I sette saggi convocati da Beppe Grillo sono riuniti per tentare un’ultima mediazione tra il garante-fondatore e Giuseppe Conte. Si spera in una soluzione a giorni. Quello di cui però Luigi Di Maio, Roberto Fico, Davide Crippa, Ettore Licheri, Vito Crimi, Stefano Patuanelli e Tiziana Beghin non si stanno occupando è il merito della linea politica del Movimento 5 stelle. Giustamente, non si tratta del loro mandato, che verte unicamente sulla soluzione delle frizioni tra i due contendenti rispetto al nuovo statuto, ma per i Cinque stelle quella del rilancio sarà anche una fase di ridefinizione della propria linea su moltissimi temi.

Allineamenti

In realtà i gruppi parlamentari ormai sono piuttosto omogenei, raccolti su una linea comune e anche la presunta «infedeltà» (copyright del deputato Iv Ettore Rosato) dei Cinque stelle sui voti segreti ormai è stata ridimensionata da espulsioni e addii. Se nei gruppi ormai chi si smarca dalle indicazioni dei vertici è l’eccezione, non si può dire lo stesso per l’elettorato Cinque stelle, con cui pochi aspetti delle nuove posizioni del Movimento sono state condivise.

Restano nella lista delle questioni su cui i Cinque stelle devono decidere la loro linea i diritti civili: nel programma elettorale del 2018 non c’era praticamente traccia di una presa di posizione sull’argomento. Da allora tante cose sono cambiate e per esempio un nutrito gruppo di senatori Cinque stelle ha presentato nel 2019 un testo simile a quello del deputato Alessandro Zan sul contrasto della discriminazione o violenza per sesso, genere o disabilità, ma per il momento la linea ufficiale sul tema resta ignota.

Ci sono altre questioni su cui non c’è chiarezza, come quella delle amministrative. Assumendo che il Movimento resti integro, c’è per esempio da sciogliere l’inghippo torinese, su cui la sindaca Chiara Appendino nei giorni scorsi si è espressa in termini tutt’altro che positivi: a poche settimane dal voto, i due grillini che ambiscono a correre nella città in cui il M5s si è già smarcato dall’alleanza col Pd sono ancora entrambi in gioco per la candidatura ufficiale, senza che i maggiorenti siano riusciti a imporre una decisione e senza che siano stati interpellati gli attivisti. Anche la faticosa mediazione sulle alleanze strutturali del Movimento dovrà avere un seguito, considerato che gli attivisti si erano espressi a favore della collaborazione con altre liste, ma da allora, come dimostrano bene le amministrative, sugli apparentamenti non è andato sempre tutto liscio.

Resta poi sul tavolo la questione dei due mandati, che segna anche una divisione interna ai gruppi parlamentari: la contrapposizione tra chi è al primo incarico e gli eletti che tremano per la propria riconferma dopo il secondo non è cosa nuova, ma su questo tema Grillo e Conte hanno già rinviato la decisione a una votazione degli iscritti: saranno loro a valutare se potrà essere concessa una deroga “per merito” come era stato ipotizzato nelle settimane precedenti allo strappo.

Un altro tema su cui i Cinque stelle dovranno decidere da che parte stare è l’immigrazione. Oggi (e nei piani di Conte) il Movimento si pone nello schieramento di centrosinistra, quindi si può assumere che le posizioni siano più morbide di quando il M5s era al governo con la Lega. Bastano però un paio di scroll sul vecchio Blog delle stelle nella ricerca tematica “immigrazione” per ritrovare post in cui si parla di «show delle ong» o di partenza dei «barconi della morte», ma anche di «comparse e false eroine» in riferimento alle navi delle ong che salvano i migranti in mare e alle loro capitane.

Altra questione incerta è la transizione ecologica. Dopo essersi intestati la nascita del ministero omonimo voluto da Grillo, tra il M5s e il ministro scelto per guidarlo non è mai scoccata la scintilla. Ma se Roberto Cingolani viene contraddetto quasi quotidianamente dai grillini, neanche loro hanno ben chiare le priorità del partito sull’ambiente, come dimostra per esempio lo scontro interno sull’appoggio agli investimenti sull’idrogeno, che inizialmente il Movimento aveva spalleggiato con tutte le proprie forze.

Come è successo negli ultimi mesi per il tema del giustizialismo, che aveva caratterizzato soprattutto il Movimento della prima ora ed era stato rinnegato da una presa di posizione di Di Maio. Anche la visione degli eletti sulle politiche del lavoro sta mutando. A differenza di quando i Cinque stelle si battevano per «abolire la povertà» con il reddito di cittadinanza, oggi una parte degli eletti preferirebbe sovvenzionare politiche attive e prende le distanze dalle tendenze assistenzialiste del Movimento delle origini.

Di tutto questo si dovrà discutere, ma per il momento non è previsto né un congresso, né una votazione.

© Riproduzione riservata