L’incarico alla fondazione lirica di Genova fa esplodere le tensioni. La furia della Lega. Nella nota ammessa l’imposizione del ministero. «Violato l’iter previsto dallo statuto»
Un caos completo. La nomina di Michele Galli alla sovrintendenza del teatro Carlo Felice di Genova, caldeggiata dal sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi, è stata l’innesco decisivo.
I motivi sono diversi. Prima di tutto per quanto riguarda la correttezza della procedura. Potrebbe esserci stata infatti una violazione dello statuto.
Ma le conseguenze sono anche politiche con uno scontro duro.
In questo senso il pericolo è maggiore: il sottosegretario Mazzi, l’uomo delle nomine di Fratelli d’Italia per le fondazioni lirico sinfoniche, ha forzato la mano.
Sono state scavalcate la Lega, che a questi tavoli è rappresentata dal sottosegretario all’Economia, Federico Freni, e Forza Italia, che sul tema si affida esclusivamente agli amministratori locali.
Al teatro Massimo di Palermo infatti è stato confermato Marco Betta, gradito al presidente della regione, il forzista Renato Schifani, in asse con il sindaco palermitano, Roberto Lagalla.
Operazione Genova
A Genova gli alleati di FdI si sono trovati davanti alla nomina di Galli già confezionata. Bypassando addirittura nella trattativa il ministro della Cultura, Alessandro Giuli.
L’ex direttore del Maxxi, del resto, ha affidato tutto il dossier al sottosegretario con il patto di garantire la pax negli uffici del Collegio Romano.
Il sottosegretario alla Cultura, secondo quanto risulta a Domani, ha avocato a sé il dossier delle nomine, come quella fatta nel teatro del capoluogo ligure.
Ha avviato un confronto direttamente con il sindaco reggente (il comune andrà alle urne in primavera dopo l’elezione di Marco Bucci alla regione Liguria), Pietro Piciocchi, indicando come nome prescelto quello di Galli, direttore generale del teatro di Pisa.
Galli è chiamato per la prima volta a una sfida così ambiziosa, in precedenza era stato dirigente al teatro comunale di Bologna e in altri enti. Un profilo che Mazzi conosce e stima molto.
Sul termometro delle tensioni, però, la temperatura è aumentata. La voce degli strappi è arrivata fino ai vertici di Lega e FI.
Il vicepremier leghista, Matteo Salvini, ha dato ordine di fare di tutto per pretendere un incontro al ministero della Cultura e ripristinare un metodo condiviso sulla ripartizione degli incarichi nell’ambito della Cultura.
Alla Lega sono state lasciate le briciole con teatri minori. C’ è un’irritazione malcelata tra i leghisti.
Nei prossimi giorni, dopo gli impegni legati ai funerali di Papa Francesco, ci dovrebbe essere un incontro chiarificatore tra gli alleati. C’è ancora un po’ di tempo, anche perché non sono previste altre nomine.
Ammissione di forzatura
Il pasticcio genovese è su più livelli. A cominciare da quello legale.
La nota che ha annunciato la nomina di Galli al teatro Carlo Felice ammette, nei fatti, il mancato rispetto dell’iter previsto e allo stesso tempo avalla il ruolo predominante del Mic nell’operazione. A dispetto del confronto di prassi con gli enti locali.
«Il nuovo consiglio d’indirizzo, presieduto da Pietro Piciocchi, nella sua veste di facente funzioni sindaco e composto da Mario Menini, Fabrizio Callai, Enrico Musso, ha recepito l’indicazione del ministero della Cultura e ha scelto come nuovo sovrintendente del Teatro Michele Galli, attuale direttore generale della Fondazione Teatro di Pisa», si legge nella nota.
La formula «ha recepito l’indicazione del ministero della Cultura» ha fatto saltare dalla sedia un po’ tutti.
L’articolo 10 dello statuto, che si rifà alla legge sulle fondazioni lirico sinfoniche, prescrive che il sovrintendente sia nominato «su proposta del consiglio di indirizzo». Dunque, non su indicazione del Mic, come riportato dal comunicato.
La controversia ha provocato la reazione del Movimento 5 stelle: «La trasparenza nei processi decisionali delle istituzioni culturali è fondamentale, soprattutto quando si tratta della guida di una Fondazione lirica di prestigio internazionale», ha detto Luca Pirondini, capogruppo M5s in commissione cultura al Senato.
Quindi «chiediamo che Giuli chiarisca pubblicamente come si è arrivati a questa nomina e se siano state rispettate le procedure previste dallo statuto», ha aggiunto. Dal Collegio romano nessuna replica diretta, ma solo una nota che parla di «ratifica della nomina» da parte di Giuli, a cui spetta la firma.
Alta tensione
Dietro alla questione procedurale, c’è lo scontro politico. Non è la prima volta, infatti, che Mazzi agisce in solitaria senza confronti preventivi. Alla Fenice di Venezia è arrivato come soprintendente Nicola Colabianchi, considerato molto vicino a FdI, e gradito al sottosegretario.
Il profilo era stata contestato fortemente dalle opposizioni per un presunto legame con movimenti di estrema destra negli anni Sessanta.
Mazzi non ha voluto sentir ragioni e ha convinto il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro.
Ancora una volta senza che gli alleati fossero stati informati per tempo, mettendo sul tavolo qualche proposta alternativa nel confronto con gli enti locali.
Ora Colabianchi e Mazzi sono pronti a mettere la firma sull’evento Viva la danza, lo spettacolo di Roberto Bolle, che andrà in onda su Rai 1 il 29 aprile, ospitato proprio nel teatro della città lagunare.
«Il sottosegretario è un manager, un uomo di spettacolo che non ama molto le liturgie politiche», dice di lui chi lo conosce bene. Solo che gli equilibri tra alleati vanno salvaguardati.
C’è chi nella maggioranza ha suggerito a Giuli di fare attenzione di fronte all’attivismo del sottosegretario alla Cultura, che si muove da «ministro ombra».
Domani ha raccontato degli intrecci del sottosegretario con la sua città, Verona, e le mani sulla fondazione Arena, da sempre una sorta di seconda casa per Mazzi.
Solo che adesso Lega e Forza Italia pretendono maggiore rispetto. E Giuli in persona vuole capire la situazione.
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