La prospettiva nel lungo periodo è un dominio incontrastato della maggioranza in parlamento. Con i numeri a disposizione, il centrodestra, guidato dalla leader di Fratellli d’Italia Giorgia Meloni, può agire senza intoppi, al riparo da possibili inciampi anche laddove dovessero manifestarsi singoli dissensi. Di fronte, infatti, non ci sarà un’opposizione, ma una frastagliata galassia di minoranze, rigorosamente al plurale. Si va da quella moderata di Azione-Italia viva, che ha già manifestato la volontà di dialogare almeno sul tema delle riforme e dell’energia nucleare. Poi chissà su cos’altro ancora.

C’è poi il Partito democratico, alle prese con la crisi di identità post elettorale, ma anche il Movimento 5 stelle, che ha già annunciato una linea intransigente, riportando alla memoria il grillismo della prima ora.

E alla fine non va dimenticata la presenza dell’alleanza Verdi-Sinistra, da cui però già arriva un appello: «Dobbiamo costruire ponti con le altre forze di opposizione, almeno sui temi che ci accomunano. Sarebbe un errore andare in ordine sparso», dice Eleonora Evi, co-portavoce di Europa Verde.

Commissioni blindate

Il primo banco di prova sarà l’elezione dei presidenti delle commissioni di Camera e Senato, uno dei primi passaggi da espletare dopo l’insediamento dei nuovi parlamentari. Non c’è dubbio che il centrodestra possa eleggerli senza grattacapi, con numeri blindati. 

Stando alla situazione attuale le opposizioni rischiano di non poter tentare nemmeno uno sgambetto per mancanza di convergenze sui candidati alternativi. Eppure nella legislatura al termine, come in quelle passate, non sono mancati incidenti sulla materia.

La più significativa ha riguardato la presidenza della commissione Giustizia di Palazzo Madama: la maggioranza giallorossa non è riuscita, nel luglio 2020, a far eleggere Pietro Grasso di Leu, superato dal leghista Andrea Ostellari, a causa di un’imboscata.

Qualche mese prima, a marzo, sulla presidenza della commissione Finanze di Montecitorio si è consumata una faida nel Movimento 5 stelle: è stato nominato Raffaele Trano e non Nicola Grimaldi, come concordato dalla maggioranza. Un incidente che ha aperto un problema politico, portando all’espulsione di Trano dal M5s.

Scontri di garanzia

Foto LaPresse

Il tema delle commissioni rischia, in realtà, di diventare ulteriore fonte di divisioni tra le minoranze parlamentari. Il nodo è chi deve assumere la presidenza di quelle di garanzia, che spettano all’opposizione. Su tutti c’è il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), organismo delicato, ancora di più viste le tensioni geopolitiche innescate dalla guerra in Ucraina.

Il Pd ha una maggiore consistenza dei gruppi e sicuramente si batterà per la guida del Copasir, ma anche il M5s punta ad averla. C’è la commissione di Vigilanza Rai che per prassi viene affidata all’opposizione. Dinanzi a quattro distinte minoranza, può iniziare la corsa alla rivendicazione.

L’azione dell’opposizione può diventare troppo debole, anche a causa dell’eccessivo spacchettamento, in cui sarà difficile far prevalere le proprie posizioni durante l’esame dei provvedimenti. Altro tema sarà quello della calendarizzazione delle proposte di legge da parte della minoranza, così come previsto dai regolamenti delle camere.

Si tratta di un’iniziativa politica, in quanto qualsiasi opposizione non ha i numeri per riuscire a far approvare quei testi. D’altra parte in presenza di varie isole sarà difficile far breccia nelle file avversarie.

Nessun varco

Un monito arriva dal passato, sul tema della riforma della cittadinanza, che potrebbe aprire tuttora un dibattito nel centrodestra, facendo soprattutto leva su una posizione meno dura da parte di Forza Italia. C’era chi, come Renata Polverini (non ricandidata) aveva apertamente dichiarato la propria intenzione a sostenere l’approvazione dello Ius scholae.

Così come i temi locali, per esempio l’ex Ilva di Taranto, tendono a creare convergenze inedite, come avvenuto del resto durante l’iter di conversione dell’ultimo decreto Milleproroghe. Forze politiche diverse hanno votato insieme, andando contro la linea del governo, perché sono affiorati i punti di vista di singoli deputati.

Insomma, è noto che legislature siano ricche di incidenti parlamentari, specie in commissione, dove la maggioranza può traballare, magari per qualche assenza di troppo o per qualche perplessità sulla linea politica.

Situazioni tutta da verificare, specie per un’esperienza che inizia con il taglio al numero dei parlamentari. Solo che, per sfruttare le lacune della maggioranza, servirebbe un’opposizione capace di inserirsi nei malumori altrui. E al momento non sembra plausibile.

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