Calabria, Occhiuto vince e porta la destra sul 2-0. Ma in Campania è scontro

La vittoria in Calabria è arrivata facile per l’uscente Roberto Occhiuto, con venti punti di vantaggio sull’avversario del campo largo Pasquale Tridico. I dati sono ancora incerti perché lo scrutinio sta procedendo a rilento, ma il rieletto governatore naviga intorno al 58 per cento ed è il primo nella storia della regione a venire riconfermato per il bis. Un trionfo atteso sulla carta ma liberatorio quando è arrivato, perché il voto avrebbe dovuto svolgersi tra un anno e invece è stato anticipato dalle dimissioni dell’ora rieletto governatore, in seguito a un’inchiesta a suo carico per corruzione. «In un paese civile nessuno si dimette per un avviso di garanzia», sono state le sue parole dopo il successo, «troppe volte le inchieste giudiziarie vengono strumentalizzate per sconfiggere con questa via chi non sarebbe stato sconfitto. Abbiamo impedito questo». Al netto della nota personale, il messaggio di Occhiuto è stato di pacificazione anche con l’avversario sconfitto: «L’ho ringraziato quando mi ha fatto i complimenti e ho chiesto anche a lui di collaborare con me in qualsiasi ruolo decida di farlo. Sarebbe il caso di pacificare questa regione dopo una campagna elettorale violenta». Infine è arrivata la dedica, alla defunta presidente regionale Iole Santelli e a Silvio Berlusconi. I toni concilianti di Occhiuto sono quelli di un moderato, ben distanti da quelli del leghista Matteo Salvini, che nel fargli le congratulazioni divide i buoni dai cattivi: «Da una parte chi protesta, devasta le città e attacca le forze dell'ordine, dall'altra i cittadini che pensano al bene del proprio territorio», ha scritto con chiaro riferimento alle manifestazioni per Gaza – in realtà prevalentemente pacifiche – durante i giorni del voto. Più sobria la premier Giorgia Meloni, che ha posto l’accento sulla «fiducia nella coalizione di centrodestra» e «un riconoscimento dell’azione di buongoverno». Calabria, il centrodestra con Occhiuto verso la riconferma con il 58 per cento Forza Italia primo partito Il risultato più significativo all’interno della coalizione è quello di Forza Italia. «Vittoria di Forza Italia», ha infatti twittato il segretario Antonio Tajani. E a chi gli ha chiesto una analisi del risultato ha spiegato che «il voto dimostra che i calabresi vogliono stabilità. Si vince politicamente al centro». Un avviso ai naviganti su dove gli azzurri intendono collocarsi, visto anche che il 20 per cento a livello nazionale teorizzato dal vicepremier Tajani in Calabria si è realizzato. Il partito di cui Occhiuto è potente vicesegretario infatti veleggia intorno al 19 per cento, con la lista personale del governatore secondo partito al 14 per cento. Un risultato quasi doppio a quello di Fratelli d’Italia, fermo intorno al 10 per cento e alla Lega – che storicamente fatica nelle regioni del sud – con il 9 per cento. In realtà, l’esito è quasi sovrapponibile a quello del 2021, quando Occhiuto è stato eletto per la prima volta: anche in quel voto FI era risultato il primo partito con il 17 per cento, seguito da FdI all’8,7 e la Lega all’8,3. Anche l’affluenza – grande cruccio per tutti i partiti di queste elezioni – si è confermata molto bassa: solo il 43 per cento degli elettori ha votato, contro il 44 per cento di quattro anni fa. Insomma, il plebiscito di Occhiuto ha riguardato però meno di un calabrese su due. «I dati sono dopati dalla presenza di 420mila elettori residenti all'estero. Se a questi aggiungiamo gli oltre 400mila che risiedono qui ma vivono in altre città ci accorgiamo che alla fine la percentuale reale dei calabresi votanti è superiore al 70 per cento», ha provato a spiegare il vicecapogruppo di FdI alla Camera, Alfredo Antoniozzi. In Calabria, infatti, vivono stabilmente circa 1,8 milioni di abitanti ma secondo l’anagrafe i votanti sono 1,9 milioni, buona parte dei quali sarebbe impossibilitata a rientrare per votare. Chi va via e chi lotta ancora: tra gli espropriati del ponte sullo Stretto Ancora stallo Difese Calabria e Marche, il centrodestra parte da un rassicurante 2 a 0 per discutere dei candidati ancora mancanti per Veneto, Campania e Puglia. Lo stallo permane, nonostante l’esito delle tre elezioni è dato per scontato come quello in Calabria. In Veneto, in realtà, il nome ormai quasi certo è quello del leghista Alberto Stefani, anche se per l’ufficialità mancherebbe l’accordo (che FdI vorrebbe per iscritto, secondo fonti interne) per cui nel 2028 la Lombardia avrà un candidato meloniano. Invece, in Puglia e Campania i candidati di centrodestra si scontreranno con i vincitori annunciati del campo largo Antonio Decaro (Pd) e Roberto Fico (M5S), eppure gli alleati non sono ancora riusciti ad individuare il nome di chi tenterà l’improba impresa. Dietro lo stallo ci sono due diversi psicodrammi ed entrambi legati a FdI. La Campania dovrebbe avere un candidato meloniano, e sarebbe ancora in lizza (dopo essersi inabissato in favore di candidati civici d’area) il sottosegretario Edmondo Cirielli, ma Forza Italia – storicamente forte in regione – sta frenando. «Si vedrà», ha detto Tajani a chi gli ha fatto il nome di Cirielli. Proprio nel giorno della vittoria di Occhiuto, il segretario campano Fulvio Martusciello ha detto sibillino: «Con un candidato di centro si può battere il candidato dei 5 stelle» come successo in Calabria. La posizione di FI, infatti, è quella di sponsorizzare un candidato civico, facendo valere il proprio peso elettorale in regione. Altrettanto confusa è la situazione pugliese, dove il candidato – secondo la spartizione degli alleati – dovrebbe essere di FI e in lizza ci sono il deputato Mauro D’Attis come scelta politica e l’imprenditore Luigi Lobuono come soluzione civica, ma dentro FdI locale ha iniziato a ribollire lo scontento. Confusi ma alleati. Il campo largo resiste e prova a “ripensarsi” Nella regione che ha dato i natali a Pinuccio Tatarella, infatti, è in corso una faida interna che vede da una parte il coordinatore regionale Maurizio Gemmato, amico fidato di Meloni, e dall’altra i dirigenti locali che avrebbero ambito a una soluzione più nobile (e magari un loro candidato presidente) per la regione, che a venti giorni dalla presentazione delle liste è ancora senza candidato. Ora la palla spetta al tavolo romano tra leader che dovrebbe riunirsi domani.