Il nuovo decreto per attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha un’ultima parte che si pone un obiettivo ambizioso: «Attirare dalla parte dell’economia sana imprenditori che non sono mafiosi». Una «sanificazione mi verrebbe da dire in tempi di pandemia» spiega a Domani Federico Cafiero De Raho, il procuratore nazionale antimafia dopo aver letto il testo.

Il decreto, arrivato in gazzetta ufficiale lo scorso 6 novembre, per la prima volta introduce un’alternativa all’interdittiva tradizionale, strumento della prefettura che espelle dai cantieri pubblici le imprese “sospette”, cioè a rischio condizionamento mafioso anche solo in presenza di «agevolazione occasionale» della criminalità.

L’annuncio lo ha dato il ministero dell’Interno all’indomani dell’approvazione del decreto, prima che il testo arrivasse in Gazzetta ufficiale: «Apportate importanti modifiche normative al Codice antimafia», particolarmente significativa è «la disposizione che riconosce al prefetto la possibilità di ricorrere, quando i tentativi di infiltrazione mafiosa siano riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale, a misure amministrative di prevenzione collaborativa, in alternativa all’emanazione di un’interdittiva antimafia».

In altre parole: il prefetto potrà prescrivere all’impresa l’osservanza, per un periodo dai 6 ai 12 mesi, delle misure di «controllo “attivo”», ovvero l’obbligo di comunicazione costante degli investimenti, delle assunzioni e di tutto quanto ruota attorno alla vita dell’impresa, per fare sì che continui a operare.

Il prefetto si può avvalere anche di un massimo di tre esperti da scegliere nell’albo nazionale degli amministratori giudiziari. Se dopo il controllo il prefetto accerta l’assenza di tentativi di infiltrazione mafiosa può rilasciare un’informazione antimafia liberatoria. La nuova misura sarà applicabile da subito, anche ai procedimenti di valutazione in corso, iniziati con l’ipotesi di emanare un’interdittiva “tradizionale”.

L’altra novità è la previsione del principio del contraddittorio. L’impresa sotto indagine alla notifica dell’interdittiva o della nuova misura di prevenzione collaborativa, potrà richiedere di di produrre memorie o farsi sentire. Il contraddittorio dovrà concludersi entro ottanta giorni.

Il decreto introduce, poi, un ulteriore passaggio che serve a regolamentare il controllo giudiziario delle imprese colpite da interdittiva. Il tribunale nel disporlo deve sentire il prefetto che ha adottato il provvedimento.

L’illegalità

L’agevolazione occasionale è un concetto vago, contenitore dove può starci di tutto. Potrebbe essere l’imprenditore che si è avvalso di una falsa fattura emessa nel circuito illegale di imprese riconducibili a una cosca mafiosa, o quello in cui un’impresa paga il pizzo per ricevere un vantaggio, come partecipare a un subappalto: «Sono situazioni che vanno distinte, anche dal punto di vista penalistico cambia», dice De Raho, che aggiunge: «Fare oggi un’interpretazione certa delle valutazioni della norma è difficile. Quando la legge troverà applicazione verificheremo i risvolti». L’interdittiva, sottolinea il procuratore nazionale antimafia, spesso decade dopo il ricorso delle aziende. L’altro rischio è lasciare senza lavoro gli operai di quella ditta interdetta per mafia. Per questo, prosegue De Raho, «il nuovo meccanismo «utilizzato con parsimonia e con la diligenza propria dei prefetti» potrebbe intervenire a salvare questi casi.

Non rafforza e non indebolisce

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Raffaele Cantone, ex presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, oggi procuratore di Perugia, sul nuovo strumento inserito nel decreto dice: «Non rafforza l’azione antimafia né la indebolisce, ma è una misura intelligente che rende più giuste e più corrette le misure». Cantone poi aggiunge: «Anche in una situazione meno pericolosa, dà la possibilità al prefetto di intervenire e andare a verificare il livello di infiltrazione. La gradualità è assolutamente opportuna: l’interdittiva ha un effetto devastante sull’impresa, usiamo l’interdittiva per le cose realmente gravi».

In questi casi «non possiamo muoverci con la logica del sospetto». Il contraddittorio inoltre, secondo Cantone, la rende inattaccabile dal punto di vista del diritto europeo.

Sei mesi di controllo basteranno a salvarle? «Piuttosto che pensare alle critiche – replica il procuratore - laddove c’è l’esigenza di intervento, penserei alla possibilità per i soggetti che si trovano in equilibrio instabile di essere recuperati nella legalità. Più strumenti abbiamo per salvare l’economia migliore sarà il risultato. Penso come gli uomini che credono nello stato, cioè che sia capace di esprimere valutazioni appropriate».

E conclude: «Va visto in che misura può essere applicata questa disciplina, ma ben venga un istituto come questo», soprattutto oggi «che abbiamo un rischio di infiltrazione mafiosa enorme e dobbiamo impedire alla mafia di espandersi». Se non c’è il contributo di tutti «la ricchezza della mafia rende impossibile lo sviluppo delle imprese sane, che non possono sostenere la concorrenza delle imprese mafiose. Per questo lo stato si sta impegnando tanto per aiutarle».

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