Nelle scuole dove i genitori non possono entrare per ragioni di sicurezza, in quelle dove i ragazzi fanno i turni – tre giorni sì due no –, in quelle che rispediscono indietro alunni e prof per un’improvvisa quarantena obbligatoria (a ieri, secondo i ricercatori Lorenzo Ruffino e Vittorio Nicoletta, erano 654 con casi accertati di Covid); in quelle in cui non sono ancora arrivati i banchi monoposto con o senza rotelle, in quelle che hanno aperto lunedì dopo il voto, in quelle che hanno chiuso e poi riaperto per la stessa ragione; in quelle in cui i supplenti sono arrivati per uno sbaglio delle graduatorie e sono stati revocati; insomma nel caos cosmico ma responsabilmente calmo di una scuola «dimezzata», come l’ha definita con un eufemismo la piazza di Roma di sabato scorso, dal prossimo 22 ottobre si svolgerà il concorso straordinario per docenti precari.

La data è slittata dallo scorso luglio a quest’autunno, dopo tensioni fortissime nella maggioranza che si erano fermate solo all’alba di una notte di trattativa a Palazzo Chigi, e solo perché il premier Giuseppe Conte aveva preso in mano la situazione smussando le convinzioni della ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, e cioè che i concorsi s’avevano da fare. Covid o non Covid.

Le cattedre

Sono in 64.563 ad aver fatto domanda per 32mila posti in palio. Gran parte dei prof che sosterranno la prova si è già vista assegnare una cattedra, dunque dovrà assentarsi, aggiungendo disagio a disagio ai propri studenti. Quelli di loro che fossero “quarantenati”, o influenzati, o gli sfortunati che in quella data avessero contratto il virus, dovranno rinunciare per sempre a una selezione appunto “straordinaria” immaginata per chi ha almeno tre anni già di lavoro alle spalle.

In gergo si chiamano “precari storici”. L’espressione non è affettuosa, ma va ricordato che questi “storici” farebbero volentieri a meno dei galloni di senatori del precariato: in assenza di percorsi “abilitanti” (l’ultima possibilità è stata nel 2013) non hanno potuto accedere ai concorsi successivi ma hanno continuato a insegnare e a “coprire” cattedre, contribuendo a mandare avanti una scuola che senza precari, lo abbiamo riscoperto quest’autunno, si ferma.

Alle prove sono interessate 1500 scuole dove in gran parte verranno presi a prestito i laboratori di informatica, merce preziosa per gli istituti che li hanno, tanto più nell’Era Covid. In forza di quale convinzione scientifica le scuole interdette alle attività “promiscue”, dunque a tutti gli esterni, per indicazione del Comitato tecnico scientifico, si apriranno invece a migliaia di candidati, che sarà della carriera dei quarantenati?

La ministra spiega che solo il lockdown le farebbe cambiare idea, in caso contrario assicura che il protocollo di sicurezza è pronto e che da mesi i suoi tecnici preparano l’ordinato svolgimento anche del successivo concorso ordinario. Era la stessa promessa della vigilia dell’apertura delle scuole. I risultati sono sotto gli occhi di tutta la comunità scolastica, quasi otto milioni di studenti, un milione e mezzo di insegnanti, gli altri lavoratori della scuola, e le famiglie dei primi, dei secondi e dei terzi.

I sindacati

Il problema dei precari, uno dei tanti della scuola italiana, richiede una soluzione coraggiosa che consenta di fare finalmente punto e a capo: o l’esecrata sanatoria, o un percorso abilitante o comunque un meccanismo che assicuri a settembre insegnanti stabili in ogni cattedra, certezza che oggi i concorsi non consentono. E invece dall’estate scorsa non è cambiato molto.

Ma la ministra, difesa dal premier – sempre più cautamente – non accetta più dilazioni. Il Pd ha provato a dire che sarebbe meglio rimandare tutto alle vacanze di Natale, quando le scuole saranno chiuse. Ma la pur timida affermazione ha scatenato la reazione dei Cinque stelle, sostenitori di una meritocrazia senza se e senza ma – cioè senza prendere in considerazione la realtà della scuola dell’Era Covid – e con loro si è schierata Italia viva. Così i vertici del Pd si sono affrettati a chiarire che «si tratta di una normale riflessione, non c’è nessuna volontà di scontro». Restano poche voci dem, quella del senatore Francesco Verducci e del deputato Matteo Orfini, a credere che «è contro ogni buon senso convocare i concorsi» «all'avvio di un anno scolastico partito tra le difficoltà e che andrebbe messo al riparo da ulteriori rischi», chiedendo al governo «un tavolo sul precariato e sul reclutamento».

Restano contrari i sindacati, per i quali tenere «il concorso straordinario ora è un errore» (Cgil), denota «un altissimo livello di insensibilità date le difficoltà che già stanno avendo le scuole», «un altro stress per la scuola» (Cisl), mentre c’è chi nutre «seri dubbi che si riuscirà a rispettare il calendario fissato» (Gilda) o chi chiede «l’immediato avvio di una procedura straordinaria per titoli» (Snals). Ha buon gioco la Lega a soffiare sul disagio dei precari accusando la ministra che «alimenta uno scontro senza senso». Era il momento di riaprire un dialogo con tutta la comunità scolastica, dopo gli scontri dell’era della Buona scuola. Partendo dal principio che non c’è provvedimento, anche il migliore, che possa funzionare senza la collaborazione di chi deve applicarla nel concreto.

Infine. Riaprono oggi a Napoli due scuole per l’infanzia, la Chiara d’Assisi e Beltramelli, e due asili nido, la Bice Zona e la Partenope. Fin qui la Quarta municipalità del capoluogo campano aveva disposto la chiusura per mancanza di personale e di dispositivi di sicurezza. Da ieri i problemi si sono risolti. Volevamo scrivere anche una buona notizia.

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