Il correntone mostra i muscoli a Schlein: «Discutere non fa male»

Montepulciano – «Abbiamo dimostrato che la discussione non fa male, e che l’unità costruita sulla discussione ha una forza diversa da quella costruita sulla reticenza. Comprendo i vantaggi di una sospensione del dibattito, non si va sui giornali, non ci sono polemiche, ma questo costringe al pattinaggio. E a noi invece serve nettezza. Perché i nostri avversari sono netti». Quando alle cinque prende la parola Andrea Orlando, il tendone costruito nei giardini di Montepulciano per l’assemblea delle tre correnti che sostengono la maggioranza (la sinistra, Areadem e Art.1 si uniscono in un «correntone» di maggioranza? Sì, anche se proprio Orlando nega con vigore) straborda di dirigenti e parlamentari. Ma ci sono anche i militanti: dal Lazio, dalla Toscana, dalla Sicilia. Millecinquecento, in pratica un assalto, la sala della Contrada Voltaia è stata abbandonata, è enorme ma non bastava. Basta chiamare un’assemblea, e arrivano a frotte. Perché? Perché nel Pd le occasioni così scarseggiano. Fuori, le colline senesi sono belle ma gelide, in realtà fa freddo anche dentro, ma pazienza. Prodi, scettico nei confronti della coalizione, parla di tende? Da qui rispondono con un tendone, strapieno. Michela De Biase, del tridente di punta della nuova corrente, gongola per la calca imprevedibile. Lei e gli ex ministri Peppe Provenzano e Roberto Speranza stamattina faranno i tre ultimi interventi prima delle conclusioni di Elly Schlein. C’è chi le chiama «le nuove generazioni»: in effetti Dario Franceschini ascolta dalle ultime file, non interverrà. Entrano alla maggioranza anche quelli che al congresso stavano di là: dal palco parla Marco Meloni dei «neoulivisti» di Crea. La sfida di Schlein, costruire l’unità nei «luoghi che non contano» I non-consigli a Schlein L’assemblea “Costruire l’alternativa” è al secondo giorno, il primo è stato mezzo silenziato dallo sciopero dei giornalisti, nel secondo si prova a recuperare: «Qual è il senso di questa assemblea?», chiedono i cronisti a Provenzano. La risposta è un gesto verso la platea: «Si autospiega». Traduzione non autorizzata: c’è un Pd che sostiene la segretaria, certo, ma che vuole partecipare alla costruzione dell’alternativa, della coalizione, e del nuovo Pd. Non solo battere le mani ai comizi. «Questo è il momento di cambiare il partito», per Marco Sarracino. Sia chiaro: «Questa è la comunità che ha scelto Elly», dice Marina Sereni. Altra traduzione non autorizzata: però non può essere tagliata fuori. Consiglio o avviso? «Non siamo qui a dare consigli a una leadership partita dalle primarie», dice Orlando, «e non siamo qui nemmeno a condizionare, se non nella misura in cui un dibattito condiziona. Vogliamo uscire da qui dicendo una cosa: mettiamo al centro una discussione, convochiamo una assemblea». Altrimenti su troppe cose non si capisce la linea del Pd. «Se parliamo di patrimoniale e non di ridistribuzione delle ricchezze facciamo un errore», spiega per esempio Daniele Leodori, segretario regionale del Lazio. La segretaria ha capito il non-consiglio, o meglio l’antifona, e oggi sarà qui. Tra i suoi, che le ricordano che sono i suoi. Ci sono anche i suoi più stretti, chi all’inizio scettico sull’iniziativa, chi ha mediato: Marco Furfaro, Igor Taruffi. A Prato, non lontano, in parallelo c’è un’assemblea di 400 riformisti, chiedono altrettanto ascolto. Lì ci sono Lorenzo Guerini, Simona Malpezzi, Giorgio Gori e «il riformismo che vuole essere rispettato», come lo definisce Filippo Sensi. Il confronto è ruvido, per ora a distanza. Da qua risponde ancora Orlando: «Il riformismo ormai suona come l’idea secondo la quale facciamo quello che fa la destra ma con più gentilezza. Noi dobbiamo candidarci non a governare, ma a cambiare la società». Ma il punto per ora è un altro: «Abbiamo un partito e dobbiamo utilizzarlo di più. Il partito è il luogo della discussione, e della iniziativa politica». Coraggio e visione, perché alla sinistra serve una svolta Manfredi c’è Infatti di qua la lista degli interventi sembra quella di un partito, più che di una corrente, o di tre correnti messe insieme: Maurizio Landini, leader Cgil (intervento severo: «Ma chi sono i soggetti con cui si vuole costruire l’alternativa, in un paese in cui il 50 per cento non va a votare?»), Pierpaolo Bombardieri della Uil, Andrea Cuccello, segretario confederale Cisl: anche da questa parte c’è un Pd che continua a puntare sull’unità sindacale. Poi Maurizio Marchesini di Confindustria, Simone Gamberini di Legacoop, Nico Gronchi di Confesercenti, Walter Massa, dell’Arci, Emiliano Manfredonia delle Acli, Filippo Anelli, presidente Ordine dei Medici. Certo che per l’alternativa serve un programma. Ma è inutile girarci intorno, c’è anche il tema gigante della premiership, e nessuno fa più finta di no. Neanche Schlein. A proposito, a Montepulciano è venuto anche Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli. E, nei retroscena, candidato di mediazione, fra Schlein e Conte, almeno. Lui interviene sui comuni, applauditissimo, ma si sfila dalle chiacchiere: Schlein candidata premier per lui «è la soluzione naturale». Da qui parte anche qualche bordata contro Giuseppe Conte sul teatrino degli inviti ad Atreju, la festa di FdI: «Se ci dividiamo anche su cosa rispondere a Meloni sulla partecipazione ad Atreju, facciamo il gioco delle destre», attacca Dario Nardella. «È utile parlare per giorni del circo di Meloni?», ancora Orlando. Il presidente M5s sceglie di non replicare. Anche se dal M5s arriva una reazione sorpresa: «Se è un circo, allora perché Schlein era pronta ad andarci?». Il potere dei camaleonti: Schlein e il rigetto nel Pd