«Conte ha capito che deve fare una profonda revisione alla governance del Recovery fund. Domani (oggi ndr) dopo l’incontro, dirà che ha preso atto del “papiello” di Italia viva, delle richieste del Pd, di quello che gli hanno detto M5s e Leu, e darà appuntamento a gennaio per un confronto sui temi e per stringere un patto di fine legislatura». La crisi si allontana, a dar credito a un dirigente di rango del Pd. Che non risparmia i toni polemici verso Matteo Renzi ma anche verso il premier: «Un patto di fine legislatura era quello che avevamo chiesto già il 5 novembre. Abbiamo perso un mese. Finirà che ne perderemo due».

Del resto ieri anche la lunga e confusa riunione di palazzo Chigi con i capigruppo di maggioranza, dall’ora di pranzo fino a sera, ha dimostrato che una crisi di governo sarebbe una scelta lunare: sia oggi, in piena sessione di bilancio, che a gennaio, il mese del Recovery fund e dei vaccini. La maggioranza è spaccata fra chi tira per una nuova stretta anti Covid (Pd e Leu) e chi frena. Ieri non c’era Italia viva, la cui capodelegazione Teresa Bellanova era ancora impegnata a Bruxelles, e che ha assicurato il sì al nuovo Dpcm «purché sia chiaro». Visti i numeri dei decessi, persino alcuni presidenti del nord ora chiedono di tornare alle zone rosse. In mezzo ai duellanti Conte viene non amichevolmente descritto come indeciso, intento a scrutare sondaggi come fondi di bottiglia.

L’incontro con Italia viva

L’incontro con Italia viva intanto slitta per la seconda volta. Oggi pomeriggio alle 18 Renzi, con la delegazione Iv, sarà a palazzo Chigi e consegnerà il documento con le richieste per proseguire la legislatura. Le ministre Bellanova ed Elena Bonetti si dichiareranno pronte a restituire le deleghe. Ma nessuno lo chiederà, né Renzi né tantomeno Conte. Durante le consultazioni – con M5s, Pd e Leu – il premier ha fatto capire di avere la «piena consapevolezza» di dover procedere a «una revisione» della task force che ha fatto esplodere la crisi. Anche la fondazione dei servizi segreti è sfumata o rimandata. Renzi potrà dunque rivendicare di aver vinto. Dal canto suo però oggi dovrà decidere se rilanciare il Mes sanitario come “paletto”. Ma ieri il presidente della Camera Roberto Fico, durante lo scambio di auguri con la stampa parlamentare, ha ribadito il suo «no non ideologico», meglio privilegiare il debito comune oppure «visto il successo delle nostre aste con un tasso di interesse molto basso, cerchiamo di capire quante risorse servono ancora per la sanità e quante ne possiamo reperire con le aste sui mercati». Argomento fragile visti i soli 9 miliardi destinati dal Recovery fund.

Ma anche su questo la trattativa della maggioranza sarà rimandata al tavolo di gennaio. Poi, stretto il patto di fine legislatura, potrebbe anche arrivare un minirimpasto. Tema che però con abilità Conte ha rilanciato ai partiti: chi vuole, cambi i suoi ministri. Quanto alla crisi, la gran parte dei parlamentari renziani non ci crede. E la esclude M5s, insieme a un cambio a palazzo Chigi. «Vogliono rimpastare te», si è sentito dire Conte all’incontro con Leu. Ma l’arrivo di un nuovo premier sembra impraticabile: «Anche se non credo che nell’eventualità di crisi si andrebbe al voto», è il ragionamento di un deputato sotto promessa di anonimato, «Conte è un punto di equilibrio anche al nostro interno. Senza di lui, l’incidente parlamentare, anche senza che nessuno lo voglia, è dietro l’angolo».

© Riproduzione riservata