Il dossier migranti apre uno scontro senza precedenti nell’Ue, con l’Italia capofila dopo la tensione con la Francia. Nelle ultime ore è stato sancito l’asse tra Roma e Malta, con la sponda della Grecia e di Cipro. L’operazione è stata ratificata da una nota congiunta dei ministri dell’Interno dei quattro paesi: «Non possiamo sottoscrivere l’idea che i paesi di primo ingresso siano gli unici punti di sbarco europei possibili per gli immigrati illegali, soprattutto quando ciò avviene in modo non coordinato sulla base di una scelta fatta da navi private», si legge nel documento. Da qui è partito un affondo durissimo, e mai visto, alle ong, nel passaggio in cui viene evidenziata l’urgenza di una «discussione seria su come coordinare meglio le operazioni nel Mediterraneo, anche garantendo che tutte queste navi private rispettino le pertinenti convenzioni internazionali e le altre norme applicabili».

Scontro totale in Ue

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Dopo le polemiche tra Italia e Francia, il prossimo vertice di Bruxelles sulle politiche migratorie si preannuncia denso di incognite, con Parigi e Berlino da un lato e Roma, La Valletta e Atene dall’altro. E con l’effetto domino che vedrà i paesi sovranisti, capeggiati dall’Ungheria di Viktor Orbán, contrari alle posizioni italiane per la palese ostilità ai ricollocamenti.

Durante la riunione, peraltro, si potrà analizzare tutto quello che non è stato fatto da Roma e dai neo alleati sul dossier. La vicenda si muove su più livelli, compreso quello di politica interna. La crisi dei migranti, provocata dall’ormai famosa nota di palazzo Chigi sulla Ocean Viking, è un riflesso di quanto sta accadendo tra i vari leader, con il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che in asse con il titolare del Viminale, Matteo Piantedosi, vogliono dettare la linea sul contrasto agli sbarchi.

Un modus operandi che ha trascinato la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel caos, costretta ad assecondare la strategia leghista e con conseguenze a catena: sul tema non può certo mostrarsi morbida, visto che da anni è teorica della linea dura.

All’inizio della campagna elettorale, la leader di Fratelli d’Italia parlava ancora di blocco navale, gareggiando in durezza con l’avversario-alleato leghista, che invece fino all’ultimo secondo di campagna elettorale ha rilanciato l’impegno contro gli sbarchi. Gli ultimi eventi sono un assist perfetto.

Tornano i decreti Sicurezza

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Così si spiega la decisione di lavorare ai nuovi decreti Sicurezza, che assomigliano tanto a quelli vecchi firmati Salvini. Secondo quanto anticipato da Repubblica, i capisaldi del provvedimento saranno il sequestro delle imbarcazioni delle ong e le multe fino a un milione di euro per gli armatori.

Gli ulteriori contenuti sono al vaglio dei ministeri interessati, Interno con la supervisione politica delle Infrastrutture, d’intesa con palazzo Chigi. Insomma, l’asse Piantedosi-Salvini elabora e Meloni esegue.

Da parte leghista, infatti, il mantra è quello di tornare ai decreti Sicurezza, che restringevano le maglie sull’accoglienza, picconando il sistema degli Sprar. La riforma realizzata con il governo Conte bis, con la rimodulazione delle restrizioni, sarà quindi cancellata a favore del ripristino del sistema introdotto dal precedente esecutivo presieduto da Conte, quello gialloverde.

Una prospettiva giudicata «preoccupante» dalla ong Open Arms, interpellata dall’Ansa. «Ostacolare il lavoro umanitario è uno strumento di propaganda che non dà alcuna risposta a un fenomeno strutturale che va gestito con responsabilità», hanno aggiunto dall’organizzazione spagnola.

Salvini gongolante

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Matteo Salvini, nel frattempo, gongola per essersi ripreso la scena, come confermato dalle uscite pubbliche. «Sono in totale sintonia con quello che il premier Meloni e il ministro Piantedosi stanno portando avanti», ha affermato al termine di un incontro a Milano, sul tema migranti. Una rivendicazione di come la strategia rechi la sua firma.

Sulla crisi con Parigi ha fatto appello alla «soluzione di buonsenso» chiedendo all’Europa di battere un colpo. Così, il confronto tra Lega e Fratelli d’Italia, non può essere derubricato a un vicenda solo interna alla maggioranza e al governo.

L’Unione europea non è solo una spettatrice, ma parte interessata, ancora di più con il rinsaldamento del fronte italomaltese. Per questo motivo da Bruxelles viene data per certa l’organizzazione di un vertice per assumere nuove decisioni in materia e fare un tagliando al meccanismo di solidarietà attualmente in vigore.

La data è da stabilire, ma stando alle indiscrezioni potrebbe essere a breve, entro novembre e prima del Consiglio affari interni di dicembre. Il vertice è solo in apparenza una buona notizia, perché in quella sede sarà valutato il comportamento di tutti i paesi rispetto alla gestione delle politiche migratorie.

A cominciare dall’Italia, che continua a recitare il ruolo della vittima, gradito alla narrazione dell’intero centrodestra. «Il nostro paese non è il paese che accoglie di più e non è neanche il paese con il maggior numero di richiedenti asilo e rifugiati: prima di noi ci sono sia la Germania che la Francia», dice Riccardo Magi, deputato di +Europa.

E anche il leader di Azione, Carlo Calenda, critico verso la postura assunta da Parigi, lancia un attacco al governo, mettendo nel mirino Salvini: «Solo uno che è molto imbecille può fare un tweet in cui dice che abbiamo piegato la Francia. Il modo in cui Salvini fa politica è irresponsabile, infantile e pericoloso». Da qui l’appello dai toni provocatori: «Qualcuno lo fermi».

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