«Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova». Forse il principio investigativo di Agatha Christie è stato un po’ sopravvalutato, anzi a volte negli stessi gialli della scrittrice inglese è un depistaggio.

Ma forse stavolta può essere utile: si può dire almeno che, nell’opposizione del ciascuno per sé, tre indizi fanno se non una prova, almeno un quarto indizio: un indizio di coalizione. Negli ultimi due giorni i leader di Pd, M5s e Avs, in alcuni casi in combine con quelli di +Europa e persino di Italia viva, si sono ritrovati insieme su tre dossier. Era capitato altre volte, ma diluite nel tempo, e con un dosaggio attento di battaglie comuni e fughe in avanti.

La novità è che nello stesso giorno, ieri, Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli si sono trovati fianco a fianco promettendo tre battaglie comuni. Sono singoli temi, certo, anche perché la segretaria Pd è convinta che il tempo di un tavolo comune non sia arrivato. Meglio evitare inciampi: Conte tiene molto al suo «progressismo indipendente», e i suoi spiegano che «l’alleanza con il Pd arriverà, sì, ma un giorno prima delle politiche».

La Rai e il «campo fertile»

Di mattina, i quattro, più Riccardo Magi di +Europa, sono alla Sala Stampa estera, invitati dalle associazioni Art.21, MoveOn e Rete NoBavaglio per parlare Rai e informazione. La «società civile» chiama i partiti dell’opposizione per chiedere loro di lavorare insieme ma anche con i movimenti. Officia Vincenzo Vita, ex sottosegretario e uomo di sforzi unitari da alcuni decenni (e molte coalizioni). In realtà le minoranze hanno già presentato una mozione, lo scorso 2 aprile, che chiedeva di recepire l’European Media Freedom Act e di cambiare la legge sulle fonti di nomina del servizio pubblico. Ma la maggioranza l’ha bocciata.

L’assemblea è l’occasione di un nuovo battesimo, il campo «fertile». I leader parlano accanto ai movimentisti , e tutti trovano un totem attorno a cui riunirsi, la riforma della governance della Rai. Il vento sembra cambiato. Fin qui le opposizioni erano partite con ben otto proposte di legge diverse, che dormono nei cassetti del Senato, visto che la commissione di Vigilanza Rai è bloccata dall'Aventino della maggioranza e la commissione Trasporti non ha iniziato nemmeno a trattarle. Ora, promettono, si metteranno al lavoro su un testo unico da presentare per sfuggire alla tagliola dell’8 agosto, quando andrà recepito il Media Freedom Act, con cui l'attuale legge è in conflitto. Certo, il rischio è che le buone intenzioni facciano la stessa fine della mozione unitaria di aprile. Ma l’occupazione della Rai da parte della destra resta un terreno su cui è facile fare fronte comune. Nonostante la scelta diversa sulla presenza nel consiglio d’amministrazione (Avs e M5s ci sono, il Pd no).

Passano poche ore, e di nuovo Conte parla, e accanto a lui Schlein annuisce vistosamente. Pd, M5s e Avs presentano alla stampa una mozione comune che chiede al governo italiano il riconoscimento dello Stato palestinese, «di agire in sede internazionale per la liberazione degli ostaggi israeliani», di chiedere «il rispetto del cessate il fuoco, la protezione della popolazione civile di Gaza, la fine delle violenze nei territori palestinesi occupati», la sospensione della «vendita di armi a Israele» e sanzioni contro Tel Aviv. Anche qui, con ogni probabilità la mozione resterà sulla carta. Ma è un altro segnale: dice che su qualche tema di politica estera le opposizioni possono trovare una linea comune. Diversamente dalla guerra russo-ucraina: sulle bombe di Putin a Sumy Schlein ha attaccato Putin, e invece Conte ha attaccato i «dichiarazionisti» che non si indignano «per quel che succede ogni giorno a Gaza».

Due quesiti in casa Pd e M5s

Infine, ma tornando indietro: il giorno prima, lunedì, i leader hanno incontrato Maurizio Landini, stavolta ciascuno nella propria sede. Il segretario Cgil sta facendo di tutto per dare visibilità ai referendum dell’8 e 9 giugno. Conte, Schlein, Bonelli e Fratoianni si sono dichiarati della partita. E Magi, che è il promotore del referendum sulla cittadinanza. Combatteranno tutti nel fronte del sì. Magari non fino alla vittoria, che sembra improbabile, ma almeno fino a conquistare un po’ di credibilità anche come coalizione.

Anche se va detto che ogni partito ha la sua gatta da pelare. Sul quesito per la cancellazione del Jobs Act Schlein ha promesso di «non chiedere abiure» ai riformisti dem, i quali a loro volta hanno già detto che non faranno campagna referendaria. Per non sancire un «tana libera tutti», la segretaria sta pensando di convocare un’assemblea nazionale prima di giugno, in cui fare approvare un documento per il sì alla cancellazione della legge renziana, e in pratica mettere «fuori linea» quelli che la pensano diversamente.

A casa M5s il problema invece è il referendum sulla cittadinanza. La linea del M5s non è più quella dei decreti Salvini, ma, spiega Conte, «il M5S ha avviato un percorso diverso, quello dello Ius Scholae», dunque «Abbiamo lasciato libertà di coscienza a tutta la nostra comunità». Magi non è tenero: «Sulla cittadinanza è arrivato il momento di allineare l’Italia alle regole che esistono negli altri paesi europei e svecchiare una legge datata 1992», «È sbagliato illudersi e illudere le persone che ci siano altre strade in campo a parte la consultazione referendaria».

Insomma non va ancora tutto liscio. Ma gli anemometri di palazzo segnalano che l’aria è cambiata, almeno un po’. Del resto dai «territori» arrivano notizie confortanti sulle prossime regionali: a sinistra gli accordi si faranno ovunque. Certo, al Nazareno sono prudenti, la formula è che «nei territori i confronti sono indirizzati bene». Ma lunedì una riunione del Pd campano ha di fatto dato il via libera alla coalizione con i Cinque stelle; in Toscana il matrimonio con gli (ex) grillini è per gli stessi ex grillini una strada obbligata; in Puglia Antonio Decaro è definita dagli M5s «una figura di alto profilo»; e anche nelle Marche i tavoli di confronto sul programma procedono spediti: e, spiega un dirigente marchigiano che a quei tavoli partecipa, i Cinque stelle nella coalizione «arrivano, arrivano».

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