Palestina, il penoso trucchetto di Meloni: «Riconoscerla? Se si liberano gli ostaggi»

Alla vigilia del suo intervento di oggi alle Nazioni Unite, Giorgia Meloni ha fatto la sua mossa. Accerchiata da paesi come Francia, Spagna e Regno Unito che hanno riconosciuto la Palestina e dalle piazze italiane, la premier si è dovuta muovere e ha annunciato che «la maggioranza presenterà una mozione per il riconoscimento della Palestina», subordinato però a due condizioni: «Il rilascio degli ostaggi israeliani e l’esclusione di Hamas da qualsiasi dinamica di governo». Un trucco da illusionista ben studiato. La presidente del Consiglio per la prima volta si è sbilanciata, sostenendo di non essere contraria per principio al riconoscimento di uno stato palestinese, ma che «in assenza di uno Stato con i requisiti della sovranità non produce risultati concreti e tangibili». Ha poi prevenuto la critica sul fatto che il riconoscimento sia uno strumento di pressione politica. «Capisco, ma dobbiamo capire su chi: la pressione deve essere fatta su Hamas, che ha cominciato la guerra e impedisce che finisca rifiutandosi di consegnare gli ostaggi», è stato il suo ragionamento. Nessuna parola spesa per il genocidio in corso a Gaza né sull’abuso della forza messo in atto da Israele, ma solo la sottolineatura che la priorità rimane la guerra ad Hamas. I paesi che riconoscono lo stato di Palestina: cosa cambia davvero e le posizioni di chi è contrario La mozione di maggioranza, tuttavia, interrogherà sul da farsi le opposizioni a cui Meloni ha fatto una sorta di appello: «Dobbiamo darci le priorità giuste» ha detto riferendosi alla sconfitta di Hamas, e «spero che la mozione trovi il consenso dell’opposizione e delle persone di buon senso». L’iniziativa della premier la toglie dall’impasse del no al riconoscimento ed è una mossa politica strategica. Secondo il diritto internazionale, infatti, la dichiarazione di riconoscimento di uno Stato è un atto giuridico puro, che non può essere soggetto a condizioni. Nella prassi, tuttavia, il riconoscimento “condizionato” è un modo per sottintendere l’opposto. Ovvero, che il riconoscimento non avverrà fino a quando non verranno adempiute le condizioni fissate. Solo un governo vassallo è contro lo stato palestinese Nel caso della Palestina si tratta di condizioni ad oggi difficilmente verificabili e dunque la scelta italiana è molto diversa da quella fatta dagli altri paesi occidentali che si sono mossi negli ultimi mesi. Tutti, dal Regno Unito al Canada, hanno posto delle condizioni politiche (quelle poste da Meloni su Hamas, ma anche contro l’espansione di Israele nei territori occupati), ma i governi hanno formalmente riconosciuto lo Stato. La non scelta della mozione parlamentare, invece, dà più di un vantaggio a Meloni: una mozione così sarà digeribile anche per la Lega, che ha sposato posizioni filo Netanyhau, e non impegnerà ad alcun atto concreto nel prossimo futuro. Ma soprattutto non allontanerà l’esecutivo dalle posizioni di Trump, che nel suo incendiario discorso al palazzo di Vetro ha ribadito come il riconoscimento della Palestina sia un «regalo per Hamas». Onu, i sì alla Palestina come una valanga. Israele: «Solo un circo» L’accordo con trump L’intervento del tycoon, però, è stato il vero focus della giornata americana, da cui Meloni non ha preso le distanze. In particolare ha detto di aver condiviso «i passaggi sul Green Deal, il cui approccio ideologico ha minato la competitività dei sistemi economici». Nessuna parola sulle posizioni più dure del presidente americano, il quale ha attaccato i paesi europei, che «andranno all’inferno» se non cambiano linea sulle politiche migratorie e che sarebbero «ipocriti» nel comprare petrolio dalla Russia nonostante il conflitto. «L’Ue non è ambigua nei confronti dell’Ucraina», ha commentato Meloni, che tuttavia non ha preso le di stanze dall’interpretazione trumpiana. «Dobbiamo lavorare insieme come Occidente per una pace duratura», è stata la diplomatica conclusione della premier, che ha dimostrato ancora una volta come la linea italiana sia quella di rimanere prudentemente nella scia americana. L’equilibrio, tuttavia, appare sempre più precario anche alla luce degli attacchi di Trump agli altri leader europei. Intanto, la diplomazia continua. Meloni ha incontrato ieri il presidente della Siria Ahmad Husayn al Sharaa, il presidente del Libano Joseph Aoun, l'emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Oggi, invece, parlerà alle Nazioni Unite. Onu, riconoscimento della Palestina: la Francia s’è desta. Macron prova a salvare la faccia