25 dicembre

È un Natale ai tropici. Un’Italia senza inverno si è ritrovata a Cortina come in un vecchio cinepanettone degli anni ‘90, incapace di rendersi conto che, nel frattempo, il mondo è cambiato. Una classe politica in pose anacronistiche, scollata dal paese e dagli scenari internazionali sempre più foschi, in ritardo su tutto, in primis sulla constatazione più semplice da fare. Il clima si sta stravolgendo veramente. Non riguarda di certo soltanto il nostro paese, ma qualcosa sta accadendo sotto i nostri occhi, dentro i nostri giorni.
Una riflessione. Generale.
Il potere economico ha primato su ogni altro, oggi è detenuto in gran parte dalle grandi company digitali, il resto lo difende con i denti il sistema lobbistico, locale e globale. Questo potere ha la forza di occultare la verità, cosa nota e storica, e oggi sembra voler distogliere l’attenzione generale, con l’avvento dei social molto più manipolabile e gestibile, da alcune evidenze, di cui nessuno parla.
Rispetto al cambiamento climatico, e alle emissioni di CO2, ci sono alcuni fattori di cui nessuno parla, nascosti sotto al tappeto per così dire. Fattori che producono, anche in relazione al traffico veicolare, un enorme corto circuito.
Lo shopping online. Oggi totalmente globalizzato, in mano al singolo individuo attraverso il suo smartphone.
Una signora di Roma, esempio stupido, può acquistare un oggetto, un capo d’abbigliamento, attraverso un sito con sede e produzione in Cina.
Il meccanismo lo conosciamo tutti.
Ordine. Spedizione. Arrivo del prodotto.
Pensate a tutti i mezzi a motore, tutti con alimentazione tradizionale a partire dal cargo che prenderà in consegna e farà volare per mezzo mondo il nostro acquisto, che saranno coinvolti nella vicenda. A questo fattore aggiungete quella che ci è voluto per preparare l’imballaggio, che resterà nelle nostre case e smaltito attraverso la raccolta dei rifiuti, in un comune come Roma, giusto per fare un esempio, ancora con molte zone senza una vera e propria differenziata.  
Una quantità enorme di emissioni e di sovraccarico ai sistemi di gestione dei rifiuti locali, a cui tocca l’onere di smaltimento della confezione, carta e plastica.
Senza contare l’avvento di un fenomeno relativamente nuovo. Il retail. La vendita tra privati di prodotti usati. Molti i siti dedicati a questo nuova forma di commercio. Un altro carico enorme di impacchi da smaltire, magari per una vendita-acquisto che non arriva neanche a 5 euro.
Però di questo non si parla.
A noi interessa avere il nostro prodotto da consumare, poco importa quanto impatterà sulla salute del pianeta.
Ma tra un brindisi e una sciata su neve finta, chissà quante emissioni ci vorranno per produrre tutto quel ghiaccio tritato, questa come ogni altra questione non sembra interessare a nessuno.
Natale, tempo di vacanza, tempo vacante, proprio come la nostra politica.

29 dicembre

Gli ultimi giorni dell’anno si portano via un nome da brividi, almeno per tutti quelli che amano il futebol. Il 29 dicembre muore Pelè.  Era malato da tempo.
O Rei, l’uomo dai mille gol, ha avvicinato al gioco del calcio milioni di ragazzi, brasiliani e non. La sua parabola richiama molto del sogno americano: il ragazzino povero che scala la società grazie al suo talento. Amato nel mondo, meno in patria, forse proprio per le tante assonanze con il sogna made in Usa, Edson Arantes Do Nascimento rimane un’icona del calcio e della cultura pop. Pelè, Muhammad Ali, Abebe Bikila. Parabole umane e sportive ineguagliabili.
Il 16 dicembre se n’era andato un altro calciatore. Siniša Mihajlović. Anche lui malato da tempo.
La storia di Mihajlović, serbocroato, è la storia di una terra per sua natura controversa, dove gli uomini sono eroi per alcuni e cinici massacratori per altri. Come Ratko Mladić, generale dell’esercito serbo accusato di crimini di guerra che Mihajlović difese pubblicamente. Mladić, assieme alla “tigre” Arkan, fu responsabile del massacro di Srebrenica, solo per citare uno dei tanti eventi sanguinosi a cui è legato il suo nome.
Ma è pur vero, non in difesa di Mihajlović ma della verità dei fatti, e la guerra in corso in Ucraina non è che l’ultima riprova in ordine di tempo, che un paese che sprofonda in un conflitto finisce preda di propaganda e menzogne, ed è capitato, capita, anche all’uomo più virtuoso di finire con il perdere di lucidità e abbracciare il lato oscuro della forza. Si pensi al nostro Giuseppe Ungaretti e alla sua meravigliosa prima raccolta, Porto Sepolto, che uscì in prima edizione con l’introduzione di un certo Benito Mussolini.

