Forse nel fine settimana ci sarà un vertice, telefonico o di persona, o forse no: Matteo Salvini si è detto pronto a incontrare Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi per discutere dello stallo delle comunali di Palermo. Eppure, portare lo scontro a livello nazionale significa sfilarla dal controllo dei rispettivi delegati regionali ed amplificare una rottura che si cercava di lasciare sull’isola. D’altra parte, però, l’impasse sembra irrisolvibile ed è lo specchio dell’incomunicabilità dei vertici di quel che rimane dell’alleanza di centrodestra. Unico segno di disgelo è il vertice del centrodestra di governo convocato per oggi sulla delega fiscale.

Le fazioni sono due e opposte. Da un lato ci sono la Lega, che in Sicilia correrà con il nuovo simbolo “civico” di Prima l’Italia, e la parte di Forza Italia che fa capo al coordinatore regionale Fanco Miccichè, i quali vogliono scindere le valutazioni tra le comunali e le regionali d’autunno e contemporaneamente spingono perché il candidato già formalizzato, Fancesco Cascio di FI, diventi il candidato di tutto il centrodestra. La malcelata volontà, infatti, è quella di spodestare dal vertice della regione, Nello Musumeci, governatore al primo mandato ed entrato in rotta di collisione coi vertici dei due partiti, oltre che – secondo i suoi detrattori – in picchiata nei consensi.

Dall’altro lato, invece, c’è Giorgia Meloni, spalleggiata da una fetta di Forza Italia siciliana che farebbe silentemente capo a Marcello dell’Utri. La leader di Fratelli d’Italia spinge per la riconferma di Musumeci ed è disposta a confluire su Cascio solo in cambio di questa assicurazione, altrimenti ha già pronto un candidato alternativo: il civico Roberto Lagalla, sostenuto anche dall’Udc.

In alternativa, anche la deputata di FdI Carolina Varchi è pronta a tentare la corsa. Il timore di Meloni è che, una volta conquistata Palermo anche con i voti di FdI, la Lega rivendichi per sé anche un nuovo candidato presidente della regione. Per questo ha lanciato un avvertimento più che chiaro: «Se in Sicilia dovesse saltare il principio della ricandidatura degli uscenti, non si vede perché dovrebbe essere mantenuto altrove».

Tradotto: l’effetto domino potrebbe investire anche le regioni del nord come la Lombardia di Attilio Fontana, al voto regionale nel 2023. Sulla vicenda però si stende anche l’ombra lunga di Dell’Utri, che nelle scorse settimane aveva fatto dichiarazioni «a titolo personale» in favore di Musumeci dicendo che «gli uscenti di solito si ricandidano». La sua voce dell’ex senatore rimane molto ascoltata in Sicilia e il suo intervento avrebbe ulteriormente diviso la compagine forzista.

La contrarietà a Musumeci è covata tutta in terra siciliana: l’accusa contro di lui è quella di essere per nulla disposto al dialogo con i partiti che lo hanno eletto e la polemica latente è esplosa nel durissimo scontro con i suoi consiglieri regionali al momento di scegliere i delegati per eleggere il presidente della Repubblica, che ha portato molto vicini a una crisi della Giunta. Non solo: sul fronte leghista e di Miccichè ci sono anche fortissimi dubbi sul suo consenso elettorale, sempre più fragile. «Contro di lui vincerebbe anche un gatto», si sarebbe fatto scappare proprio il coordinatore azzurro.

Prendere tempo

Al netto delle dichiarazioni pubbliche, FdI teme che la tecnica di Salvini sia quella di prendere tempo in modo da far saltare l’accordo a pacchetto su comunali e regionali del 2023. Nei giorni scorsi il leader ha fatto filtrare che «Per la Lega l'unità del centrodestra è un valore importante, in Italia e in Europa: un incontro si può fare anche domani per superare divisioni che aiutano la sinistra».

Poi in prima persona ha detto che gli piacerebbe «un candidato unitario a Palermo». Eppure, segni tangibili di un avvicinamento sembrerebbero non esserci, tanto che Ignazio La Russa, plenipotenziario di Meloni sull’isola, preme perché si passi dalle parole ai fatti e chiede un incontro «al massimo domani (oggi per chi legge, ndr), noi siamo pronti». Non sarebbe un diktat, ma una richiesta di chiarezza perché «il tempo corre e la campagna elettorale non è ancora partita», spiega un dirigente di FdI. L’unica certezza che arriva da via della Scrofa è che sul bis di Nello Musumeci nessuno è disposto ad arretrare.

Secondo fonti leghiste, la maggiore contrarietà alla ricandidatura di Musumeci verrebbe non da Berlusconi ma dalla compagine siciliana di Forza Italia, che sull’isola ha ancora uno dei suoi bacini elettorali più consistenti. Anche relegando a questione locale lo scontro interno, il dato politico è chiaro: se in Sicilia ci sarà una rottura con Fratelli d’Italia, la vittoria alle comunali sarebbe un miraggio e l’effetto divisivo rischierà di estendersi anche nella penisola, con effetti imprevedibili.

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