Nel pieno della tempesta sulla legge di Bilancio, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni non fa passi indietro e rivendica ogni scelta dei suoi primi tre mesi di governo, anche quelle già bocciate, dall’Europa, dai suoi alleati o dalla realtà.

Dopo il rinvio di un giorno, formalmente per ragioni di salute, Meloni ha scelto il salotto di Bruno Vespa, a Porta a Porta su Rai1, per la sua prima intervista televisiva da quando guida l’esecutivo. In quella che ormai è la terza camera dello Stato, la premier non ha lasciato spazio ad alcun ripensamento, riprendendo ampi passaggi del suo discorso di insediamento alle camere. In particolare, ha ripetuto quell’«intendo fare cioè che è giusto». Ha spiegato che «gli italiani non si aspettano miracoli ma che si agisca nel loro interesse». Che lei, da «patriota», vuole costruire «un’Italia più ottimista», perchè proprio l’ottimismo sarebbe mancato al paese pre-Meloni, visto che «nell'ultimo trimestre l'Italia è cresciuta più di tedeschi francesi e spagnoli». Poi, con un pizzico di umiltà, «Se sarò capace lo dirà la storia. So che non ho niente da perdere, non devo essere rieletta tra cinque anni» ma «l’unica cosa che mi spaventa è deludere».

Per ora, però, Meloni ha dimostrato di sentirsi sulla strada giusta. Nonostante le polemiche in parlamento per una manovra sempre più incartata su se stessa, con gli emendamenti presentati all’ultimo e senza coperture e una pioggia di emendamenti per piccole questioni locali.

La premier ha parlato del reddito di cittadinanza, che è ancora decisa a cancellare nonostante gli avventimenti anche di governatori della sua maggioranza, come il calabrese Roberto Occhiuto che ha definito il rdc – che in Calabria è percepito da 224mila persone – «un errore» a cui però si deve riparare «con soluzioni efficaci» e non con una cancellazione netta. Meloni, invece, intende tirare dritto, dicendo che il reddito «resterà per i non occupabili, per gli over 60 e per chi ha minori a carico», per gli altri invece cotinuerà solo per i primi 7 mesi del 2023 con l’obbligo di accettare un’eventuale offerta di lavoro, «anche se non è il lavoro dei sogni». Del resto, i fondi tolti al reddito sono stati necessari a finanziare le misure sulle pensioni in un bilancio che ha l’effetto di una coperta troppo corta sui desiderata della maggioranza.

Migranti

Anche sulla questione mi gratoria, che ha provocato il primo strappo diplomatico del governo con la vicina Francia, Meloni ha tenuto il punto. «C’è stata una frizione, la rivendico», ha detto, ripetendo che l’Eliseo si è «arrabbiato» perchè ha accolto una sola nave ong e – sovrapponendo ricollocamenti volontari con quelli stabiliti dall’Ue -«abbiamo ricollocato in Francia e Germania solo 117 migranti su 94 mila».

Anche su questo, nonostante l’impraticabilità degli sbarchi selettivi tentati dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e la necessità di riaprire i porti per rispettare le regole dell’Unione europea, Meloni ha mantenuto fermi i suoi argomenti di campagna elettorale. «Oggi in Italia entra chi ha i soldi per pagare gli scafisti», «la redistribuzione è sbagliata, vanno fermate le partenze con decreti flussi fatti a monte» e «i confini esterni dell’Ue vanno difesi», mentre «la domanda per entrare andrebbe fatta presso i nostri consolati in Africa, sul modello della Spagna», ha detto, rivendicando di aver portato al centro del dibattito europeo il tema della rotta mediterranea.

Lo spettro del Mes

Pur considerando una vittoria il price cap sul prezzo del gas, fissato a 180 euro grazie al «gioco di squadra» con il governo Draghi, Meloni ha indicato tutte le insidie europee da scansare nel 2023. Primo tra tutte, il Mes, il cosiddetto fondo salva-stati che è un meccanismo europeo per garantire la stabilità finanziaria: «Fin quando io conto qualcosa l'Italia non accede al Mes. Lo posso firmare col sangue». Certo ne discuterà il parlamento, però non è uno strumento utile «p​​​​erchè le condizionalità sono troppo stringenti, e perchè il Mes è un creditore privilegiato e questo comporta un problema sui titoli di stato». Insomma un rischioso cappio al collo, secondo la premier.

Ancora Pos

Infine, nonostante la misura sia stata già bocciata dalla legge di Bilancio, Meloni è tornata a rivendicare la volontà di togliere le multe per chi non consente l’uso dei pagamenti con bancomat sotto una certa soglia, che il governo aveva fissato a 60 euro. La misura, anticipata in pompa magna e poi cancellata perchè non in linea con gli obiettivi del Pnrr, rimane però un punto d’orgoglio per la permier. «Non è giusto imporre agli esercenti di accettare pagamenti per importi molto, molto bassi», ha ribadito. Ma se la strada della legge non è percorribile, l’unica è quella della «moral suasion per azzerare le commissioni bancarie sotto un importo ragionevole» e, se questo non accadrà, si tenterà una tassa «sull'extragettito per le commissioni bancarie su piccoli importi».

La rotta è sempre la stessa e non ammette correzioni, nonostante gli inciampi di questi mesi e i passi indietro nella legge di Bilancio.

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