«Vedi Napoli e poi muori». Il Movimento 5 stelle rischia di aver preso fin troppo sul serio la citazione di Johann Wolfgang von Goethe: la città partenopea ultimamente raccoglie una gran parte dei problemi che preoccupano Giuseppe Conte.

Un peccato, considerato che Napoli era stato il luogo dove il Movimento, pur fondato da Beppe Grillo al nord, aveva ottenuto i suoi risultati migliori: secondo le rilevazioni, nel 2018 il consenso per i Cinque stelle raggiungeva percentuali di democristiana memoria. Le truppe allora guidate dal candidato presidente del Consiglio Luigi Di Maio erano oltre il 40 per cento in quasi tutto il meridione con punte del 50 per cento proprio nel capoluogo campano.

Il consenso non si era perso neanche alle ultime elezioni europee quando, forte della realizzazione del reddito di cittadinanza, il Movimento in città aveva portato a casa un solido risultato che sfiorava il 40 per cento delle preferenze. Oggi, Conte continua a puntare tantissimo su Napoli. È tornato più volte a far campagna a fianco di Gaetano Manfredi, l’unico candidato della coalizione di centrosinistra che il M5s è riuscito a imporre nelle città che vanno al voto.

Rischio partenopeo

Quando si avranno i risultati del voto, Napoli sarà la linea che distingue un successo da una sconfitta: in questi giorni, nel Movimento si ripete che l’obiettivo minimo del presidente sia ormai quello di arrivare primo partito nel capoluogo partenopeo. Un’asticella piuttosto bassa per chi nelle ultime elezioni ha raccolto consensi altissimi, ma considerata la situazione difficilissima in cui si trovano i Cinque stelle nelle altre città, Napoli è l’ultimo baluardo a cui si può aggrappare.

Ma stavolta il successo del M5s rischia di non essere totale come negli ultimi appuntamenti elettorali: a prendere per primi le distanze dalle scelte dei maggiorenti di Roma sono stati i consiglieri comunali uscenti del Movimento a palazzo San Giacomo.

Si tratta per lo più di attivisti della prima ora: il capogruppo Matteo Brambilla, nel M5s da quindici anni, era candidato sindaco già nel 2016 e ora ha deciso di negare il suo sostegno a Manfredi, imposto da Roma. Così ha lanciato la lista Napoli in Movimento – No Alleanze: la critica che muove ai Cinque stelle è di aver partecipato «alle ammucchiate con chi ha governato e affossato questa città negli ultimi 30 anni. Noi siamo liberi di decidere senza compromessi e con coerenza».

I candidati che Brambilla schiera sono una trentina, per lo più attivisti storici, il capolista è Salvatore Morra, consigliere uscente della decima municipalità. Il Movimento contiano invece ha recuperato diversi ex come Francesca Menna e Ciro Borriello: la frattura nel gruppo originario dei Cinque stelle napoletani è profondissima e anche le mediazioni di maggiorenti di peso come Di Maio e Roberto Fico, che hanno iniziato la loro carriera proprio sul territorio campano, può salvare la situazione.

Che qualcosa sulla linea Roma-Napoli si sia rotto in maniera irrimediabile è dimostrato anche dal ricorso di un gruppo di attivisti contro le modifiche statutarie e l’iscrizione di Giuseppe Conte al Movimento. A dare alle proteste dei militanti una forma giuridica è ancora una volta Lorenzo Borrè, avvocato ex attivista lui stesso, più volte legale degli espulsi dal Movimento che si sono mossi contro le decisioni dei vertici.

«L’ultima volta ci siamo espressi durante gli Stati generali, le cui deliberazioni sono rimaste incompiute per decisione di un gruppetto che di fatto si è impossessato del nostro Movimento 5 stelle per mantenere il potere», dice l’attivista Steven Hutchinson. Insieme a Borrè venerdì ha presentato l’iniziativa, nata a Napoli ma che coinvolge attivisti di tutta Italia.

Ora il tribunale dovrebbe esprimersi nel giro di un mese: nel peggiore dei casi, Conte potrebbe vedersi annullata l’elezione e assistere alla decadenza dei membri dei comitati eletti questa settimana. Se infatti le modifiche statuarie venissero annullate, tornerebbe valido il documento precedente, che prevede il divieto per gli eletti di assumere cariche interne: Virginia Raggi, Di Maio e Fico, i nuovi membri del comitato di garanzia, hanno tutti incarichi pubblici, mentre Riccardo Fraccaro non potrebbe fare il bis al collegio dei probiviri per il quale è stato selezionato giovedì scorso.

L’immagine che i diretti interessati danno della campagna è che si tratti di un’iniziativa esclusivamente degli attivisti, ma più di un eletto del Movimento e tra gli ex sta guardando a Napoli con sguardo benevolo. Oltre all’opposizione di chi della base fa ancora parte si contano gli addii, sempre più numerosi: Luca Di Giuseppe, che nelle settimane in cui si dibatteva sulla partecipazione del Movimento al governo Draghi aveva raggiunto una certa notorietà ha annunciato giusto negli scorsi giorni di aver lasciato il Movimento. Il militante, vicino ad Alessandro Di Battista, ha ucciso sul nascere le speranze per una sua candidatura a Salerno, ma se un sostenitore di lungo corso come lui decide di lasciare, chissà quanti altri seguiranno.

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