A tavola tutti uniti: politica in campo a difesa della pasta

Una gigantesca tagliatella avvolge la politica italiana. Tedoforo della marcia dei proPas(ta) è Pier Ferdinando Casini, che ieri ha battezzato la battaglia a difesa dei produttori di pasta. I tedeschi hanno l’automotive, i francesi l’aerospazio e noi Barilla&co. Cos’hanno in comune? Il bisogno di essere difesi dai dazi di Donald Trump. O meglio, da una sanzione anti-dumping elaborata dal dipartimento del Commercio americano pari al 91,7 per cento, da aggiungere al 15 per cento di dazio “standard” per arrivare alla quota monstre del 107 per cento di tariffa doganale. L’accusa è quella di aver distorto il mercato. Tutt’altro che uno scherzo, considerato che l’export italiano di pasta verso Washington vale 700 milioni di euro. «La quota di merce soggetta al dumping vale 12 milioni di euro: se dovessero davvero applicare il dazio al 107 per cento non potremo più esportare negli Stati Uniti e venderemo la nostra pasta ma in sessanta nazioni dove già esportiamo» dice Cosimo Rummo, ad dell’omonima azienda. La farsa della sovranità alimentare in Costituzione Gli Stati Uniti non sono tra i paesi che ne consumano di più in assoluto, ma nell’America del nord si produce il 12,9 per cento della pasta mondiale (i dati sono dell’International Pasta Organization, una non profit dedita al lobbismo per la diffusione del prodotto). Tra i presunti danneggiati, i marchi a stelle e strisce: tra i più popolari, American Beauty Macaroni Company, Ronzoni e San Giorgio. Uno scenario pericoloso a cui i produttori stanno provando a far fronte in maniera autonoma con una serie di ricorsi giudiziari negli Stati Uniti, ma che sta unendo la politica da sinistra a destra. Al centro (e dove sennò?) della mobilitazione proprio Casini, “apostolo” della tagliatella bolognese attraverso la sua attività in un’associazione dedita alla causa, che ne ha offerto giusto ieri 15 chili ai parlamentari che l’hanno raggiunto al ristorante di palazzo Madama per soddisfare un po’ di saudade dei sapori di casa. Il patriottismo antiscientifico delle destre contro il Nutriscore Alla sua tavola si sono seduti anche altri emiliani doc come il capogruppo meloniano alla Camera, Galeazzo Bignami, e gli ex ministri Graziano Delrio e Gian Luca Galletti. È arrivata perfino la benedizione del presidente del Senato Ignazio La Russa. «L’accusa è quella di dumping ma questo non è vero, non c’è dumping. Ho visto che sono 4 euro per alcune centinaia di grammi di pasta, altro che dumping», ha detto ai cronisti presenti. Ma la difesa del prodotto nazionale per eccellenza raccoglie anche altri combattenti. Come un pugnace Dario Nardella (Pd) che, facendo un sapiente uso dell’intelligenza artificiale con un fotomontaggio di un Trump con la bocca piena di spaghetti crudi, ha annunciato su Instagram di aver appena firmato un’interrogazione alla Commissione europea: «Non possiamo restare a guardare mentre si attacca uno dei simboli dell’Italia nel mondo». Visualizza questo post su Instagram Un post condiviso da Dario Nardella (@dario_nardella) La destra In campo anche il melonianissimo Luca De Carlo, presidente della commissione Agricoltura al Senato e più volte proposto come potenziale candidato di FdI per la presidenza del Veneto. A L’aria che tira su La7 gli è toccato l’arduo compito di calmare le acque e assicurare che il governo sta facendo tutto il possibile per salvaguardare uno dei simboli dell’italianità nel mondo. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha già annunciato la creazione di una task force per la mezzamanica, «già riunitasi il 6 ottobre». Il collega dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, tra una campagna contro gli insetti edibili e un elogio del vino che a differenza dell’acqua fa bene, «ha già preso in mano il dossier» e ci sta lavorando con l’ambasciatore italiano negli Stati Uniti, Marco Peronaci. In ogni caso, continua De Carlo, «siccome il dumping non sussiste e il governo ha agito tempestivamente, la situazione si stabilizzerà». Anche se la delega al Commercio sarebbe delega della Commissione europea e nello specifico di Maroš Šefčovič. Per i Cinque stelle, intanto, si fa avanti il deputato Enrico Cappelletti – nomen omen – che chiede «un’informativa urgente al ministro Urso e al ministro Tajani per competenza». Le lotte contadine: non c’è agricoltura senza ambientalismo Ma, al di là del fatto che l’impegno a difesa di ravioli, penne (non lisce) e rigatoni, che in alcuni frangenti rischia di assomigliare fin troppo al cliché degli italiani che impazziscono alla vista della pasta maltrattata con carbonare alla panna o mangiata con forchetta e coltello, la faccenda è seria. Come ha imparato nel 2018 a sue spese Matteo Salvini. Il leader della Lega, all’epoca, aveva pubblicato sui suoi social la foto di «due etti di bucatini Barilla, un po’ di ragù Star e un bicchiere di Barolo» ed era stato sommerso dagli insulti per aver scelto un condimento di una marca spagnola. Con la pasta non si scherza.