31 dicembre

L’alba del 31 dicembre porta con sé la notizia di una morte illustre. Non vedrà il 2023 Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI. Era il febbraio del 2013 quando una notizia sconvolse il mondo intero. Durante il concistoro ordinario dichiarò di rinunciare al «ministero di vescovo di Roma, successore di san Pietro». Occorre andare indietro di secoli per trovare un papa che abbia esercitato come Benedetto VI la rinuncia al soglio petrino. Quello che si scatenerà dopo è storia. Dal titolo da attribuirgli, sino al papa emerito, al reale rapporto che lo legherà al suo successore uscito dal conclave: Jorge Mario Bergoglio. Il primo papa proveniente dai nuovi mondi, gesuita. Papa Francesco.
Una specie di corrente elettrica attraversa il mondo cattolico.
Due uomini e due culture polarizzate. Da una parte Ratzinger e l’Europa, dall’altra Bergoglio e la sua visione sociale della fede, espressione dei tanti sud del mondo.
Il rapporto tra i papi non sarà semplice. E le prime parole che escono dalle mura del Vaticano nel giorno della scomparsa di Benedetto XVI non lasciano presagire nulla di buono. All’orizzonte, si profila uno scontro sinora evitato, ma non più evitabile.
Quale chiesa volere? Qual è il vero dogma da seguire?
Da un papa a un presidente della Repubblica
Un plauso, non il primo, a Sergio Mattarella. Nel suo messaggio di fine anno si è rivolto ai giovani esortandoli a maggiore attenzione durante la guida. Troppe le vite strappate dagli incidenti stradali. Maggiore educazione e consapevolezza, a questo ha fatto riferimento il nostro presidente. Sacrosanto. Ma il tema non può non rimandare a quello che le narrazioni dominanti ci vogliono far vedere o meno. Vale lo stesso ragionamento fatto per gli imballaggi delle nostre spedizioni, e i miliardi di tonnellate di plastica e cartone per confezionarli.
Salta un dato agli occhi: gli incidenti stradali sono la prima causa di morte al mondo nella fascia 16-19 anni, dati Oms riferiti al 2016. È vero, dunque, che a farne le spese sono soprattutto i giovani, ma è altrettanto vero che nessuno racconta la verità dei fatti, e dei numeri, tragici. Inutile girarci tanto intorno.
Viaggiare in auto è pericoloso.
È una delle azioni che svolgiamo che più ci espone al rischio di perdere la vita.
Un esempio. Il fumo e i grandi produttori di tabacco e sigarette. Lungo tutto il ‘900, il tabagismo è stato venduto come un esercizio di stile. Generazioni intere, nei decenni del secolo, millennio che ci siamo lasciati alle spalle, aspiravano dalla sigaretta convinti dalle réclame che questo li elevasse a un livello sociale superiore. Questo discorso è stato tanto più valido per le donne.
Parallelamente, la comunità scientifica e i sistemi sanitari nazionali iniziarono a esporre l’evidenza dei dati, ossia che la nicotina uccide.
Le grandi compagnie di tabacco, per molti anni, sono riuscite a silenziare la voce della scienza, sino a quando non si è arrivati a una svolta, che ha determinato un ribaltamento della comunicazione riguardo il tabagismo.  
La svolta, nel caso specifico, è stata determinata dai costi sanitari e sociali a carico dei singoli paesi, e le ricerche scientifiche oramai lampanti, oggettive.
Per il traffico su gomma ci vorrebbe lo stesso ribaltamento.
Una comunicazione in grado di avviare un vero e proprio processo culturale di trasformazione dell’immaginario. I paradigmi, a partire proprio dal tabagismo, non mancano.
A differenza di una sigaretta, che incide sul singolo individuo, il tema dello spostamento su gomma e degli incidenti stradali ha mille altre concause ed effetti.
Solo per dirne uno: i mezzi pubblici. Disincentivare all’uso del mezzo privato è possibile solo quando funziona il sistema di trasporto pubblico. Un miraggio per molte città della nostra penisola. A partire dalla Capitale, non a casa fra le prime al mondo per traffico medio pro capite.

Capodanno

Il cenone è d’obbligo, poi l’attesa.
Un anno che sembrava appena iniziato è già finito. È il refrain della nostra vita, almeno quella da adulti.
Si sa, nel tempo delle feste natalizie ci si dà in pasto a tanti sentimenti. Il primo all’appello, senz’altro la nostalgia.
Un lieve senso d’affanno, smarrimento.
Viva l’Epifania, che tutte le feste si porta via.

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