Il presidente del Consiglio accelera sull’obbligo vaccinale, che non arriva. Ma intanto il 15 settembre alle 10 e 30 si tiene la cabina di regia ed è fissato per le 16 il nuovo Consiglio dei ministri sull’estensione del green pass. Ieri ha chiesto e ottenuto il voto di fiducia del Senato. Formalmente le ragioni ci sono tutte: il provvedimento che mantiene l’obbligo del pass a tutto il personale scolastico e universitario, oltre che ai docenti e ai genitori che accompagnano i figli a scuola, e per chi usa i trasporti a lunga percorrenza, scade il prossimo 21 settembre.

Rischia di saltare, e così di mandare in tilt il delicatissimo momento dell’avvio dell’anno scolastico: Fratelli d’Italia fa muro, ha scaricato sul provvedimento oltre cento emendamenti e trenta ordini del giorno. E questi voti sono una sirena per una fetta consistente del gruppo leghista, spaccato come mai su questo provvedimento. Per non parlare del prossimo in arrivo, che estenderà il pass a tutti i dipendenti pubblici e privati.

Il supporto di Draghi

La scelta della fiducia, la numero quattordici del governo Draghi, sembra fatta apposta per costringere la Lega a decidere la propria linea nei confronti del governo, dopo gli ondeggiamenti degli ultimi giorni. Ma è l’opposto di quello che appare. È una mossa di Draghi per dare una mano proprio all’ala governista del Carroccio. Senza il voto di fiducia il partito di Salvini rischiava di entrare in una turbolenza e forse di spaccarsi, nonostante le smentite dello stesso leader. La serata finisce invece con numeri tranquillizzanti: 189 favorevoli, 39 contrari e due astenuti.

Al Senato la Lega cerca di ricomporsi: chiede di abbassare i toni e invita a cercare soluzioni per «informare» i cittadini sui vaccini cercando anche di «rispettare chi ha dubbi e difficoltà», perché, spiega il capogruppo Massimiliano Romeo, «è giusto e corretto dare spazio in parlamento a sensibilità diverse, ed è meglio discuterle qui piuttosto che nelle piazze, come ci insegna la storia, per evitare strumentalizzazioni». Ma è un modo per non nominare le contorsioni interne: mai come in questo momento Salvini è di fronte a una fronda di dissenso. Il voto comunque è sì.

Anche se alla Camera in Commissione era arrivato il no, insieme a quello di Fratelli d’Italia, che al Senato ha scelto di mantenerlo («La misura è ai limiti dell’incostituzionalità, continueremo a dare battaglia», dice il meloniano Federico Mollicone).

In aula parla il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, l’altalenante Cinque stelle, un tempo il preferito di Salvini al ministero di Lungotevere Ripa, che stavolta si scaglia contro gli accenti no vax che riecheggiano nella discussione nella parte destra dell’emiciclo: «La politica non confonda le persone. Discuta sull’obbligo vaccinale e sul green pass, ma non può discutere su una cosa che è scienza pura: il vaccino salva la vita. Punto». E ancora: «L’efficacia dei vaccini è innegabile. In Gran Bretagna ci sono 60mila contagiati al giorno e 85-90 decessi. All’inizio di gennaio il Regno Unito aveva 60mila contagi e mille morti al giorno. Salvo che non sia stata la Divina Provvidenza, in un anno l’unica cosa che è cambiata è stata l’introduzione del vaccino».

Passare oltre

Draghi vuole chiudere il dossier e lo si capisce dal fatto che nel pomeriggio convoca i sindacati a palazzo Chigi. E li informa che il prossimo passo sarà rendere obbligatorio il pass per tutti i lavoratori, del settore pubblico e di quello privato. Lo riferisce Pierpaolo Bombardieri, segretario della Uil, all’uscita del confronto, che non è affatto cordiale. Il segretario della Cgil Maurizio Landini insiste sull’obbligo vaccinale, ma Draghi ha imboccato un’altra strada. I sindacati chiedono la gratuità dei tamponi, perché «i costi della sicurezza sul lavoro non la debbono pagare i lavoratori» ma su questo c’è un parere scettico del ministro del Lavoro.

Landini, che è vaccinato e dotato di green pass, all’entrata del palazzo si sottopone al tampone per una scelta-manifesto, «è importantissimo come sistema di tracciamento». Gratis, come chiede per tutti i posti di lavoro. Per il sindacalista «se davvero l’obiettivo è quello di aumentare il numero di persone che si vaccinino senza obbligo ma con la ricerca del consenso, tutti gli strumenti dovranno avere questa caratteristica. Vogliamo evitare che provvedimenti possano alimentare divisioni nei posti di lavori».

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