Il primo autunno dell’anno del Covid-19 non sta andando bene. Eppure, i mesi di tregua per prepararsi ad affrontare la seconda ondata ci sono stati. Le riaperture decise da governo e regioni hanno forse permesso la sopravvivenza di alcuni settori dell’economia e in particolare del turismo, ma hanno anche permesso cluster e situazioni pericolose che hanno provocato l’aumento dei contagi che ci troviamo a fronteggiare ora.

L’estate

È dal 3 giugno che sono di nuovo permessi gli spostamenti tra regioni. Ma il giorno in cui tutto è cambiato è il 15 giugno: il «D-Day del turismo europeo», come l’ha definito il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Il giorno in cui sono ripresi i viaggi all’interno dell’Ue. Ma è stato anche il D-day del divertimento: dopo due mesi di lockdown assoluto, chiusura di tutte le attività non essenziali, file fuori dai supermercati e norme rigidissime, il governo ha riaperto quel giorno discoteche, ma anche cinema e teatri. Vedere un film era di nuovo possibile a patto di indossare la mascherina per tutta la durata della proiezione, mentre per le discoteche le norme erano ancora più stringenti: gli accessi dovevano essere limitati al numero di persone tra cui era possibile garantire un metro di distanza, per chi accedeva alla pista i metri tra un ballerino e l’altro dovevano essere addirittura due. Una lunga serie di regole che però non è riuscita a impedire che in Costa Smeralda ad agosto si creasse un cluster talmente preoccupante che tutti i viaggiatori di ritorno dall’isola sono stati sottoposti a un test rapido. La polemica di mezza estate ha coinvolto malati eccellenti come Flavio Briatore, proprietario della discoteca Billionaire, contagiato dopo essersi lamentato di come le norme anti Covid-19 stabilite dal sindaco di Arzachena limitassero le possibilità di guadagno. Il 17 agosto, dopo l’aumento dei contagi, l’ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza, oltre a introdurre l’obbligo di indossare la mascherina nei luoghi aperti anche dalle 18 alle 6 del mattino, ha richiuso le discoteche.

L’autunno

La ricerca di una nuova normalità si è scontrata subito con l’aumento dei contagi dovuti ai rientri dall’estero, dopo le vacanze. Il 15 agosto l’assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato spiegava che i contagi avevano raggiunto «i livelli di maggio» e che in quelle condizioni si rischiava «di pregiudicare l’apertura delle scuole». Un mese dopo la riapertura è arrivata con tutte le conseguenze inevitabili in termini di aumenti di rischio. «Nei dati di oggi vediamo i contagi che si sono verificati venti giorni fa», dice Alessandro Vergallo, presidente del sindacato degli anestesisti Aaroi-Emac. Abbiamo appena iniziato a vedere, dunque, gli effetti della riapertura delle scuole: fin dai primi giorni, nonostante i complicati protocolli che normavano la gestione dei casi sospetti, sono partite quarantene per classi e interi istituti. E poco o nulla hanno potuto i discussi banchi anti Covid procurati dal Commissario straordinario Domenico Arcuri, arrivati solo in parte e in ritardo. «Abbiamo speso miliardi per il bonus bici e i banchi, invece di investirli per creare un sistema sanitario di sorveglianza che ci avrebbe messo in sicurezza», ha detto Andrea Crisanti, il direttore del dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova.I numeri dei ricoveri attualmente non preoccupano, ma è il trend a mettere in allerta gli esperti: se oggi infatti i pazienti in rianimazione sono poco più di trecento in tutto il paese (durante il periodo peggiore della pandemia erano 3mila soltanto in Lombardia), il nodo che collega diagnosi e contact tracing con ospedalizzazione non va perso di vista. Il rischio è infatti che, come ha rilevato nei giorni scorsi Crisanti, il sistema sanitario non riesca a gestire tutte le segnalazioni prodotte da Immuni, l’applicazione di screening del governo. L’Istituto superiore di sanità parla già di un «notevole carico di lavoro sui servizi sanitari territoriali». Insomma, seppure per ora né terapie intensive né reparti Covid-19 sono arrivati al limite, la situazione inizia a farsi preoccupante. «Non possiamo dire che il tempo dalla prima ondata ad oggi sia stato utilizzato al meglio, si sarebbe quanto meno potuto mettere mano all’organizzazione ospedaliera», dice l’anestesista Vergallo. In piena pandemia sono stati creati molti nuovi posti letto, soprattutto al Nord. Al Sud, invece, i sono stati creati alcuni hub dedicati: ciò non toglie però che in altre realtà, secondo il sindacato degli anestesisti, non c’è stato alcun adeguamento. Nelle problematiche della cinghia di trasmissione che collega screening e ospedali rientra poi anche l’organizzazione dell’attività extra ospedaliera, a cominciare dai medici di famiglia: per questo aspetto della sanità pubblica non è ancora arrivata nessun tipo di direttiva.

Le regioni

La mancanza di coordinamento tra regioni e governo centrale emerge anche nella gestione dei vaccini antiinfluenzali: a giugno il ministero della Salute ha emanato una circolare raccomandando il vaccino per tutti i soggetti, ma le associazioni di settore ne hanno denunciato l’indisponibilità nelle farmacie. Ora le Regioni dovranno escludere alcune categorie dalla disponibilità del vaccino gratuito o accontentarsi di una copertura vaccinale inferiore per liberare dosi da destinare all’acquisto in farmacia. Se alcuni presidenti di regione poi alla vigilia del voto del 20 settembre scalpitavano per capitalizzare il consenso creato durante i mesi di lockdown grazie a un atteggiamento da sceriffo nella gestione della pandemia, oggi a trovarsi in difficoltà sono tutte le regioni, compresa la Campania (dove i casi totali questa settimana sono stati oltre 14mila) e il Veneto (oltre 29mila). Anche il lanciafiamme con cui il presidente Vincenzo De Luca aveva minacciato i trasgressori delle norme anti Covid-19, quindi, si è inceppato: sono però attese nuove misure restrittive per Napoli già lunedì. L’Iss intanto certifica che i focolai attivi in tutto il paese sono oltre 3.800. Abbiamo passato l’estate a darci pacche sulle spalle e rallegrarci per i complimenti arrivati dall’estero invece che prepararci alla seconda ondata.

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