Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è tornato alla Camera per rispondere sul caso di Alfredo Cospito, l’anarchico al 41 bis in sciopero della fame da 116 giorni, che solo nei giorni scorsi ha ricominciato ad assumere gli integratori. La vicenda ha terremotato il dicastero di via Arenula sia sotto il profilo giuridico che sotto quello politico e Nordio si è trovato a dover fare da parafulmine ad entrambi e a doverne rendere conto in aula.

Il dibattito è stato durissimo, con sospensioni di seduta e toni nervosi sia da parte della maggioranza che dell’opposizione. Nordio non ha potuto fare altro che confermare la linea del ministero tenuta in queste ultime settimane. Quanto al caso Donzelli-Delmastro, i due colleghi di Fratelli d’Italia che hanno divulgato una relazione del Dap sui colloqui in carcere tra Cospito e i suoi compagni di detenzione, ha di fatto ripetuto quanto già scritto in nota. L’atto non era coperto da segreto e la dicitura “limitata divulgazione” apposta sulle carte «rappresenta una formulazione che esula dalla materia del segreto di Stato e dalle classificazioni di segretezza». Le conversazioni sono state riportate perchè ascoltate dagli agenti della penitenziaria, dunque «nessuna intercettazione è stata divulgata, perchè non ce ne sono state». Quanto alle richieste di accesso agli atti di altri parlamentari, le risposte sono state date limitatamente a quanto permetteva il sindacato ispettivo.

Le spiegazioni, tuttavia, non sono bastate alle opposizioni, che hanno attaccato sul fatto che da parte di Giovanni Donzelli non ci fosse stata alcuna richiesta di atti, oltre che sull’elemento di delicatezza di informazioni comunque riservate perchè riguardanti un detenuto al 41 bis. La vicenda, che per Fratelli d’Italia è chiusa, in realtà avrà un ulteriore strascico la prossima settimana, con la prima convocazione del giurì d’onore, che valuterà le parole di Donzelli e l’accusa di connivenza con la mafia mossa ai deputati del Pd che erano andati a trovare Cospito in carcere.

La relazione della Dna

Le parole più dure, tuttavia, Nordio le ha spese per rivendicare la correttezza della sua scelta di rigettare la richiesta di revoca del 41 bis. L’istanza al ministero, infatti, è stata respinta sulla base anche dei pareri forniti dalla magistratura e in particolare dalla procura generale di Torino e della Direzione nazionale antimafia.

Proprio su questo il ministro è ritornato, rispondendo indirettamente alle ricostruzioni della stampa secondo cui il parere della Dna era positivo alla modifica del 41 bis in regime di alta sicurezza con censura della corrispondenza e dunque di segno opposto rispetto alla decisione finale di Nordio.

Il ministro ha voluto sottolineare che la sua valutazione si è limitata a rispondere al quesito proposto: l’avvocato di Cospito chiedeva che l 41 bis fosse revocato in virtù di un fatto nuovo, ovvero una sentenza di assoluzione di altri anarchici a Roma che quindi non avevano subito condizionamenti di volontà leggendo i suoi scritti. Secondo tutti i pareri dei magistrati, Dna compresa, gli elementi presentati dal legale non eliminavano i presupposti del 41 bis, dunque Cospito doveva rimanere in quel regime. E, ha specificato Nordio, la valutazione «trova pieno riscontro nel parere del 31 gennaio fornito dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, per il quale i pericoli sono anche aumentati alla luce delle azioni messe in atto in maniera sinergica».

In quella che il ministro ha definito «una seconda parte» del parere, il capo della Dna, Giovanni Melillo, ha sì indicato la possibilità di applicare a Cospito la sorveglianza speciale. Tuttavia, secondo Nordio, il giudizio del ministero doveva limitarsi a rispondere al quesito dell’avvocato e non allagare le considerazioni alla questione generale.

La precisazione di Nordio è stata volta a smentire le ricostruzioni secondo le quali il suo dicastero avrebbe ignorato le considerazioni della Dna, che funzionalmente è l’ufficio apicale con competenza su mafia e terrorismo.

Tuttavia, dal documento firmato da Melillo, emerge come secondo la Dna anche la seconda parte del parere rispondeva al quesito proposto e dunque andava considerata nella decisone. Si legge infatti che, pur «ribadita la fallacia delle deduzioni difensive», «si impone la ricognizione di ogni altro elemento utile ad una aggiornata valutazione degli elementi complessivamente rilevanti». Questo perchè, «alla luce dei parametri costituzionali», il 41 bis può essere applicato «solo ove sia indispensabile». Dunque l’istanza del difensore di Cospito è giustificata dal fatto nuovo giudicato irrilevante, ma è «volta alla verifica dell’effettiva sussistenza dei presupposti del provvedimento». Proprio questo, secondo la Dna, «impone di estendere il contribuito informatio al complesso degli elementi rilevanti alla valutazione».

Tradotto: secondo Melillo, quella che Nordio definisce «la seconda parte del parere» non è irrilevante rispetto al quesito dell’avvocato come ha ritenuto il ministro, ma è parte integrante della risposta.

Il contrasto a distanza tra ministero e Dna, tuttavia, potrebbe essere superato dai fatti e dunque dalla pronuncia della Cassazione, attesa per il 24 febbraio. Il procuratore generale della Cassazione ha già aperto la via per la revoca del 41 bis, sostenendo che il decreto non abbia motivato a sufficienza la necessità della misura.

Se i giudici della Suprema corte annullassero con rinvio la decisione, spetterebbe di nuovo alla magistratura di sorveglianza valutare nel merito se ancora sussistono gli estremi per il carcere duro. Tuttavia, un orientamento della Cassazione diverso rispetto a quello del ministero a sole due settimane di distanza sarebbe certamente clamoroso. L’unica certezza, per ora, è che il caso Cospito è ancora apertissimo e l’intransigenza dell’esecutivo sia nel difendere il duo Delmastro-Donzelli che nel rivendicare la linea della fermezza rischia di mettere in difficoltà soprattutto il suo ministro della Giustizia.

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