Virginia Raggi si deve schierare. Lo chiedono la Casa internazionale delle donne e il Pd di fronte alla mozione pro vita presentata da Fratelli d’Italia e firmata tra gli altri da Giorgia Meloni, Rachele Mussolini – nipote di Benito – e dal capogruppo in campidoglio Andrea De Priamo. Il documento, che sarà discusso martedì prossimo in consiglio comunale, infatti propone di «proclamare ufficialmente Roma come “città per la vita” e di inserire questo principio generale nello Statuto di Roma Capitale». La mozione però va anche più sul pratico, prevede di mettere a bilancio fondi per le donne che hanno intenzione di abortire per motivi economici, e finanziamenti per i «Centri di aiuto alla vita», infine l’istituzione della “Giornata della Famiglia”.

Per scansare ulteriori dubbi sull’origine del testo, il consigliere e capogruppo al Campidoglio, De Priamo, ha spiegato questa «importante proposta» direttamente al sito di Provita&Famiglia, il gruppo che fa della lotta all’aborto il suo primo fine, e a seguire quella contro “il gender”: «Intanto bisogna dire che la proposta trae assolutamente spunto dal confronto e dalle proposte delle associazioni pro vita – gli ha detto il consigliere - e quindi è anche frutto di un confronto con le stesse, ovviamente sulla base dei nostri programmi e dei nostri valori».

La Casa delle donne

Giovanni Zannola, consigliere Pd, spiega: «Le mozioni vengono chiamate dai capigruppo delle forze politiche presenti in aula. La sindaca non può impedirne la discussione» ma Raggi deve «assolutamente prendere posizione, altrimenti fa solo propaganda quando serve a lei».

La prima a denunciare il silenzio di Raggi sulla mozione, è stata Maura Cossutta, presidente della Casa Internazionale delle donne, che giovedì era in protesta davanti al Campidoglio: «Nel nostro consiglio comunale abbiamo la destra che presenterà una mozione orrenda, e dall’altra e dall’altra una sindaca donna e tre assessore donne che rimuovono il femminismo». Infatti mentre arriva il documento pro vita, in consiglio si profilano nuovi problemi per la Casa. Lo stallo va avanti ormai dal 2018 tra alterne vicende. Inizialmente la Casa era stata dichiarata morosa e il comune aveva revocato la convenzione all’associazione. Di fronte al rischio sfratto, il parlamento con il decreto agosto ha destinato 900 milioni per ripianare il debito. Una volta destinati i fondi, Camera e Senato hanno stabilito in legge di bilancio che le associazioni che portano avanti iniziative «per l’autonomia in uscita dalla violenza e culturali dedicate alle questioni di genere e di erogazione di servizi gratuiti alla comunità di riferimento» hanno diritto al comodato d’uso gratuito. Da allora però nessuna convenzione è stata stipulata, anzi, una recente nota di giunta delle assessore Valentina Vivarelli, Veronica Mammì e Lorenza Fruci prevede di rimettere a bando la struttura dove risiede la casa, l’ex complesso conventuale del Buon Pastore. Per Cossutta un nuovo campanello di allarme: «C’è scritto che sarà usato per coordinare i “servizi per le donne”, ma noi non siamo un centro servizi, significa azzerare tutto quello che abbiamo fatto». Nonostante le richieste, Raggi non ha voluto riceverla: «In attesa del bando siamo ancora senza convenzione. Ci vogliono sgomberare?».

Il consigliere Pd si unisce alle critiche: «Il tema della Casa delle Donne è gravissimo, soprattutto perché chi negli ultimi decenni ha rappresentato le lotta per la parità e i diritti delle donne, ha portato avanti battaglie che hanno permesso a intere generazioni di rigettare consapevolmente proprio pensieri alla "pro vita". Oggi questo istituto è messo in discussione dalla prima sindaca donna di Roma Capitale. Assurdo».

Per Cossutta il tema è strettamente collegato alle elezioni: «Virginia Raggi deve prendere posizione: che fai per le donne? Da che parte ti schieri?»

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