Le elezioni amministrative sono lontane dal cuore dei partiti e rischiano di diventarlo ancora di più. Se la data indicata inizialmente per l’appuntamento che rinnoverà oltre 1.200 comuni doveva essere a primavera inoltrata, sembra sempre più probabile che slitti a causa della pandemia. La decisione è in mano al governo, che ha già provveduto a riorganizzare le regionali calabresi, slittate all’11 aprile. La possibilità è che tutti gli appuntamenti elettorali siano spostati a dopo l’estate. Ufficialmente i termini per rinviarli scadono a marzo, ma c’è da vedere come si uscirà dalla crisi di governo. Detto questo, un rinvio non dispiacerebbe a nessuno dei partiti, che in quasi tutte le grandi corse cittadine sono ancora parecchio indietro.

Il centrodestra

La complicata ripartizione delle candidature tra gli alleati ha per ora dato i suoi frutti solo per su Torino: qui si sta definendo la posizione di Paolo Damilano. L’imprenditore, di area Lega, era stato valutato come alternativa ad Alberto Cirio, eletto presidente di regione nel 2019. Cirio ha già dato il suo appoggio, ma una parte del gruppo cittadino di Forza Italia continua a difendere il nome della deputata Claudia Porchietto, un lungo passato in consiglio regionale e attualmente alla sua prima esperienza nazionale.

Lo schema del candidato civico sembra essere la strategia del centrodestra anche nel resto d’Italia: a Milano si è nei giorni scorsi sfilato dalla corsa l’ex ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, attualmente deputato. Sembra invece acquistare quota la candidatura di Roberto Rasia dal Polo, direttore della comunicazione del gruppo Pellegrini. Il capoluogo lombardo resta un terreno difficile: nessun uomo di partito, soprattutto non della Lega, a cui spetterebbe scegliere questo candidato, ha interesse a uscire perdente da uno scontro che vede favorito il sindaco uscente. Anche a Roma, in una partita in cui il centrodestra potrebbe giocarsela, per ora l’unico nome che continua a circolare è quello di Guido Bertolaso. Si era parlato anche di Chiara Colosimo, già membro del consiglio regionale per il partito di Giorgia Meloni, che avrà l’ultima parola sulla candidatura nella capitale. Anche la corsa di Napoli si complica: restano infatti in campo sia l’imprenditore Riccardo Monti sia il sostituto procuratore Catello Maresca.

La maggioranza di governo

Nonostante una timida apertura da parte dei Cinque stelle, non è ancora chiaro se si riuscirà a trovare un accordo tra i partiti (resta incertezza anche su Italia viva, che potrebbe continuare a cercare l’alleanza nei comuni). Non è chiaro cosa possa succedere a Torino, dove la sindaca Chiara Appendino si è dichiarata indisponibile a un secondo mandato e gli attivisti Cinque stelle stanno ancora cercando la quadra per una candidatura, mentre il Pd è spaccato al proprio interno tra l’uomo di partito Stefano Lo Russo (su cui scommette anche Sergio Chiamparino) e il chirurgo Mauro Salizzoni. La sua è una candidatura civica che potrebbe attrarre anche voti non fidelizzati. Stesso discorso a Milano, dove i sottoinsiemi della realtà grillina si fronteggiano tra di loro, indecisi se sostenere Beppe Sala, a cui hanno fatto opposizione, oppure no. Anche a Roma, dove Virginia Raggi si è già ricandidata, non è assolutamente detto che l’alleanza possa reggere. Ma per la sinistra, al di là del nome poco ecumenico di Carlo Calenda, o quello, ancora in discussione, di Monica Cirinnà, c’è il vuoto. A Napoli un esponente di governo dice che «per la prima volta la sfida con il centrodestra potrebbe essere aperta»: sembra improbabile che il ministro Enzo Amendola o il presidente della Camera Roberto Fico possano lasciare il loro incarico per correre. Resta il dubbio su come raccogliere l’eredità del sindaco uscente Luigi De Magistris. E non è escluso che il nome su cui si possa convergere sia di nuovo quello di Antonio Bassolino.

 

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