, in Umbria, è in corso l’operazione di riscrittura della governance. È in lavorazione un nuovo statuto. L’obiettivo è di introdurre la figura del sovrintendente per indicare una persona gradita a Mazzi.

Nell’attesa di completare la nuova governance, al festival è stata occupata una postazione fondamentale: Daniele Cipriani, vicino a FdI e a Meloni in persona, è diventato il direttore artistico.

Era in predicato di finire al Festival di Nervi, poi è arrivata una proposta più ghiotta con la benedizione di Mazzi. La ramificazione negli eventi non guarda solo agli incarichi di vertice e arriva fino alla fondazione del Ravello festival, in provincia di Salerno.

A guidare le strategie di marketing e di fundraising è da poco arrivata la società Esserci Lab, che fa riferimento dall’attuale capo del marketing della fondazione dell’Arena, Andrea Compagnucci, che il sottosegretario stima molto avendolo conosciuto proprio a Verona. La Esserci Lab, guidata da Sara Francia, moglie di Compagnucci (che è comunque socio), è stata – come raccontato da Domani – già beneficiaria di un appalto per il 2025 da 10mila euro da Anfols, le associazioni delle fondazioni lirico sinfoniche, con esplicita sollecitazione di Mazzi e su proposta del presidente Macciardi.

La fondazione Ravello ha dato ad aprile un affidamento diretto da 139mila euro alla società. Di recente la Esserci Lab ha portato a casa un contratto da 60mila euro con l’Accademia Santa Cecilia di Roma. Nelle conversazioni coi colleghi il consulente-imprenditore ha tenuto a spiegare che la politica e il lavoro sono due cose distinte, rivendicando la bontà della sua attività che lo ha portato al riconoscimento delle riviste di settore.

La crescita di Esserci Lab dalla presa di potere di Mazzi al Mic è un fatto acclarato. Sono moltiplicati gli introiti attraverso enti pubblici. Nel 2024 la società di Compagnucci ha ottenuto un contratto dal teatro comunale di Bologna di 137mila euro durante la guida-Macciardi. A chiudere il cerchio c’è la comunicazione, che vede in rampa di lancio un altro nome: Floriana Tessitore. Secondo indiscrezioni sarebbe in predicato di diventare la numero uno della comunicazione al teatro Carlo Felice di Genova, dove è approdato alla guida Michele Galli, sponsorizzato da Mazzi.

Tessitore ha poi ricevuto un incarico, come la Esserci Lab, dalla fondazione di Ravello. Operazioni in serie che dentro la Lega creano dissapori, visto che qualche contentino a Forza Italia è arrivato. Al teatro Massimo di Palermo è stato nominato direttore artistico, Alvise Casellati, figlio della ministra delle Riforme ed ex presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati.

E se sui teatri il malumore nella maggioranza è alimentato dallo strapotere di Mazzi, nelle sale cinematografiche è calato il buio fitto tra faide interne al ministero e attacchi agli artisti “avversari”.

Liti cinematografiche

L’offensiva per sfilare i poteri sull’audiovisivo alla sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni è partita da tempo. Un segnale era arrivato con il disegno di legge presentato dal capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, sull’istituzione di un ministero per il Cinema.

Iniziativa nata da un big del centrodestra e condotta in parallelo alla proposta depositata dal Pd alla Camera, con la prima firma della segretaria Elly Schlein, per la creazione di un’agenzia per il Cinema. Strumenti con nomi diversi ma con un comune obiettivo: sfilare il controllo dalle mani di Borgonzoni. Tanto che, risulta a Domani, c’è stato un confronto tra forze di maggioranza e opposizione per arrivare a un’intesa.

Al ministero, nel frattempo, il clima si è arroventato. C’è stato il deterioramento dei rapporti tra Giuli e Borgonzoni, culminato nel siluramento della sottosegretaria dal tavolo di settore previsto per il 6 giugno. Il ministro vuole avocare a sé il dossier e creare un rapporto personale con gli interlocutori.

La decisione è maturata dopo che i due hanno avuto più di un «acceso confronto» (copyright fonti ministeriali) a distanza nelle scorse settimane. Arianna Meloni, plenipotenziaria di Fratelli d’Italia, è stata informata dei fatti e ha chiesto di mediare, visto che Borgonzoni ha avvisato Matteo Salvini con il rischio di creare un incidente politico. Era stato proposto un incontro chiarificatore che non si è mai concretizzato. Giuli ha addotto motivi di agenda, provocando l’irritazione della sottosegretaria. Tra un rinvio e l’altro, il faccia a faccia non c’è stato. L’affondo della leghista, con un’intervista a Libero in cui chiedeva maggiori poteri alla direzione audiovisivo, ha fatto il resto.

Secondo i ragionamenti dell’inner circle del ministro, non è all’orizzonte alcuna distensione dei rapporti. E c’è infine l’editoria, il mondo del libro, che attende risposte. La riforma della 18 app, la carta dei giovani per la cultura, non ha convinto il settore. Agli atti, tanto per cambiare, resta uno scontro: quello con il Salone del libro di Torino per cui Giuli vorrebbe raddoppiare il sostegno economico arrivando al mezzo milione di euro. Ma con un sospetto: aumentare il controllo politico sulla manifestazione. Aprendo l’ennesimo fronte nel Vietnam della cultura all’epoca di Meloni.

© Riproduzione riservata