Una rete clandestina, un nome in codice: “Net Project Los Angeles”. Creata il 20 dicembre 1947, pochi mesi prima delle elezioni decisive del 1948, ideata e promossa dai servizi militari Usa, il Counter Intelligence Corps (Cic), l’agenzia di servizi segreti che aveva accompagnato le forze statunitensi durante la guerra finita due anni prima. Aveva un unico nemico, ed una missione chiara: «Ottenere informazioni sulle personalità e le attività del Partito comunista italiano».

Dopo la liberazione il fronte rapidamente si sposta ad est, l’Unione sovietica da alleato in pochi mesi mesi diventa l’avversario da bloccare ad ogni costo. Gladio ancora non esisteva (verrà creata dall’Alleanza atlantica nei primi anni ’50), ma l’intelligence militare statunitense già si muoveva per creare un fronte anticomunista. Servivano specialisti, reti di fonti, agenti segreti con esperienza e contatti.

Il patto cinico

Nel documento del progetto - che viene mostrato per la prima volta in televisione nel programma di Rainews24 Spotlight (“La rete silenziosa”, in onda venerdì 18 giugno, alle 21.30) - c’è la traccia evidente di un patto cinico. A capo della struttura c’era l’ex maggiore delle SS  Karl Hass, uno dei responsabili della strage della Fosse Ardeatine. Da boia diventa una risorsa. Verrà condannato all’ergastolo per crimini di guerra solo cinquant’anni dopo, nel 1998, insieme all’ex capitano Erich Priebke. Ammise di aver sparato nel marzo del 1944 contro i 335 civili sterminati dai plotoni comandati da Kappler alle porte di Roma, senza mostrare mai un segno di pentimento.

Fino ad allora, grazie al suo ruolo di agente anticomunista, nessuno lo cercò. Viveva indisturbato in una magnifica villa sul lago di Castel Gandolfo, di proprietà di un noto avvocato romano. Nei ritagli di tempo interpretava a Cinecittà il ruolo più congeniale per lui, quello di ufficiale nazista. È suo il volto del soldato delle SA che dà l’ordine di fuoco nel film capolavoro di Luchino Visconti “La caduta degli dei”: un gioco del destino, un ruolo da figurante nel racconto dell’ascesa delle SS nei primi anni del III Reich.

Gli altri membri

Hass non è l’unico nome che appare nel documento declassificato del governo statunitense. A far parte di quella rete clandestina, al comando di Washington, c’era anche uno dei fondatori del Movimento sociale italiano, Pino Romualdi.

Il suo codice identificativo era il 10/6349 e veniva descritto come un “nazionalista, dal punto di vista del defunto partito fascista” e “un buon tattico”. Per l’intelligence Usa la sua fede fascista - fu l’ultimo segretario del Pnf durante Salò - era in fondo una garanzia. C’erano poi alti prelati, come il vescovo Alois Hudal, uno dei punti di riferimento della rete che garantì la fuga dei criminali di guerra nazisti dopo il 1946, tra i quali Erich Priebke.

Altri due nomi dell’elenco delle fonti e dei collaboratori del “Net Project Los Angeles” riportano direttamente all’epoca più oscura della storia repubblicana. Tra i membri dell’organizzazione clandestina dell’intelligence militare Usa c’era alti funzionari del Viminale. Il primo era Udarigo Caputo, all’epoca vice questore e capo dell’Ufficio affari riservati per le province di Verona, Trento e Bolzano; il secondo era Alberto Barletta, in servizio al ministero dell’Interno dal 1923, passato successivamente all’Ovra la polizia politica del regime fascista.

Nel 1948 venne chiamato direttamente dal ministro Scelba a dirigere l’Ufficio Affari Riservati, il settore del Viminale che si occupava di intelligence. Non era un ufficio qualsiasi. Negli anni successivi arriverà a dirigerlo Federico Umberto D’Amato, il prefetto che oggi è al centro delle nuovo indagini sui mandanti della strage di Bologna. Morto negli anni ’90, grande amico di Francesco Cossiga e legatissimo a Licio Gelli, dagli anni ’60 in poi sulla sua scrivania passano tanti misteri italiani. Secondo le indagini della procura generale di Bologna, D’Amato sarebbe stato pagato da Gelli per gestire una parte importante dei depistaggi successivi all’attentato del 2 agosto 1980.

I neofascisti

L’inchiesta di Spotlight aggiunge un ulteriore elemento. La rete clandestina creata dall’intelligence militare Usa prosegue nel tempo, con un passaggio del testimone dagli ex SS al mondo del neofascismo di Ordine nuovo. Nel 1996 il giudice Guido Salvini, nel corso dell’inchiesta su piazza Fontana, indaga sul nucleo veneto dell’organizzazione di estrema destra fondata da Pino Rauti e Clemente Graziani. Si concentra su Carlo Digilio, considerato uno dei logistici più importanti di Ordine nuovo. Il terrorista nero decide di collaborare e racconta dei suoi legami con il Counter Intelligence Corps, quella stessa struttura che nel 1947 aveva arruolato l’ex maggiore delle SS Hass e l’alto dirigente dell’Msi Pino Romualdi. «Un filo nero, che vede all’inizio gli americani che utilizzano persone come Hass e poi continuano, passano gli anni, e poi utilizzano persone come Digilio negli anni ‘60 in Veneto», commenta il magistrato milanese nell’inchiesta di Rainews24.

Karl Hass viene quindi interrogato nel 1996, quando il caso Priebke era scoppiato. Nel verbale che finisce negli atti di Piazza Fontana, l’ufficiale nazista aggiunge altri dettagli sulla rete clandestina che operava in Italia dopo la fine della guerra: «Io mi avvalevo o meglio recepivo le informazioni che riferivo agli americani negli ambienti dell'MSI, in particolare da Mario Tedeschi e Giorgio Almirante con il suo Ufficio stampa. Faccio presente che Mario Tedeschi era un'agente del CIC ed appresi questa circostanza nel corso di una accesa discussione che questi ebbe con Almirante sulla destinazione di fondi americani che erano giunti all'Msi».

© Riproduzione riservata