Campi Bisenzio (Firenze) – «Solo il collettivismo è il futuro dell’umanità». Jean-Luc Mélenchon, nella tarda serata di sabato 17 maggio, saluta così il presidio della ex-Gkn di Campi Bisenzio. Lo fa dopo un’ora ininterrotta di comizio, forse l’unica forma possibile per il leader di La France Insoumise che scrive anche e soprattutto «come tribuno del popolo» di presentare il suo libro "Ribellatevi! La rivoluzione nel XXI secolo” (Meltemi, 2025, pp. 368), pubblicato in francese dopo le elezioni presidenziali del 2022 e appena tradotto in italiano.

Un volume che non può essere ricondotto al genere dei manifesti politici dei leader di partito a cui siamo abituati - meri strumenti con cui organizzare le tappe delle campagne elettorali - ma che è piuttosto, per dirla con le parole dell’autore, «un’analisi teorica» che ambisce ad indicare «vie d’uscita dall’impasse ecologica e sociale attuale».

La teoria che incontra la pratica operaia

Una teoria per l’azione che incontra una vertenza come quella della ex-Gkn, che, sin dai giorni immediatamente successivi ai licenziamenti del 9 luglio del 2021, ha fatto diventare la propria lotta una risposta specifica a un problema inevitabilmente più generale. Dopo quasi quattro anni di assemblea permanente, battaglie legali vinte, di piani e proposte di reindustrializzazione avanzate, ma anche 16 milioni di euro di stipendi non pagati e centinaia di lavoratori costretti ad abbandonare la lotta, i circa 100 operai rimasti attendono ancora che la politica faccia realmente la sua parte.

Il Consiglio regionale toscano ha approvato nel dicembre scorso una legge - proposta dal Collettivo di fabbrica e fatta arrivare all’attenzione di amministratori e consiglieri soltanto grazie a 13 giorni di sciopero della fame - che fornisce la cornice normativa per la costituzione di un consorzio pubblico che favorisca la reindustrializzazione dello stabilimento. Ma ad oggi quel consorzio non ha ancora visto la luce.

«Comprensivi con chi molla»

Mélenchon visita il presidio e lo stabilimento nel pomeriggio. Nel rispondere alle domande di alcuni giornalisti trova le parole migliori per replicare a chi spesso solleva la questione dei molti operai che hanno lasciato la lotta. «Nella nostra epoca, capisco quelli che hanno dovuto mollare, perché è molto difficile. I borghesi prendono sempre in giro gli operai e quelli che lottano. A volte dicono “Vi piace scioperare!” o “Vi piace fare manifestazioni”. Niente affatto: le facciamo perché ci sentiamo tenuti a farne. E spesso per una ragione che è molto importante nel cuore degli esseri umani: il rispetto della propria dignità. Quelli che hanno dovuto abbandonare la lotta - continua il leader francese - lo hanno fatto perché era troppo dura, perché c’era la situazione della famiglia, i debiti, tante ragioni. E non dobbiamo sminuirli. Certamente ci mancano, nella lotta, questo è sicuro. Ma quello che dobbiamo guardare è il coraggio straordinario di quelli che sono ancora qui».

Poi rivolge un appello a sostenere il piano di reindustrializzazione del collettivo aderendo all’azionariato popolare, che ha riaperto le domande di adesione fino al 31 maggio per raggiungere, dopo aver già superato il milione di euro lo scorso anno, la soglia dei due milioni» (su www.insorgiamo.org tutte le informazioni).

Gli “insoumis” di Campi Bisenzio

«Siamo partiti da una lotta per il lavoro per arrivare a dire “Insorgiamo”. Gli Insoumis arrivano qua per incontrare una lotta per il lavoro»: così il collettivo di fabbrica della ex-Gkn apre l’intervento serale, elencando i punti di incontro con una delle figure più carismatiche della sinistra francese, a solo una settimana da quello con un’altra esponente della France Insoumise, la vicepresidente dell’Assemblea nazionale Clémence Guetté.

Mélenchon non fornisce ricette per i problemi italiani («Ammiro quelli che conducono questa lotta, la vita è più facile per me che per loro, quindi non sono in una buona posizione per dare dei consigli»), ma illustra, in un contesto particolare come quello della ex-Gkn, la visione che anima la sua esperienza politica. E i motivi per cui questa si intreccia così strettamente con il significato della lotta Gkn.

Il suo discorso spazia fra i tanti temi che risuonano tra i cancelli dello stabilimento e i pannelli fotovoltaici che già da un anno - quando degli ignoti sabotarono la cabina elettrica - alimenta il presidio di Campi Bisenzio: l’attacco «al doppio standard occidentale sul genocidio del popolo palestinese» e a un piano di riarmo «che vuole utilizzare la spesa pubblica per rimpolpare l’esigenza di produzione di un sistema produttivo ecocida», in contraddizione con l’irreversibilità della crisi climatica e con i ritmi della vita umana.

Pannelli fotovoltaici, non armi

La fabbrica alle sue spalle, inattiva nonostante un piano di reindustrializzazione pronto da mesi, sembra dare concretezza alle sue parole. È l’immagine della normalità di un’espulsione del tessuto produttivo dal territorio e dell’inconsistenza delle risposte tradizionali a questo problema. Testimonia, però, anche la volontà di reagire di lavoratori senza stipendio che credono nella possibilità di una produzione in armonia col proprio territorio e con le proprie condizioni di lavoro.

Un’esperienza che riecheggia, insieme a quello della crisi climatica e ambientale (fattore, dice, di «accelerazione del tempo politico» per eccellenza) uno dei temi centrali del volume, quello della pianificazione ecologica.

Contro la «predazione umana sull’ecosistema», essa sola può, secondo Mélenchon, costituire un «metodo di organizzazione dell’armonia», «dell’allineamento dei tempi e dei ritmi sociali con i tempi e i ritmi dell’ecosistema globale e delle sue componenti», «lungo tutte le catene di produzione e di scambio». Parole che intreccia alla storia della vertenza: «Un capitalista pensa: che cosa mi frutta da tutto questo. Un essere umano pensa che sia meglio produrre pannelli fotovoltaici invece che armi».

Se non lo fa la Ue, lo facciamo noi

Oltre che su questo versante, il piano di reindustrializzazione in senso ecologicamente sostenibile della ex Gkn gioca un ruolo, secondo il leader francese, anche nella salvaguardia del tessuto produttivo del vecchio continente e nella costruzione di una sua indipendenza industriale ed energetica nel settore delle rinnovabili. «Se voi italiani non sapete più produrre né macchine, né pannelli fotovoltaici, come noi francesi d’altronde, il rischio è di perdere del tutto la nostra capacità industriale. Ma l’Europa ha abbandonato la questione del fotovoltaico per difendere le automobili tedesche e per favorire piani come Rearm Europe - e prosegue - Ma voi avete già la soluzione: se l’Europa non lo fa, lo fate da soli».

In questo, la proposta, di costituire una cooperativa è la risposta migliore alla loro inerzia: «Noi non possiamo aspettare: se non vogliono farlo, lo facciamo noi. Ed è questo che trovo molto potente, come messaggio: la volontà, di un gruppo di persone, che soffrono, che sperano, che sono deluse, che restano senza salario, e poi che continuano la lotta. Io questo lo trovo magnifico».

© Riproduzione riservata