L’emendamento dei relatori nel provvedimento alla Camera prevede un assegno per garantire la stessa retribuzione dopo l’addio all’Acn. Parte l’assalto di Crosetto all’agenzia, nonostante il suo conflitto di interessi. Intanto il generale dei carabinieri Mario Cinque nominato vicedirettore del Dis
Una legge ad hoc per garantire uno scivolo a Bruno Frattasi per l’uscita di scena dal ruolo di direttore dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn). L’opzione prevede la possibilità di rientrare nell’amministrazione di appartenenza, nel suo caso essendo prefetto è il ministero dell’Interno, beneficiando dello stesso trattamento economico con un assegno «ad personam» per coprire la differenza.
La volontà della maggioranza ha preso forma con un emendamento al decreto Pubblica amministrazione, in esame nelle commissioni riunite Affari costituzionali e lavoro della Camera.
La proposta porta la firma dei relatori, Paolo Emilio Russo (Forza Italia), Tiziana Nisini (Lega) e Marta Schifone (Fratelli d’Italia). È impresso un chiaro marchio all’iniziativa. Non un’idea dal sen fuggita, ma un progetto studiato a tavolino.
La strategia sembra ricalcare quanto fatto con Giuseppe Del Deo, che – come ha raccontato Domani – ha usufruito di un dpcm per lasciare con alcuni vantaggi (su tutti la deroga per gli incarichi futuri) l’incarico di vicedirettore del Dis, il Dipartimento che fa da raccordo tra la politica e l’Aisi e l’Aise, le agenzie dei servizi segreti.
Emendamento alla Camera
L’attenzione si sposta ora sull’agenzia per la cybersicurezza, che da tempo è sotto pressione. Alla base dell’emendamento c’è la nobile intenzione di potenziare l’organismo con un’iniezione di risorse economiche, esattamente 10 milioni di euro spalmati sul prossimo triennio.
Nel dettaglio un milione di euro nel 2025, 4 milioni nel prossimo anno e altri 5 milioni nel 2027.Il testo, però, cambia anche le carte in tavola per gli incarichi apicali. Prima di tutto il direttore dell’Agenzia deve ricevere il «nulla osta sicurezza» rilasciato per i vertici dell’intelligence italiana, avvicinandolo maggiormente a ruoli militari.
C’è un passaggio ulteriore che sembra preparare l’uscita di scena del prefetto Frattasi. Viene infatti regolato l’eventuale siluramento per violazione degli obblighi di segretezza del direttore e del direttore centrale. Un passaggio scontato, addirittura ridondante. Ma, si legge ancora nell’emendamento dei relatori, la «cessazione può essere disposta anche indipendentemente dalla sussistenza di profili di responsabilità disciplinare». Insomma, per qualsiasi altra ragione può essere interrotto il rapporto. I direttori possono essere rispediti alle amministrazioni di appartenenza o alla presidenza del Consiglio.
Qui c’è un piccolo premio di consolazione. «Con il provvedimento di ricollocazione è disposto un assegno riassorbibile ad personam in caso di differenziali retributivi tra il trattamento economico complessivo in godimento presso l’Agenzia e quello previsto presso l’amministrazione di destinazione», scrivono i relatori nell’emendamento.
Difesa all’attacco
La proposta completa la morsa a tenaglia avviata dal ministero della Difesa, che da mesi ha messo gli occhi sul controllo dell’Acn. L’obiettivo è noto: portare sotto il proprio controllo la struttura con la motivazione di rendere più fluido il meccanismo e spostare le competenze sotto l’ala militare. Il ministro Guido Crosetto aveva dichiarato che il settore cyber «per la sua natura non possa essere segregato né tantomeno gestito separatamente». Da tempo circolano spin comunicativi, attribuiti al ministero, sulla necessità di rivedere la governance. L’idea ha trovato la sponda del presidente della commissione Difesa a Montecitorio, Nino Minardo. Come ha anticipato dal Foglio, il parlamentare ex leghista ha scritto in una relazione che il ministero della Difesa debba occuparsi «del dominio cibernetico nella sua interezza, analogamente a quanto avviene nei domini tradizionali come quello terrestre, marittimo, aereo e spaziale».
Nei mesi scorsi c’era stato il tentativo di portare il vicecomandante dei carabinieri, Mario Cinque, al vertice dell’Agenzia. Un’operazione che non è andata in porto. Nel consiglio dei ministri di mercoledì 9 aprile, con un dpcm, Cinque è stato nominato vicedirettore del Dis.
Ma Frattasi resta sulla graticola. Crosetto ha il placet dell’intero comparto della Difesa, a dispetto dei possibili conflitti di interessi tra il ministro e il maggior peso del suo dicastero nell’agenzia, a causa dei noti rapporti tra Crosetto e le società private della cybersicurezza. Non solo è stato, infatti, consulente di Elettronica spa, ma vanta una vecchia amicizia con Carmine Saladino (che lo ha ospitato in un suo appartamento), fino a inizio marzo al timone di Maticmind, altro colosso della cybersecurity sempre impegnata in appalti nell’ambito difesa e sicurezza.
Dall’indagine della procura di Roma è emerso l’interesse di Saladino nell’acquisizione di un’altra società del settore: la Deas di Stefania Ranzato, in grande ascesa, grazie anche agli affidamenti ricevuti dal dicastero guidato da Crosetto, e al centro dell’inchiesta sugli appalti Sogei e Marina.
Resta un fatto: Frattasi, nonostante gli attacchi sulla gestione dell’Acn – anche Matteo Renzi ha chiesto un cambio ai vertici – non ha finora perso il sostegno del suo principale sponsor, il sottosegretario Alfredo Mantovano. Che in genere sovrintende tutti gli emendamenti più delicati, come quello cucito addosso al possibile sfratto di Frattasi.
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